Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6205 del 04/12/2012


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 6205 Anno 2013
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: DE MARZO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Frola Giovanni, nato a Napoli il 14/12/1940

avverso la sentenza del 17/06/2011 della Corte d’Appello di Napoli R.G. 10343/2009
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione svolta dal Consigliere Giuseppe De Marzo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Eduardo
Scardaccione, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito, per l’imputato, l’Avv. Emidio della Pietra, il quale ha concluso per raccoglimento del
ricorso.
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 17/06/2011, la Corte d’Appello di Napoli ha confermato la sentenza del
G.i.p. presso Tribunale di Napoli, che aveva condannato Giovanni Frola alla pena di anni uno
e mesi sei di reclusione, oltre che al risarcimento del danno nei confronti della parte civile, in
relazione al reato di cui agli art. 56, 610 cod. pen., in tal modo riqualificata la condotta di cui
al capo a).
2. La Corte territoriale ha ritenuto che la reazione del Frola era stata macroscopicamente
sproporzionata e connotata da esasperata violenza, dal momento che i tre ragazzi verso i
quali il primo diresse la sua azione erano seduti su una panchina ad ascoltare musica: la
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Data Udienza: 04/12/2012

colluttazione fra le parti fece seguito agli spari del primo e fu verosimilmente determinata
dall’inconsapevolezza da parte dei ragazzi della proprietà della panchina in capo
all’aggressore. Quanto al trattamento sanzionatorio, la Corte d’Appello ha condiviso le
valutazioni del giudice di prime cure, sia per la non modesta entità del fatto, sia perché la
pena era comunque stata calcolata in ambito oggettivamente contenuto.
3. Nell’interesse del Frola è stato proposto ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi.
3.1. Con il primo motivo, si lamenta, in relazione all’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc.
pen., violazione dell’art. 601, 598, 178, 179, 161, cod. proc. pen. per omessa notifica del

presso il difensore era awenuta in violazione di legge, non ricorrendo nel caso di specie la
previsione di cui all’art. 161, commi 1 e 4 cod. proc. pen.
3.2. Con il secondo motivo, si lamenta, in relazione all’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc.
pan., violazione degli artt. 601, 598, 178, 179, 161, 420 bis e ter cod. proc. pen., dal
momento che, avendo l’ufficiale giudiziario incaricato di notificare il decreto di citazione
attestato che era impossibile accedere al domicilio del destinatario, per interclusione della
strada in cui l’abitazione era situazione a qualunque forma di circolazione, era certo e non
solo probabile che l’imputato non aveva avuto conoscenza della data dell’udienza. Tale
accertamento dell’ufficiale giudiziario, operato il 16/05/2011 non era superato da alcun
accertamento successivo, che dimostrasse un mutamento della situazione nel giorno fissato
per il giudizio dinanzi alla Corte territoriale (17/06/2011), con la conseguenza che doveva
ritenersi sussistente anche un impedimento del Frola a partecipare all’udienza.
3.3. Con il terzo motivo, si lamenta, in relazione all’art. 606, comma 1, lett. b), c) ed e), cod.
proc. pen., violazione degli artt. 546, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., 51, 52 e 59 cod.
pan., per avere la Corte disatteso la richiesta di riconoscimento della scriminante della
legittima difesa.
3.4. Con il quarto motivo, si lamenta, in relazione all’art. 606, comma 1, lett. b), c) ed e),
cod. proc. pen., violazione degli artt. 546, comma 1, cod. proc. pan., 51, 56, 610 cod. pen.,
per avere la Corte ritenuto sussistente il tentativo di violenza privata, nonostante che il Frola
non avesse inteso costringere i giovani a fare, tollerare, omettere qualcosa, ma
semplicemente ad osservare il dovere giuridico di far venir meno l’occupazione indebita della
quale si erano resi responsabili.
3.5. Con il quinto motivo, si lamenta, in relazione all’art. 606, comma 1, lett. b), c) ed e),
cod. proc. pen., violazione degli artt. 546, comma 1, lett. e) cod. proc. pan., 62 bis, 62, n. 1,
2, 5, 133 cod. pen., per avere la Corte negato le attenuanti generiche, le attenuanti tipiche
appena menzionate e disatteso la richiesta di riduzione della pena, senza esaminare
puntualmente le circostanze valorizzate nell’atto di appello.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo è infondato.

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decreto di citazione per l’udienza del 17/06/2011 all’imputato, in quanto la notifica effettuata

Come anche di recente ribadito da questa Corte (Sez. 6, n. 42699 del 27/09/2011, Siragusa,
Rv. 251367), l’ impossibilità della notificazione al domicilio dichiarato o eletto, che ne
legittima l’esecuzione presso il difensore di fiducia secondo la procedura prevista dagli artt.
161, comma 4 e 157 comma 8 bis, cod. proc. pen., può essere integrata anche dalla

temporanea assenza dell’imputato al momento dell’accesso dell’ufficiale notificatore, senza
che sia necessario procedere ad una verifica di vera e propria irreperibilità, così da
qualificare come definitiva l’impossibilità di ricezione degli atti nel luogo dichiarato o eletto
dall’imputato, considerati gli oneri imposti dalla legge a quest’ultimo ove avvisato della

