Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6207 del 05/12/2012


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 6207 Anno 2013
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: MARASCA GENNARO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) DE MARCO SERENO N. IL 19/12/1951
avverso la sentenza n. 416/2009 CORTE APPELLO di TRIESTE, del
02/05/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 05/12/2012 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GENNARO MARASCA
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Data Udienza: 05/12/2012

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Udito il Pubblico Ministero in persona del dottorche ha concluso per
l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata;

Udito il difensore di parte civile avvocato Antonio Bandi, che ha concluso per il

Udito il difensore dell’imputato avvocato Angelo Colucci in sostituzione
avvocato Pietro Ragogna, che ha concluso per l’annullamento della sentenza
impugnata;

La Corte di Cassazione osserva :
Per una questione concernente la violazione del divieto di innaffiare un campo
sportivo, stabilito da una ordinanza sindacale, perché l’acqua di pozzo sarebbe
stata inquinata, venivano alle mani Sergio Pignat, attuale parte lesa costituitasi
parte civile, e Sereno De Marco, attuale imputato e presidente della società di
calcio; entrambi i contendenti riportavano lesioni e si querelavano.
Il tribunale di Pordenone, ritenuto che non era possibile stabilire chi avesse
sferrato il primo colpo, assolveva, con la sentenza del 9 ottobre 2008, l’imputato
con la formula perché il fatto non sussiste.
La corte di appello di Trieste, con sentenza del 2 maggio 2011, accoglieva
l’appello della parte civile e, in base alla testimonianza della parte lesa, della
madre della stessa e dei certificati del pronto soccorso prodotti, affermava la
responsabilità del De Marco per le lesioni patite dalla parte lesa e, per l’effetto,

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rigetto del ricorso;

condannava l’imputato a risarcire i danni subiti dal Pignat, al quale assegnava
una provvisionale immediatamente esecutiva.

Con il ricorso per cassazione Sereno De Marco deduceva:

pen. avendo il ricorrente agito per legittima difesa ed essendovi quanto
meno un dubbio sulla esistenza della esimente; rilevava, peraltro, che il
Pignat a telefono gli aveva detto “vieni qui che ti do un pugno”, cosa che
effettivamente fece non appena sopraggiunse sul capo sportivo;
2) il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta inattendibilità del teste
Costalonga, che aveva, tra l’altro, riferito di avere visto il Pignat dare un
pugno nello stomaco al De Marco e che non aveva alcun legame
particolare con il ricorrente;
3) il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta attendibilità della parte lesa;
4) il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta attendibilità di Rosa Zanette,
madre della parte civile, nonostante le contraddizioni nelle quali era
incorsa.

Con memoria difensiva, depositata il 20 novembre 2012, la parte civile confutava
gli argomenti del ricorrente.

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1) la erronea applicazione degli artt. 52 cod. pen. e 530, comma 3 cod. proc.

I motivi posti a sostegno del ricorso proposto da Sereno De Marco, oltre a
risolversi in censure di merito, inammissibili in sede di legittimità, sono
manifestamente infondati.
E’ del tutto pacifico, perché tanto è desumibile dalle sentenze di merito e non è

azzuffati.
E’ altrettanto indubbio perché comprovato da certificazione medica, come
attestato da entrambe le sentenze di merito, che in conseguenza della zuffa il
Pignat abbia riportato le lesioni puntualmente descritte nel capo di imputazione.
Probabilmente, come affermato dal ricorrente, anche quest’ultimo nell’occasione
ebbe a riportare lesioni; il fatto deve ancora essere accertato.
E può ritenersi altrettanto pacifico perché anche tale circostanza non è stata
smentita dal ricorrente, che sia stato De Marco a cagionare le lesioni al Pignat.
Ebbene tutta la discussione sviluppatasi nei due gradi di merito ha riguardato un
solo elemento non pacifico, ovvero chi avesse aggredito per primo l’avversario.
In effetti dai motivi di impugnazione —sul punto è esplicito il primo motivo di
ricorso- risulta che secondo il ricorrente fu il Pignat ad aggredirlo sferrandogli un
pugno nello stomaco e che, pertanto, il De Marco ebbe ad agire per legittima
difesa.
La circostanza, affermata, peraltro, dal teste Costalonga, ritenuto inattendibile
dalla corte di merito, risulta contraddetta dalla madre della parte civile, ritenuta
non attendibile dal ricorrente.
Ebbene stabilire chi abbia aggredito chi è sostanzialmente superfluo ai fini della
decisione perché la sussistenza della esimente della legittima difesa deve essere
esclusa per altre ed assorbenti ragioni.

