Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6201 del 04/12/2012


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 6201 Anno 2013
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: BRUNO PAOLO ANTONIO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da
PICCOLO Domenica, nata a Seminara 1’08/08/1943
avverso la sentenza della Corte d’appello di Reggio Calabria del 09/11/2011;
visti gli atti, la sentenza impugnata ed il ricorso;
udita la relazione del consigliere dr. Paolo Antonio BRUNO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dr.
Eduardo Scardaccione, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d’appello di Reggio Calabria
confermava la sentenza del 26/02/2003 con la quale il Tribunale di Palmi aveva
dichiarato Domenica Piccolo colpevole del reato di bancarotta fraudolenta
patrimoniale di cui all’articolo 216, comma 1, n. 1 e comma 2, 1.f. (prché, nella sua
qualità di titolare della ditta individuale Piccolo Domenica, con sede in Palmi,
dichiarata fallita dal Tribunale civile di Palmi in data 11/03/1976, procedura non
ancora conclusa si, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori e di procurare a sé o
ad altri un ingiusto profitto: occultava beni patrimoniali, e precisamente ricavi
economici relativi al volume di affari quantificato in almeno lire 63 milioni circa
ottenuti mediante lo svolgimento non autorizzato di un’attività commerciale con
sede in Seminara in via Stazione); e, per l’effetto, l’aveva condannata alla pena di
anni tre di reclusione, oltre consequenziali statuizioni.

Data Udienza: 04/12/2012

2. Avverso l’anzidetta pronuncia il difensore dell’imputata, avv. Guido
Contestabile, ha proposto ricorso per cassazione affidato alle ragioni di censura
indicate in parte motiva.
CONIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo d’impugnazione parte ricorrente denuncia violazione
cod. pen. e 192 cod. proc. pen. Si duole, innanzitutto, che non sia stata rilevata la
prescrizione del reato siccome commesso il 4 luglio 1998.
Lamenta, poi, erronea valutazione delle risultanze di causa sul rilievo che,
infondatamente, era stato considerato operazione distrattiva l’acquisto di capi di
tessuto, che, semmai, aveva comportato arricchimento per l’impresa.
Il secondo motivo denuncia violazione dell’art. 606 cod. proc. pen., lett. e) cod.
proc. pen., con riferimento alla mancata concessione delle attenuanti generiche.

2. La prima ragione di censura è palesemente infondata. Ed invero, avuto
riguardo alla data di deliberazione della sentenza di primo grado (26/02/2003,
dunque, anteriore all’entrata in vigore della legge 5 dicembre 2005 n. 251), nella
vicenda processuale in oggetto deve trovare applicazione il vecchio regime
prescrizionale. Di talché, considerato che l’imputata non ha beneficiato delle
attenuanti generiche, il termine prescrizionale, nella sua massima estensione, é pari
ad anni 22 e mesi sei, con scadenza quindi – a far tempo dalla data di commissione
del reato (04/07/1998) – il 04/01/2021.
Inammissibile, poi, è il profilo contestativo afferente all’elemento oggettivo del
reato in contestazione. Ed infatti, non merita censure di sorta la motivazione del
provvedimento impugnato che ha ravvisato gli estremi della fattispecie distrattiva
nel comportamento dell’imputata che, in costanza di procedura fallimentare e nella
piena consapevolezza dell’esistenza di crediti insoddisfatti, aveva intrapreso, senza
l’autorizzazione del giudice delegato, una nuova attività commerciale, effettuando
acquisti di materiale tessile, con ciò sottraendo risorse economiche al
soddisfacimento delle pendenti ragioni creditorie.

3.

Inammissibile è anche il secondo motivo in quanto afferente ad

improponibile questione di merito relativa all’assetto sanzionatorio, che sfugge al
sindacato di legittimità in quanto assistita da motivazione congrua e formalmente
correttg, In particolare, il giudice di appello ha indicato le ragioni per le quali
l’imputata, stante i precedenti specifici a suo carico, non era meritevole del
reclamato beneficio delle attenuanti generiche.

2

dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen. con riferimento agli artt. 157

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali ed al versamento della somma di C 1000,00 in favore della Cassa
delle Ammende.

Così deciso il 4/12/2012

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