Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6203 del 23/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 6203 Anno 2014
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MEMA ARTUR N. IL 10/05/1978
avverso la sentenza n. 2125/2010 CORTE APPELLO di ANCONA, del
26/04/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

Data Udienza: 23/10/2013

Osserva
Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di Mema Artur avverso la sentenza
emessa in data 26.4.2012 dalla Corte di Appello di Ancona che, in parziale riforma
di quella in data 11.3.2010 del Tribunale di Ancona-Sezione distaccata di
Senigallia, con la quale il predetto era stato dichiarato, con attenuanti generiche,
colpevole del delitto di cui all’art. 590 comma 2° c.p. e di quello di cui all’art. 189
comma 7° C.d.S., rideterminava la pena inflitta in mesi quattro di reclusione per il
reato sub ) e, ritenuta l’ipotesi di cui all’art. 590, 1° comma c.p., in giorni venti di

Deduce il vizio motivazionale in relazione alla ritenuta penale responsabilità
nonché in ordine all’esclusione del concorso formale tra i reati, come invece
ritenuto dal giudice di primo grado.
Il ricorso è inammissibile essendo le censure mosse manifestamente infondate e
non consentite nella presente sede.
La Corte territoriale ha fornito congrua ed ineccepibile motivazione in ordine sia
alla ritenuta colpevolezza dell’imputato sia in relazione alla non configurabilità del
concorso formale tra i reati contestati, in accoglimento dell’appello interposto dal
P.G

Il primo motivo è, anzi, pure aspecifico avendo riproposto, la medesima doglianza
rappresentata dinanzi alla Corte territoriale e da quel giudice disattesa con
motivazione ampia e congrua, immune da vizi ed assolutamente plausibile e
comunque si traduce in censura di puro fatto tendendo a sovrapporre una diversa
valutazione delle risultanze processuali, rispetto a quella compiuta, con congrua
motivazione, dai Giudici di merito e, pertanto, improponibile nel giudizio di
legittimità.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616
c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della
somma, che si ritiene equo liquidare in C 1.000,00, in favore della cassa delle
ammende, non ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della
causa di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 23.10.2013

reclusione per il reato di cui al capo a).

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