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stato messo in dubbio nemmeno dal ricorrente, che De Marco e Pignat si siano

Il ricorrente ha sostenuto nel suo ricorso che il Pignat per telefono lo minacciò
dicendogli “vieni qui che ti do un pugno nello stomaco”; la telefonata fu
caratterizzata da toni per nulla amichevoli, come si desume dalla sentenza
impugnata e come ha ripetutamente affermato il ricorrente.

benevola, anzi, per quel che lui stesso racconta, era certo di trovare sul campo di
calcio una persona fortemente adirata che lo aveva pure minacciato.
In tale situazione non si comprende per quale ragione si sia recato sul campo,
posto che, nonostante le proteste del Pignat, l’inaffiamento del capo era
continuato; in ogni caso era pacifico che l’ordinanza sindacale contenente il
divieto di utilizzare l’acqua del pozzo era in vigore, tanto è vero che verrà
revocata soltanto dopo circa dieci giorni.
Può darsi non sia vero ciò che ha riferito la Zanette e cioè che fu il De Marco ad
aggredire il Pignat, con conseguente reazione di quest’ultimo, e può darsi che sia
vero che sia stato il Pignat a dare inizio alla colluttazione, ma è sicuro che il De
Marco, perfettamente consapevole di quel che lo attendeva, sia andato
volontariamente a cacciarsi in una situazione di pericolo
Insomma si vuol dire che il De Marco, anche volendo escludere che si sia recato
sul posto per accettare la sfida lanciatagli dal Pignat (per la esclusione della
legittima difesa in caso di accettazione della sfida vedi Sez. I, 9 gennaio-2 marzo
2004, n. 9606, CED 227222), era perfettamente consapevole, per essere stato
avvertito telefonicamente, di determinare con la sua presenza una reazione
aggressiva del Pignat.
In siffatta situazione di accettazione volontaria della situazione di pericolo
determinata, o anche di semplice ragionevole previsione di determinare una

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Ebbene il De Marco sapeva benissimo di non poter contare su una accoglienza

reazione aggressiva, non è più possibile parlare di legittima difesa, come ha
chiarito la giurisprudenza di legittimità (vedi Sez. I, 14 febbraio-2 maggio 2006,
n. 15025, CED 234040; Sez. 1, 7 dicembre 2007/18 gennaio 2008, n. 2911, CED
è

239205).

pericolo, sebbene non risulti espressamente richiesta dall’art. 52 cod. pen., è
essenziale al concetto di legittima difesa perché la formula adoperata dall’art. 54
cod. pen. —pericolo non volontariamente causato- è inclusa nel concetto di
pericolo attuale di una ingiusta offesa da cui si sia costretti a difendersi (Sez. I,
18 giugno/7 luglio 1990, n. 9843); inoltre il pericolo deve essere inevitabile, cosa
non ravvisabile quando l’agente abbia contribuito a determinarlo (Sez. 1, 24
settembre 1999/14 gennaio 2000, n. 365).
La verità è che, per come è stata ricostruita la vicenda, entrambi i contendenti
erano animati da volontà aggressiva, fatto che certamente esclude la legittima
difesa indipendentemente da chi abbia iniziato a colpire (vedi Sez. V, 24
giugno/29 luglio 2008, n. 31633, CED 241352).
Ebbene, se così stanno le cose, le testimonianze del Costalonga e della Zanetti
sono sostanzialmente inutili perché vertono sulla circostanza di chi abbia
aggredito per primo l’avversario.
Non ricorrendo i presupposti per riconoscere la legittima difesa, non ha senso
nemmeno il richiamo all’art. 530 comma 3 cod. proc. pen..
Cosicché risulta corretta la decisione di secondo grado che ha condannato il De
Marco soltanto agli effetti civili, non essendo modificabile la decisione di primo
grado sulla responsabilità penale per assenza di impugnazione del pubblico
ministero.

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Del resto la giurisprudenza ha più volte sottolineato che la involontarietà del

Gli altri motivi di ricorso restano assorbiti.

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma, liquidata in

ammende.
Il ricorrente è, altresì, tenuto a rimborsare le spese sostenute dalla parte civile,
che si liquidano in complessivi E 2.700,00, oltre accessori come per legge.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente a pagare le
spese del procedimento ed a versare la somma di €1.000,00 alla cassa delle
ammende, nonché a rimborsare le spese della parte civile, liquidate in
complessivi € 2.700,00, oltre accessori come per legge.
Così deliberato in Roma in data 5 dicembre 2012

via equitaitva, in ragione dei motivi dedotti, di €1.000,00 alla cassa delle

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