Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6210 del 24/11/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 6210 Anno 2016
Presidente: FUMO MAURIZIO
Relatore: CATENA ROSSELLA

SENTENZA

Sul ricorso proposto da

Tedde Cristian, nato a Sassari il 25.12.1983

avverso la sentenza del 5/06/2014 della Corte di Appello di Cagliari

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere dott.ssa Rossella Catena;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Francesco Salzano,
che ha concluso per il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

Data Udienza: 24/11/2015

Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Cagliari, a seguito di appello del P.G. presso la
Corte di Appello di Cagliari, riformava la sentenza emessa in data 18/06/2009 dal Tribunale di
Tempio Pausania in composizione monocratica, con cui il Tedde Cristian era stato assolto dal
delitto di cui agli artt. 624, 625 c.p., per essersi impossessato di varie stecche di t.l.e., sottraendole
dall’esercizio commerciale Bar tabacchi di proprietà di Piredda Nicolò e Ziruddu Anna; con la
recidiva specifica, reiterata, infraquinquennale; in località Bassacutena il 21/03/2006, condannando

Con ricorso depositato il 14/11/2014, il difensore del ricorrente, Avv.to Paolo Spano, deduce
violazione di legge ex art. 606, lett. b), c.p.p., in relazione agli artt. 624, 625, 624 bis, c.p., in quanto
la Corte non avrebbe in alcun modo motivato in ordine alla diversa qualificazione del fatto ai sensi
dell’art. 624 bis, c.p., in luogo della originaria formulazione dell’imputazione ai sensi degli artt. 624
e 625 c.p.; in particolare si rileva che l’art. 624 bis, c.p., innovando rispetto alla precedente
formulazione dell’art. 625 c.p., punisce più severamente la condotta dell’impossessamento
realizzata attraverso l’introduzione in un luogo di privata dimora, nozione più ampia di quello di
abitazione; detta nozione, in ogni caso, non si attaglierebbe alla condotta che, nel caso di specie, si
era realizzata attraverso l’introduzione in un pubblico esercizio in orario di apertura al pubblico. Ci
si duole, inoltre, della mancata concessione delle generiche basate sui soli precedenti penali

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso non appare meritevole di accoglimento.
Non vi è alcun dubbio che, come si evince dalla motivazione della sentenza impugnata, il ricorrente
si fosse introdotto, al fine di sottrarre delle stecche di t.l.e., all’interno dell’esercizio bar — tabacchi
denominato “Pink Bar”, gestito da Pirredda Nicolò, scassinando la porta di ingresso e sottraendo
l’intero quantitativo di tabacchi ivi depositati, oltre alle monete contenute nelle slot machines. Il
Pirredda Nicolò, a seguito dell’attivazione dell’impianto di allarme, si era recato sul posto notando
una vettura Clio di colore grigio che si allontanava dall’esercizio commerciale.
La Corte territoriale ha rilevato come il fatto — contestato ai sensi dell’art. 624, 625 n. 1, c.p. dovesse essere qualificato ai sensi dell’art. 624 bis, c.p., stante l’abolizione dell’art. 625 n. 1, c.p. ad
opera della legge 128/2001, vigente al momento della commissione del reato, alla data del
21.3.2006. Detta motivazione appare ineccepibile, non essendovi alcun dubbio che la circostanza
aggravante di cui all’art. 625, comma primo, n. 1, c.p., sia stata del tutto abrogata a seguito
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lo stesso a pena di giustizia previa esclusione dell’aumento per la contestata recidiva.

dell’entrata in vigore dell’art. 2, comma terzo, legge 26 marzo 201, n. 128; inoltre la formulazione
del capo di imputazione, pur avendo erroneamente fatto riferimento alla circostanza aggravante di
cui all’art. 625, comma primo, n. 1, c.p., non più sussistente all’epoca della commissione del delitto,
contiene la precisa descrizione della fattispecie vigente, di cui all’art. 624 bis, c.p., attraverso
l’esplicito richiamo alla sottrazione di beni dall’interno di un bar – tabacchi.
Tanto premesso, va ricordato che, per giurisprudenza assolutamente pacifica di questa Corte, la

ampia di quella di “abitazione”, in quanto va riferita al luogo nel quale la persona compie, anche in
modo transitorio e contingente, atti della vita privata (Sezione V, sentenza n. 7293 del 17/12/2014,
Rv. 262659).
In base a tale condiviso arresto, è stata ritenuta sussistente la fattispecie di cui all’art. 624 bis, c.p.,
ad esempio, nel caso di furto consumato in un ristorante in concomitanza con l’orario di chiusura
(Sezione II, sentenza n. 24763 del 26/05/2015, Rv. 264283; Sezione IV, sentenza n. 32232 del
10/06/2009, Rv. 244432), così come il furto consumato in una farmacia durate l’orario di apertura
(Sezione IV, sentenza n. 37908 del 25/06/2009, Rv. 244980).
Non vi è quindi alcun dubbio che, anche nel caso di specie, i locali di un esercizio commerciale
adibito a bar-tabacchi debbano essere considerati luogo di privata dimora, in quanto certamente
all’interno degli stessi il gestore compie, ancorché in maniera transitoria e contingente, atti della
vita privata, coincidendo detto luogo con quello ove la predetta persona offesa trascorre buona parte
della sua giornata, coincidente con l’orario lavorativo.
Ciò fa sì che detto luogo rientri nella sfera di tutela prevista per tutti i luoghi assimilabili al concetto
di privata dimora ciò indipendentemente dal fatto che, al momento della consumazione del furto, i
locali fossero o meno aperti al pubblico, detta circostanza essendo del tutto irrilevante con la
destinazione del locale medesimo a privata dimora, ossia a luogo di svolgimento di atti leciti
inerenti la vita lavorativa, ancorché in maniera non esaustiva, afferendo senza alcun dubbio la sfera
lavorativa alla vita personale e, quindi, alla sfera privata del soggetto che vi si intrattiene.
Quanto alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, va osservato che la
motivazione della sentenza si basa sulla considerazione della personalità del ricorrente, alla luce dei
numerosi precedenti specifici. Detta motivazione appare coerente con le emergenze fattuali desunte
dal certificato del casellario giudiziale, le cui risultanze non risultano contestate, e, come tale, è del
tutto insindacabile in sede di giudizio di legittimità.
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nozione di “privata dimora” nella fattispecie di furto in abitazione, di cui all’art. 624 bis, c.p., è più

Dal rigetto del ricorso segue la condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ai sensi
dell’art. 616 c.p.p.

P. Q. M.

Così deciso in Roma, il 24/11/2015

Il Consigliere estensore

Il Presidente

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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