Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6206 del 23/11/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 6206 Anno 2016
Presidente: BRUNO PAOLO ANTONIO
Relatore: AMATORE ROBERTO

SENTENZA

sul ricorso proposto da :
PIZZI ANTONIO, nato a Bari, il 4.2.1964 ;
avverso la sentenza del 29.5.2015 della Corte di Appello di
Firenze ;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso ;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore
generale Dott. Aurelio Galasso che ha concluso per il rigetto del
ricorso ;
udito per l’imputato l’Avv. Cristina Menichetti, che ha concluso
riportandosi al ricorso ;

RITENUTO IN FATTO

1.Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Firenze, in
parziale riforma della sentenza di condanna emessa dal Tribunale
di Prato in ordine al reato contestato di cui agli artt. 485 e 491
cp per gli assegni di cui ai nn. 11,12,13 e 14 per i quale
disponeva l’assoluzione perché il fatto non sussiste, ha
confermato la sentenza di condanna del predetto imputato sempre
per il reato di cui agli artt. 485 e 491 cp per le rimanenti
1

Data Udienza: 23/11/2015

condotte contestate nel capo di imputazione, revocando peraltro la
subordinazione del beneficio della sospensione condizionale della
pena al pagamento della provvisionale.

1.2 Con il primo motivo la parte ricorrente si duole, ai sensi
dell’art. 606 lettere b ed e, della violazione della legge penale
e processuale in relazione agli artt. 124 cp e 529, comma l e 2,
cpp, nonché della manifesta illogicità della motivazione. Rileva
la parte ricorrente che erroneamente la Corte distrettuale aveva
ritenuto tempestiva la presentazione della querela da parte della
persona offesa, avendo rilevato il giudice d’appello che solo al
momento della comunicazione del provvedimento prefettizio in
ordine agli assegni protestati la persona offesa aveva avuto piena
cognizione degli assegni con la sottoscrizione apocrifa e che
comunque, in caso di incertezza in ordine alla tempestività nella
presentazione della querela, l’onere di provarne tale
intempestività spettava alla parte che sollevava la relativa
eccezione. Deduce la parte ricorrente che tale valutazione in
ordine alla ripartizione dell’onere della prova confligga con il
disposto normativo di cui all’art. 529, secondo comma, cpp, che
prevede la formula assolutoria nella ipotesi in cui non vi sia
certezza in ordine alla sussistenza di una condizione di
procedibilità del reato. Rileva altresì la difesa dell’imputato
che in realtà la parte offesa era venuta a conoscenza della
esistenza degli assegni protestati già nel mese di maggio del
2008, stante la intervenuta comunicazione della banca trattaria,
sicché la presentazione della querela in data 17.11.2008 doveva
ritenersi anche per tale ragione non tempestiva.
1.3 Con il secondo motivo di impugnazione la parte ricorrente
deduce la manifesta illogicità della motivazione in ordine
all’accertamento della penale responsabilità dell’imputato in
relazione al fatto che non era stata verificata in modo
approfondito la apocrificità della sottoscrizione apposta sugli
assegni sequestrati, e ciò in mancanza di un confronto tra le
predette sottoscrizioni e la firma depositata in banca con il cd.
speciman.
CONSIDERATO IN DIRITTO
2. Il ricorso è inammissibile.
2.1 Il primo motivo di doglianza è manifestamente infondato.
2.2 Sul punto, giova ricordare che, conformemente a quanto
ritenuto dal giudice impugnato, la giurisprudenza di questa Corte
ha sempre affermato che l’onere della prova dell’intempestività
della querela incombe a chi lo deduce, sicché l’eventuale
situazione di incertezza va risolta a favore del querelante (
Cass., Sez. 6, n. 35122 del 24/06/2003 – dep. 04/09/2003,
2

1.1 Avverso la predetta sentenza ricorre l’imputato per mezzo del
suo difensore, deducendo due motivi di ricorso.

2.3 Ciò chiarito in punto di diritto e in risposta alla doglianza
sollevata sul punto in ordine alla motivazione adottata dalla
Corte di merito, va aggiunto che alcuna illogicità è
rintracciabile nel caso di specie nel percorso argomentativo
contenuto nella motivazione impugnata, atteso che invero il
giudice di appello ha correttamente rilevato che solo nel momento
in cui era stato comunicato il provvedimento prefettizio la
persona offesa era stata posta in condizione di verificare la non
autenticità delle sottoscrizioni e valutare pertanto compiutamente
l’opportunità della presentazione della querela.
2.4 Ma anche il secondo motivo di doglianza appare manifestamente
infondato.
Ed invero, la corte distrettuale fonda la motivazione della
riconducibilità delle sottoscrizioni degli assegni sulla
condivisibile argomentazione, che è scevra da vizi logici e
giuridici, secondo cui la consegna dalla persona offesa
all’imputato degli assegni ed il successivo passaggio degli stessi
dall’imputato ai vari soggetti che li ricevano per il pagamento
dei debiti contratti dalla società fa evincere come insuperabile
conseguenza che non poteva che essere l’imputato il sottoscrittore
degli assegni, quale unica persona interessata alla negoziazione
dei titoli.
Alla inammissibilità consegue, ex art. 616 cpp, la condanna del
ricorrente al versamento, in favore della cassa delle ammende, di
una somma che appare equo determinare in euro 1000.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 in
favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 23.11.2015

Sangalli, Rv. 226327 ; Cass., Sez. 5, n. 2486 del 10/11/1998 dep. 25/02/1999, Poli ed altri, Rv. 212720 ; Cass. 26.5.89 n.
07660 RV; Cass. 4.11.92 n. 00895 RV 192320; Cass. 15.3.94 n. 03103
RV 197 ).

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