Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6189 del 30/11/2012


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 6189 Anno 2013
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: VESSICHELLI MARIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) MARELLI OLI VIERO N. IL 10/07/1941
avverso la sentenza n. 7273/2011 CORTE APPELLO di MILANO, del
07/03/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 30/11/2012 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MARIA VESSICHELLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

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Anc£24.D

Data Udienza: 30/11/2012

Fatto e diritto
Propone ricorso per cassazione Marelli Olivier° avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano in data 7
marzo 2012 con la quale, a parte una modifica del trattamento sanzionatorio, è stata convalidata la
affermazione di responsabilità, pronunciata dal giudice di primo grado, in ordine al reato di infedeltà
patrimoniale cui all’articolo 2634 c.c. e all’art. 110 c.p., commesso nel primo semestre del 2005.
All’imputato era stato contestato di avere, quale sindaco della Cooperativa edilizia Belvedere di Lesino,
omesso di vigilare in ordine al fatto che la co-imputata Sala Alessandra, Presidente della stessa cooperativa,
aveva, a fine di profitto, appaltato alla S.r.l. Promedile, lavori di costruzione di 32 appartamenti con
l’imputato che la Sala, in situazione di conflitto di interessi in quanto, in particolare, il primo era
amministratore unico della menzionata Promedile e la seconda ne era socia, ed avendo, la società,
beneficiato anche di cambiali e assegni emessi dalla cooperativa a favore di fornitori dell’appaltatrice.
Deduce
1) il vizio della motivazione in ordine al fatto che l’imputato è stato condannato in relazione a una
condotta mai contestata.
Il capo di imputazione, infatti, prevedeva la contestazione di una condotta omissiva legata alla
mancata osservanza degli obblighi di vigilanza che incombevano sul ricorrente nella veste di sindaco
della cooperativa, apparendo autrice della condotta materiale la co-imputata Sala Alessandra. Ed
invece l’imputato è stato condannato nella veste di amministratore della società Promedile quale
concorrente nelle condotte attive delle sorelle Sala: un mutamento della decisione rispetto alla
contestazione, che valorizzava un presunto ruolo gestionale o co-gestionale dell’imputato all’interno
della cooperativa, mai fatto oggetto di contraddittorio nel processo;
2) la erronea applicazione degli articoli 1 e 2 c.p. nonché 25 della Costituzione.
L’imputato era cessato dalla carica di sindaco, ossia dal ruolo virtù del quale gli era stato mosso
l’addebito di omissione di vigilanza, sin dal 23 novembre 2003 mentre addirittura al 2001 risaliva la
stipula del contratto di appalto di cui all’imputazione.
Se ne doveva dedurre che la norma di cui all’articolo 2634 c.c., come novellata, non esisteva ancora
quando l’imputato ha posto in essere la condotta oggetto di contestazione formale;
3) l’inosservanza dell’articolo 124 c.p.
La querela proposta il 19 luglio 2005 doveva ritenersi tardiva nei confronti del ricorrente il cui
comportamento di rilevanza penale era cessato nel 2003;
4) la erronea applicazione dell’articolo 2634 c.c. alla società cooperativa, trattandosi di norma prevista
per le società commerciali.
Doveva ritenersi insufficiente la motivazione dei giudici del merito che avevano dato risposta positiva
al detto quesito, alla luce del solo fatto che la società cooperativa in esame prevedeva, nell’oggetto
sociale, la astratta possibilità di svolgere attività di impresa, essendo invece determinante
l’accertamento in concreto di tale attività.
Il ricorso è inammissibile.

riconoscimento di un corrispettivo sproporzionato rispetto al valore delle opere appaltate, trovandosi, sia

‘4.

Il primo e il terzo motivo costituiscono la riproposizione di altrettante doglianze rappresentate con l’atto
d’appello e motivatamente respinte dal giudice a quo, con la conseguenza che i motivi stessi debbono
ritenersi, in base alla costante giurisprudenza, inammissibili per genericità in quanto non articolati per
confutare le motivazioni espresse in sentenza.
La doglianza oggetto del primo motivo di ricorso, in particolare, è stata già ritenuta infondata dalla Corte
d’appello la quale ha correttamente posto in evidenza come il capo di imputazione potesse agevolmente
ritenersi comprensivo di una contestazione mossa al ricorrente nella duplice forma dell’ omesso
adempimento ad obblighi di vigilanza e, altresì, del vero e proprio concorso materiale alla condotta di Sala
Alessandra, da questa realizzata mediante la corresponsione di un prezzo sproporzionato al valore dei
Promedile S.r.l..
t risultato, infatti, accertato – e, dunque, coerentemente col tema di prova posto nel capo d’imputazione- il
concorso da parte dell’imputato nella condotta infedele posta in essere soprattutto dalla amministratrice
della cooperativa, Sala Alessandra, mediante la fruizione- evidentemente concordata e voluta- quale
amministratore di Promedile, delle somme che la Sala, nella qualità detta, erogava, in qualche caso
coadiuvata materialmente proprio dall’imputato, la cui firma di fatto è risultata apposta in calce ad assegni
della cooperativa destinati a Promedile.
Un simile addebito non risulta affatto estraneo al perimetro tracciato nel capo di imputazione nel quale era
chiaramente indicata, in capo al ricorrente, la qualità di amministratore della società beneficiaria delle
erogazioni indebite poste in essere dall’amministratore infedele e dunque rivestendo la posizione oggettiva
e soggettiva del concorrente materiale.
Non era viceversa contestata e neppure risulta addebitata al ricorrente la qualità di gestore di fatto della
Società cooperativa, atteso che il concorso materiale nella condotta infedele dell’amministratrice di
quest’ultima prescindeva e prescinde dalla prova sul ruolo del ricorrente anche quale amministratore di
fatto della Società cooperativa, mentre l’accertamento della sua firma in calce a qualche segno della società
rileva soltanto ai fini della prova dell’addebito come sopra specificato.

