Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 620 del 13/10/2017


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 620 Anno 2018
Presidente: BRUNO PAOLO ANTONIO
Relatore: LAPALORCIA GRAZIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MARESCA ANGELO nato il 09/02/1979 a VICO EQUENSE

avverso la sentenza del 29/11/2016 della CORTE APPELLO di NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere GRAZIA LAPALORCIA
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore ROBERTO
ANIELLO
che ha concluso per

Il Proc. Gen. conclude per il rigetto
Udito il difensore
L’avvocato Di Tommaso chiede l’accoglimento del ricorso presentato.

Data Udienza: 13/10/2017

(

RITENUTO IN FATTO

1.Angelo Maresca ricorre tramite il difensore avverso la sentenza in epigrafe con la
quale la Corte di appello di Napoli, giudicando in sede di rinvio, ha escluso l’aggravante
dei futili motivi dal reato di tentato omicidio in danno di Francesco D’Ano a lui ascritto,
confermato il diniego dell’attenuante della provocazione, e rideterminato la pena in anni
sette e mesi sei di reclusione.

stato determinato dal ritenuto travisamento della prova in quanto i giudici di merito
avevano escluso che dagli atti fosse emerso che l’offeso dal reato (precedente
compagno di Marcella Miale, poi divenuta fidanzata dal Maresca) era l’autore dei
messaggi offensivi nei confronti dell’imputato, mentre lo stesso D’Ano aveva ammesso
di aver fatto telefonate di scherno a quest’ultimo, con voce contraffatta, insieme con un
amico. E l’indicazione fornita al giudice del rinvio era di tener conto del contesto in cui
l’imputato aveva agito e dell’influenza che potevano aver avuto su di lui le molestie
telefoniche subite.
3.La sentenza emessa in sede di rinvio non riconosceva l’attenuante della
provocazione osservando che lo stesso Maresca aveva dichiarato di non aver riferito alla
Miale di aver ricevuto l’sms in data 25/10/2013, di essersi recato dal commercialista,
riferendo alla donna, solo al rientro, di averlo ricevuto, e decidendo di andare ad
affrontare il rivale solo dopo che costei aveva avuto una crisi di nervi. Lo stato d’ira era
quindi ritenuto insussistente anche perché l’invio dell’sms, come riferito dalla Miale,
seguiva cinque o sei telefonate anonime di scherno effettuate con cadenza quindicinale.
La condotta era stata quindi frutto di un sedimentato sentimento di gelosia e di rancore
per il tradimento subito, ed era comunque sproporzionata rispetto al messaggio
telefonico da ultimo ricevuto, anche a ritenere che l’offesa fosse potenziata dall’effetto
di accumulo.
4.Con il primo motivo si deducono violazione di legge e vizio di motivazione in
relazione all’art. 62, n.2, cod. pen. laddove la sentenza aveva fondato la decisione sulle
dichiarazioni dell’imputato in data 27/10/2013 e della Miale, senza considerare le
spontanee dichiarazioni rese dallo stesso Maresca il giorno del fatto da cui risulterebbe
che lo stato d’ira, già insorto per effetto della percezione del messaggio, era esploso
dopo l’incontro con il commercialista quando aveva parlato del messaggio alla fidanzata
che lo aveva visto ‘strano’. La causale ritenuta in sentenza non trovava invece riscontro
negli atti processuali e la motivazione era errata anche laddove aveva ritenuto la
reazione eccessiva e sproporzionata avendo Maresca reagito dopo telefonate e
messaggi prima, pugni al volto poi.
5.11 secondo motivo denuncia violazione di legge, di norme processuali penali e
vizio di motivazione in relazione agli artt. 56, 133 cod. pen. e 597 cod. proc. pen.

2

2.L’annullamento sotto il profilo del mancato riconoscimento della provocazione era

laddove la sentenza, nel rideterminare la pena dopo l’esclusione dell’aggravante dei
futili motivi, era partita da quella di anni 11, mentre avrebbe dovuto partire da quella di
anni sette, operando la riduzione massima per il tentativo (due terzi di anni 21) come
era stato fatto del giudice dell’udienza preliminare, per non incorrere nella violazione
del divieto di reformatio in peius.

1.11 ricorso merita rigetto.
2.Quanto alla prima doglianza, si rileva che il giudice di rinvio si è attenuto alle
indicazioni fissate nella sentenza di annullamento avendo tenuto conto, espunta dal
compendio probatorio la prova ritenuta travisata, del contesto di molestie telefoniche in
cui l’imputato aveva agito. Ha infatti valorizzato, per negare che il tentato omicidio
fosse in nesso causale con uno stato d’ira, la condotta tenuta dal Maresca tra la
ricezione dell’ultimo sms molesto – che peraltro, come riferito dalla Miale, aveva fatto
seguito a cinque o sei telefonate anonime di scherno effettuate a distanza quindicinale
l’una dall’altra – e la commissione del reato, evidenziando come, letto il messaggio
telefonico, Maresca si fosse recato ad un appuntamento con il commercialista, e, solo al
ritorno, avesse riferito alla Miale di averlo ricevuto, il che aveva scatenato una crisi di
nervi della donna, soltanto dopo la quale l’imputato si era risolto ad affrontare il rivale
armandosi di coltello.
3.A fronte di tale piana motivazione, idonea al superamento dei punti specifici di
carenza segnalati nella sentenza di annullamento, non rilevano le spontanee
dichiarazioni rese dall’imputato il giorno del fatto che, nell’ottica dello stesso ricorrente,
danno comunque conto dell’esplosione dell’asserito stato d’ira solo dopo l’incontro con il
commercialista, stato che, contraddittoriamente, il ricorso pretende tuttavia di far
risalire alla ricezione del messaggio telefonico solo perché la Miale avrebbe interrogato il
Maresca vedendolo ‘strano’.
4.Senza contare che, a conferma dell’esclusione dell’attenuante, pur nella forma
c.d. per accumulo, l’iniziativa del Maresca è stata ritenuta in fatto, nella sentenza
impugnata, del tutto sproporzionata rispetto alla condotta del D’Ano, in piena
conformità con l’indirizzo di questa Corte secondo il quale la circostanza attenuante
della provocazione, pur non richiedendo i requisiti di adeguatezza e proporzionalità, non
sussiste ogni qualvolta la sproporzione fra il fatto ingiusto altrui ed il reato commesso
sia talmente grave e macroscopica da escludere o lo stato d’ira ovvero il nesso causale
fra il fatto ingiusto e l’ira (Sez. 5, n. 51237 del 04/07/2014, Basile, Rv. 261728; Sez. 5,
n. 604 del 14/11/2013 – dep. 2014, D’Ambrogi, Rv. 258678).
5.11 secondo motivo è manifestamente infondato giacché, a prescindere dal fatto
che nella specie non si è verificata alcuna violazione del divieto di reformatio in peius in

3

CONSIDERATO IN DIRITTO

quanto la pena, a seguito dell’esclusione dell’aggravante dei futili motivi, è stata ridotta
(da anni otto e mesi due di reclusione ad anni sette e mesi sei), il giudice del rinvio, a
differenza da quanto sostenuto dal ricorrente, non aveva comunque l’obbligo di partire
da una pena base pari alla massima riduzione per il tentativo, non avendolo fatto
neppure il giudice di primo grado, il quale l’aveva indicata in anni dodici di reclusione,
mentre la riduzione di due terzi per il tentativo avrebbe comportato il minimo di anni
dieci.

P. Q. M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 13/10/2017

Il Presidente

Il Consigliere estensore

Paolo Antonio Bruno
-)
_

GraziaAapalorcia

Depositato in Cancelleria

6.Al rigetto del ricorso deve seguire il carico delle spese del procedimento.

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