Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6198 del 04/12/2012


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 5 Num. 6198 Anno 2013
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: DE MARZO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Sorrentino Francesco, nato a Sparanise il 04/09/1959

avverso la sentenza del 29/06/2011 del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere R.G. 11/2010
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione svolta dal Consigliere Giuseppe De Marzo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Eduardo
Scardaccione, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito, per la parte civile, l’Avv. Michele D’Abrosca, il quale ha concluso per il rigetto del
ricorso;
udito, per l’imputato, l’Avv. Achille Falivene, il quale ha concluso per accoglimento del
ricorso
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 29/06/2011, il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha confermato la
sentenza del Giudice di Pace di Pignataro Maggiore del 02/07/2010, che aveva condannato
Francesco Sorrentino alla pena di giustizia, in relazione al reato di minacce consumato in
danno di Pasquale Rossetti.
2. Il Tribunale ha ritenuto che non sussistessero dubbi sull’illegittimità della condotta
dell’imputato, il quale, tenendo un oggetto di metallo in mano, oltre a rivolgersi al Rossetti
1

Data Udienza: 04/12/2012

con la frase indicata nel capo di imputazione “se hai coraggio entra e vedrai cosa ti accadrà”,
gli aveva anche detto, secondo quanto riferito dalla teste Maria Sorrentino, “ti spezzo i piedi
qui non devi metter piede”. Tale episodio si inseriva in un contesto di rapporti tesi fra le
parti, caratterizzato anche da episodi di aggressione fisica sofferti dal Rossetti, il quale era
stato colpito con schiaffi dal Sorrentino per allontanarlo dalla sua abitazione.
3. Nell’interesse del Sorrentino è stato proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
3.1. Con il primo motivo, si lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen.,
inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 612, cod. pen., sotto il profilo

aveva indicato in cosa consistesse il male ingiusto minacciato alla persona offesa. Peraltro, la
minaccia non è configurabile, quando le espressioni adoperate siano dirette non a limitare la
libertà psichica del soggetto passivo, ma a prevenirne un’azione illecita. Nella specie, era
emerso che il Sorrentino, sentitosi chiamare a voce alta dal Rossetti, era uscito dal bagnetto
in cui si trovava con l’asciugacapelli in mano.
3.2. Con il secondo motivo, si lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc.
pen., inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 612, cod. pen., in relazione all’art. 43,
comma primo, cod. pen., sotto il profilo dell’insussistenza del dolo.
3.3. Con il terzo motivo, si lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen.,
manifesta illogicità della motivazione, in relazione alla mancata verifica di una diversa
interpretazione del fatto nella sua materialità e nella sua componente soggettiva nonché in
relazione alla ritenuta attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa, nonostante le
incertezze manifestate nel collocare temporalmente l’episodio.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso è infondato.
Esso, per un verso, trascura di considerare che il significato minaccioso dell’espressione
allusiva di cui al capo di imputazione è stato dal Tribunale inteso anche alla luce di altra
frase pronunciata dall’imputato, riferita dalla sorella di quest’ultimo (“ti spezzo i piedi, qui
non ci devi mettere più piede”) e idonea a palesare in modo chiaro gli intendimenti del
Sorrentino; per altro verso, non si confronta con la puntuale motivazione fornita dalla
sentenza impugnata a pag. 5, a proposito dell’inattendibilità dei testimoni addotti dalla
difesa, i quali avevano riferito che il Rossetti avrebbe chiamato ad alta voce il Sorrentino, il
quale era poi uscito dal bagnetto con l’asciugacapelli in mano. In particolare, il motivo di
ricorso non indica luoghi della sentenza o atti del processo dai quali trarre oggettivo
fondamento per un giudizio di manifesta illogicità del percorso motivazionale seguito dal
Tribunale. Ne discende che resta privo di base fattuale l’argomento difensivo secondo il
quale il Sorrentino non avrebbe agito al fine di restringere la libertà psichica del soggetto
passivo, ma per prevenirne un’azione illecita.
2. Per le ragioni appena indicate è infondato anche il secondo motivo.

2

dell’insussistenza del fatto tipico di minaccia, dal momento che nessuna delle due sentenze

Nel delitto di minaccia, il dolo, quale componente del fatto contestato, consiste nella
cosciente volontà di minacciare ad altri un ingiusto danno ed è diretto a provocare la
intimidazione del soggetto passivo, senza che sia necessario che in tale volontà sia compreso
il proposito di tradurre in atto il male minacciato. Infatti, oggetto del delitto è unicamente
l’azione intimidatrice (Sez. 1, n. 7382 del 11/06/1985, Dessi, Rv. 170186).
Ciò posto, l’accertamento dell’elemento soggettivo ben può essere basato sulle
caratteristiche oggettive della condotta. A tale considerazione va aggiunto che non è
ravvisabile, per i motivi sopra esposti, la manifesta illogicità della motivazione che ha escluso

l’antagonista avesse insistito nella sua condotta aggressiva.
3. Nel terzo motivo l’unico profilo di censura che si sottrae alla valutazione di mera
ripetitività di quanto sopra esposto è rappresentato dalla critica all’attendibilità della persona
offesa, fondata sulle incertezze di quest’ultima nel collocare temporalmente l’episodio.
Anche in questo caso, deve, peraltro, rilevarsi che la sentenza impugnata ha fornito una
spiegazione, legata all’esistenza di vari episodi per i quali il Rossetti aveva sporto querela,
che non esibisce alcun vizio di manifesta illogicità. Le critiche del ricorrente, sul punto
aspirano, in definitiva, ad una rivalutazione del materiale istruttorio, inammissibile in sede di
legittimità.
4. Alla pronuncia di rigetto consegue ex art. 616 cod. proc. pen, la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali. Del pari, il ricorrente va condannato alla rifusione
delle spese sostenute dalla parte civile nel giudizio di legittimità, che, in relazione all’attività
svolta, vengono liquidate in euro 2.700,00, oltre accessori di legge.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché alla
rifusione delle spese sostenute dalla parte civile per il giudizio di cassazione, liquidate in euro
2.700,00, oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma il 04/12/2012

Il Componente estensore

Il Presidente

l’intento dell’imputato di evocare, con le sue frasi, il proposito di difendersi nel caso

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA