Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6198 del 23/11/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 6198 Anno 2016
Presidente: BRUNO PAOLO ANTONIO
Relatore: AMATORE ROBERTO

SENTENZA

sul ricorso proposto da :
BARSANTI ROBERTO, nato a Pietrasanta, il 6.3.1954 ;
avverso la sentenza del 10.4.2014 della Corte di Appello di
Firenze ;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso ;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore
generale Dott. Aurelio Galasso che ha concluso per il rigetto del
ricorso ;

RITENUTO IN FATTO

1.Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Firenze, in
parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Lucca in
data 12.1.2011, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti
della coimputata LUISI DONATELLA per morte del reo ; e qualificato
il fatto di cui al capo B quale bancarotta semplice documentale di
cui all’art. 217 l. fall., ha dichiarato non doversi procedere nei
confronti del Barsanti, odierno ricorrente, per questo reato e per
quello di cui al capo C per essere estinti per intervenuta
prescrizione, rideterminando la pena per il restante reato, previa
concessione delle attenuanti generiche equivalenti all’aggravante
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Data Udienza: 23/11/2015

1.2 Avverso la sentenza ricorre l’imputato personalmente,
affidando la sua impugnativa a quattro motivi di ricorso.
1.3 Con il primo motivo il ricorrente deduce la erronea
applicazione della legge penale in relazione all’art. 216, comma
2, 1. fall., in ordine al reato contestato al capo D della
imputazione. Deduce inoltre la erroneità ed illogicità della
motivazione perché i blocchi di marmo oggetto di cessione da parte
dell’imputato alla società Azzurra Marmi e Graniti srl non erano
mai stati di proprietà della fallita, tanto ciò è vero che erano
stati oggetto di una procedura di rivendica accolta dal tribunale
fallimentare. Rileva pertanto la parte ricorrente la illogicità
della motivazione impugnata nella misura in cui era stato
accertato un concreto danno ai creditori, danno che costituisce il
necessario evento del reato distrattivo. Osserva la parte
ricorrente che in effetti tale ricostruzione dei fatti era
avvalorata dall’ulteriore circostanza che, in seguito
all’accoglimento della domanda di rivendica, la curatela era stata
costretta a restituire alla società Azzurra Marmi e Graniti srl il
controvalore della merce e a restituire all’imputato le somme
offerte da quest’ultimo in garanzia all’imputato.
1.4 Con il secondo motivo di ricorso la parte impugnante denunzia
l’erroneo diniego da parte della Corte distrettuale
dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cp e comunque la manifesta
illogicità della motivazione. Deduce la parte ricorrente che aveva
concluso con la curatela una transazione in seguito alla quale
aveva versato a quest’ultima la somma di euro 50.000 e che la
decisione della Corte di merito di negare tale attenuante,
fondandosi sul maggior danno pari ad euro 477.000 subito dai
creditori, era errata, considerato che i creditori privilegiati
erano stati soddisfatti integralmente e che quelli chirografari
erano stati soddisfatti al 70%, di talché la somma offerta in
transazione doveva considerarsi congrua rispetto al residuo danno
patito dai creditori.
1.5 Con il terzo motivo di ricorso si censura la decisione
impugnata sotto il profilo dell’erronea applicazione della legge
penale e comunque della contraddittorietà della motivazione in
relazione al giudizio di comparazione delle circostanze. Si deduce
che il pagamento della predetta somma alla curatela non era stata
presa in considerazione da parte della Corte distrettuale né per
2

di cui all’art. 219, comma 2, n. l, l. fall., in anni 3 e mesi 6
di reclusione, e confermando nel resto la condanna già inflitta
dal giudice di primo grado per i reati di cui al capo A ( artt.
110, 216 comma l n. 1 e 223 1. fall. per la ipotesi distrattiva
della somma di euro 251.049,71 risultante contabilmente quale
saldo attivo di cassa alla data del fallimento ) e di cui al capo
D ( art. 216, comma 2 con riferimento all’art. 216, comma l n. l e
223 Rd 267/42 per la ipotesi distrattiva di blocchi di marmo
ceduti alla società Azzurra Marmi e Graniti srl di cui il Barsanti
era socio ).

l’invocata applicazione dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cp
né per la richiesta concessione delle attenuanti generiche né in
relazione alla dosimetria della pena, con ciò determinando un
vizio motivazionale censurabile in questa sede.

CONSIDERATO IN DIRITTO

2.11 ricorso è infondato.
2.1 Già il primo motivo di ricorso non è meritevole di
accoglimento.
La motivazione della Corte distrettuale non è censurabile atteso
che è emerso che la restituzione dei blocchi da parte
dell’imputato non è avvenuta in favore della Azzurra Marmi e
Graniti srl, che aveva azionato la domanda di rivendica e che
avrebbe dovuto pertanto essere titolare del diritto alla
restituzione, quanto piuttosto in favore di soggetti terzi non
identificati, tanto ciò è vero che la curatela ha dovuto
restituire alla predetta società il controvalore economico dei
predetti beni.
3. Ma anche il secondo motivo di doglianza è infondato.
3.1 Sul punto, giova ricordare che ai fini del riconoscimento
dell’attenuante del risarcimento del danno (art. 62, comma primo,
n. 6 cod. pen.) è necessario che il danneggiato sia stato
completamente integrato nella posizione “qua ante”, non essendo
sufficiente, a tal fine, una qualsivoglia chiusura del rapporto
risarcitorio conseguente al reato ( Cass. Sez. 5, n. 46866 del
29/11/2005 – dep. 22/12/2005, Bazzoli, Rv. 233048).
3.2 Peraltro, non va neanche dimenticato che la circostanza
attenuante del risarcimento del danno ha natura soggettiva solo
relativamente agli effetti mentre, quanto al contenuto, è
qualificabile come essenzialmente oggettiva, giacché, ai fini
della sua configurabilità, è necessario che il pregiudizio
patrimoniale subito dalla persona offesa sia pienamente
riequilibrato, non essendo sufficiente il solo ravvedimento del
reo ( Cass. 21014/ 2010 ).
3.3 Ciò posto, la motivazione impugnata risulta essere del tutto
corretta, avendo escluso la sussistenza della predetta attenuante
sulla base della condivisibile considerazione della mancanza di un
integrale risarcimento del danno subito dalla massa dei creditori.

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1.6 Con il quarto motivo si censura il provvedimento impugnato per
l’erronea applicazione della legge penale in relazione all’art.
133 cp e per la manifesta illogicità della motivazione. Si deduce
l’illogicità della motivazione nella parte in cui non aveva
concesso all’imputato il minimo edittale della pena nonostante le
emergenze processuali evidenziassero un fatto di lieve entità.

4

4. Il terzo e quarto motivo sono inammissibili perché sollecitano
una valutazione di merito della corte di legittimità sul giudizio
di bilanciamento delle circostanze e sulla dosimetria della pena.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali.

Così deciso in Roma, il 23.11.2015

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