Il secondo motivo di ricorso risulta manifestamente infondato alla luce di quanto osservato sopra.
La data delle dimissioni dell’imputato dal ruolo di sindaco ( peraltro del 2003 mentre l’art. 2634 cc, nel testo
in contestazione, era comunque entrato in vigore nel 2002) non presenta alcun rilievo liberatorio una volta
che si affermi la plausibilità e completezza della ricostruzione operata dal giudice del merito, secondo cui
l’imputato ha concorso materialmente con le sorelle Sala, nella condotta di infedeltà patrimoniale posta in
essere fino a tutto il mese di aprile 2005 (data di subentro del nuovo presidente del consiglio di
amministrazione della cooperativa) in quanto amministratore della società che ha beneficiato delle
erogazioni finanziarie e degli impegni assunti dalla società cooperativa, al fine di profitto degli imputati, in
favore della S.r.l. Promedile.
Per tale ragione ed anche per quanto osservato dalla Corte d’appello, la questione sulla tardività della
querela risulta posta in maniera generica e comunque manifestamente infondata, essendo priva di rilievo,
ai fini in questione, la data della formale dismissione della carica di sindaco da parte dell’imputato, al quale
si addebita di avere continuato a concorrere nella condotta penale tipica poste in essere anche dalla Sala,
fino ad una parte avanzata del 2005.
L’ultimo motivo costituisce ugualmente, nella sostanza, la riproposizione della corrispondente doglianza
sottoposto al giudice dell’appello e da questi motivatamente disattesa.

lavori appaltati e, prima ancora, mediante la emissione di cambiali e assegni in favore di fornitori di

t

La Corte d’appello, richiamando le argomentazioni del primo giudice, ha bene posto in evidenza come il
reato di infedeltà patrimoniale ben possa applicarsi – al pari di una serie di norme compatibili, poste dalla
complessiva nuova disciplina in tema di reati o illeciti societari – anche alle società cooperative, in
mancanza di una esplicita previsione del contrario.
Così, la giurisprudenza di legittimità si è già espressa con riferimento, ad esempio, all’illecito amministrativo
previsto dall’articolo 2631 CC (SENT. Sez. 5, n. 36343 del 03/10/2002 (dep. 30/10/2002 ) Rv. 222662 Imp.
Susana) e, del resto, appare corretta la ratio individuata dal giudice del merito secondo cui i principi
introdotti dall’art. 11 della legge delega numero 366 del 2001, relativamente agli illeciti penali ed
amministrativi riguardanti “le società commerciali”, erano e sono destinati ad operare per effetto della
2195 cc —come si è verificato nel caso di specie- ed a prescindere, dunque dal fatto che si tratti di società di
capitali o cooperativa: l’esercizio di una impresa commerciale ed il relativo intento di lucro non sono infatti
inconciliabili con lo scopo mutualistico proprio della cooperativa ((Rv. 477243)).
La difesa, d’altra parte, solo genericamente continua ad opporre, senza addurre le ragioni in diritto
giustificatrici di tale assunto, che ciò che rileva è soltanto l’esercizio in concreto dell’attività commerciale da
parte della società cooperativa, esercizio che, nella specie, essa rappresenta come inesistente sulla base di
una prospettazione in fatto che contraddice, inammissibilmente, quella diversa contenuta nella sentenza
secondo cui, ad esempio, l’amministratrice della società cooperativa aveva pagato fornitori della Promedile
anche per lavori eseguiti in altri cantieri, così scadendo in attività finanziarie esorbitanti dalla finalità
mutualistica.
Alla inammissibilità consegue, ex art. 616 cpp, la condanna del ricorrente al versamento, in favore della
cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro 1000.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed a
versare alla cassa delle ammende la somma di euro 1000.
Roma 30 novembre 2012

Il

esidente

il Cons. est.

previsione, nell’atto costitutivo della società, di attività riconducibili al novero di quelle indicate nell’ali

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