variazione intervenuta successivamente alla dichiarazione o elezione di domicilio, resa
all’avvio della vicenda processuale.
Nella specie, l’attestazione dell’ufficiale giudiziario di interdizione della strada in cui era
collocato il domicilio eletto dal ricorrente anche alla circolazione pedonale dimostra
l’esistenza di un’impossibilità di notifica, che legittimava la consegna dell’atto al difensore.
2. Del pari infondato il secondo motivo che da tale impossibilità di accesso alla data del
16/05/2011 trae la conseguenza a) della mancata conoscenza della data dell’udienza e b)
dell’impossibilità per l’imputato di allontanarsi dalla sua abitazione in data 17/06/2011.
Quanto alla mancata conoscenza è sufficiente ribadire che l’avvenuto perfezionamento della
notifica ai sensi dell’art. 161, comma 4 cod. proc. pen. risolve in radice ogni questione.
Quanto all’impedimento a comparire, va considerato che, trattandosi di appello avverso
sentenza emessa a seguito di giudizio abbreviato, la Corte ha deciso in camera di consiglio
(art. 443, comma 4, cod. proc. pen., che rinvia al successivo art. 599), in cui l’udienza è
rinviata, ai sensi dell’art. 599, comma 2, solo se sussiste un legittimo impedimento (nella
specie, indimostrato) dell’imputato che ha manifestato la volontà di comparire (e pure
questo profilo non risulta neppure affermato nel ricorso in cui si invoca l’art. 420 ter del
codice di rito).
3. Il terzo motivo è inammissibile, perché, pur denunciando formalmente anche una
violazione di legge, aspira ad una rivalutazione dei dati fattuali considerati dalla Corte
territoriale per escludere la scriminante della legittima difesa, senza indicare da quali
elementi del provvedimento o da quali atti del processo emerga la manifesta illogicità della
motivazione (art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen.).
In particolare, a fronte dell’affermazione secondo cui la reazione del Frola era stata
microscopicamente sproporzionata e connotata da esasperata violenza, il ricorrente deduce
l’esistenza di alcune circostanze, trascurando di indicarne il fondamento processuale, e
soprattutto omettendo di confrontarsi in modo specifico con il presupposto richiesto dall’art.
52, comma 2, lett. b) cod. pen., relativo al pericolo d’aggressione, giacché il fatto che egli
fosse solo, anziano e in luogo isolato da altre abitazioni (anche a tacere, quanto a
quest’ultimo dato, dell’assenza di riferimenti processuali di richiamo) dimostra al più una
difficoltà difensiva, ma non la possibilità di un’aggressione.

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pendenza di un procedimento a suo carico – e segnatamente l’obbligo di comunicare ogni

4. Il quarto motivo è infondato, dal momento che, ai fini della configurabilità del delitto di cui
all’art. 610 cod. pen., nella specie, nella forma tentata, i motivi perseguiti dall’agente restano
irrilevanti, mentre l’esistenza di un’esigenza difensiva dei beni patrimoniali rimane assorbita
dalle considerazioni sopra svolte a proposito dell’insussistenza dei presupposti della legittima
difesa.
5. Infondato è poi il motivo relativo all’entità del trattamento sanzionatorio e al mancato
riconoscimento delle invocate circostanze attenuanti.
Con riguardo alla determinazione della pena, la Corte territoriale ha valorizzato la non

Quanto alle circostanze richieste, il riferimento alla manifesta sproporzione tra condotta delle
persone offese e reazione esclude, nel pur sintetico argomentare del giudice di merito, tanto
la sussistenza dei motivi di particolare valore morale e sociale (art. 62, n. 1, cod. pen,),
tanto l’esistenza dì una provocazione rilevante (art. 62, n. 2, cod. pen.), tanto il concorso
della persona offesa (art. 62, n. 5, cod. pen.).
Quanto all’art. 62, n. 1, cod. pen., esso è invocato valorizzando l’esigenza di difendere il
proprio diritto dall’aggressione. Tuttavia, anche se l’art. 62, n. 1 cod. pen. non richiede il
requisito della proporzione tra il motivo di particolare valore morale o sociale e il delitto
commesso, l’aggettivo “particolare” usato dal legislatore nel configurare l’attenuante in
questione indica che i motivi per i quali l’imputato ha agito devono superare l’entità della
morale comune media e non debbano essere di scarsa rilevanza rispetto alla gravità del
reato perpetrato (Sez. 1, 1715 del 11/01/1995, Di Maiuta, Rv. 201418).
Quanto alla circostanza di cui all’art. 62, n. 2, cod. pen., secondo la giurisprudenza di questa
Corte, pur non essendo il concetto di adeguatezza e proporzione un connotato della
provocazione, tuttavia, laddove ricorra una macroscopica sproporzione è ragionevole
escludere il nesso causale fra il fatto ingiusto e l’ira (Sez. 1, n. 30469 del 15/07/2010,
Lucianò, Rv. 248375).
Anche in relazione alla circostanza di cui al n. 5 dell’art. 62 cod. pen., del resto, (Sez. 1, n.
14802 del 07/03/2012, Sulger, Rv. 252265), è necessario verificare la sussistenza di un
elemento materiale, quale è l’inserimento del comportamento della persona offesa nella serie
delle cause determinatrici dell’evento, e di un elemento psichico, consistente nella volontà di
concorrere a determinare lo stesso evento.
Identiche considerazioni valgono per il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti
generiche.
6. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 30/11/2012

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modesta entità del fatto e i limiti oggettivamente contenuti della stessa.

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