Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6188 del 30/11/2012


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 6188 Anno 2013
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: VESSICHELLI MARIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) PUTZULU TONINO N. IL 12/06/1975
2) ROCCA FRANCESCO N. IL 28/11/1978
avverso la sentenza n. 594/2005 CORTE APPELLO SEZ.DIST. di
SASSARI, del 28/09/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 30/11/2012 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MARIA VESSICHELLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 30/11/2012

3

Fatto e diritto
Propongono ricorso per cassazione Putzulu Tonino e Rocca Francesco avverso la sentenza della Corte
d’appello di Cagliari -Sezione distaccata di Sassari- in data 28 settembre 2011 con la quale è stata
confermata quella di primo grado (del 28 giugno 2005), di condanna in ordine al reato di sequestro di
persona in concorso, consumato il 23 febbraio 1997, in danno di Zoroddu Giulio.
Tale reato, assoggettato alle regole della previgente prescrizione, deve ritenersi destinato a vedere
dichiarata la causa estintiva non prima della fine dell’anno 2014, in ragione del termine normativamente

Deducono
1)

la erronea applicazione dell’articolo 192 cpp.
La sentenza impugnata non conterrebbe un ragionamento adeguato a dare conto della
integrazione del reato di sequestro di persona piuttosto che di quello di lesioni personali volontarie,
tenuto conto, in particolare, che le emergenze raccolte (il racconto dei fatti ad opera della persona
offesa presso il pronto soccorso; la deposizione dei Carabinieri; il certificato medico) sono tutte
idonee a sostanziare, appunto, la configurabilità del meno grave reato di lesioni personali
volontarie.
D’altra parte, difetterebbe anche una adeguata valutazione della attendibilità della persona offesa,
alla luce del fatto che dopo la vicenda in esame, le parti hanno avuto un incontro chiarificatore e
che le corporature dell’imputato e della persona offesa non erano compatibili con la ricostruzione
di quest’ultima;

2)

la erronea applicazione dell’articolo 605 c.p.
La ricostruzione degli eventi aveva reso evidente che la violenza fisica esercitata dagli imputati era
stata fine a se stessa e non già volta a privare la persona offesa della libertà di movimento;

3)

il vizio di motivazione in ordine alla mancata riqualificazione del fatto che sensi dell’articolo 610
c.p.: infatti la violenza fisica esercitata sulla persona offesa era semmai volta a nuocere alla libertà
di determinazione della vittima e non alla sua libertà personale;

4)

la prescrizione del reato, dovendo trovare applicazione le più favorevoli regole previste dalla nuova
disciplina in materia, ipotesi per la operatività della quale la difesa chiede sia sollevata questione di
legittimità costituzionale dell’articolo 10 comma 3 I. n. 251 del 2005, che osta all’applicazione del
trattamento più mite. Osserva la difesa che tale disposizione transitoria, prevedendo la
inoperatività del trattamento più favorevole nei confronti dei soggetti per i quali, all’atto
dell’entrata in vigore della legge citata, il processo già pendeva quantomeno in appello, determina
un trattamento ingiustificatamente differenziato -con violazione dell’articolo 3 della Costituzionerispetto a quello riservato a coloro che, all’atto dell’entrata in vigore della nuova disciplina, non
avevano visto invece ancora pronunciare, a proprio carico, la sentenza conclusiva del primo grado,
così potendo beneficiare del nuovo più favorevole calcolo della prescrizione

I ricorsi sono inammissibili perché basati su ragioni diverse da quelle che possono essere sottoposte al
giudice della legittimità e, quanto al quarto motivo, perché manifestamente infondati.

fissato di 15 anni, da prorogare di anni 2, mesi 6 e giorni 22 per l’intervento di cause di sospensione.

La difesa propone, nella sostanza, un’alternativa ricostruzione del fatto, più favorevole agli imputati, in
quanto tale non apprezzabile nella sede della legittimità.
A tale conclusione si perviene osservando che nel ricorso viene del tutto trascurato il perno del
ragionamento del giudice del merito, dato dalla valutazione congiunta delle dichiarazioni delle due persone
offese citate nel procedimento e cioè Zoroddu Giulio, vittima tra l’altro del sequestro di persona, nonché
Fele Federico, il quale ha subito una parte della condotta aggressiva degli imputati già caduta in
prescrizione.
Evidenzia, infatti, il giudice che tali soggetti hanno “unanimemente” raccontato dei comportamenti
aggressivi degli imputati ai quali solo il Fele era riuscito a sottrarsi mentre l’amico era stato costretto a
A tale racconto si salda, secondo l’ulteriore apprezzamento della Corte d’appello, quello dei Carabinieri
Lampis e Rosselli i quali, avendo colto una parte dell’aggressione posta in essere in danno del ragazzo,
avevano potuto interromperla, non senza identificare con sicurezza gli autori del fatto.
Il ricorso si rivela, dunque, del tutto privo della capacità di aggredire in maniera incisiva la motivazioneinvece corretta e razionale- contenuta nella sentenza impugnata, posto che lamenta la presunta mancanza
di motivazione in ordine alla attendibilità della persona offesa, trascurando che tale valutazione è stata
compiuta con esito positivo alla luce dei riscontri rinvenuti e cioè delle dichiarazioni di Fele, del tutto
sovrapponibili a quelle dello Zoroddu, nonché di quelle dei due Carabinieri che, per le circostanze di luogo e
di tempo prese in considerazione, risultano compatibili e capaci di rafforzare il racconto della persona
offesa.
Una volta accreditata motivatamente, per le ragioni dette, la ricostruzione che vede lo Zoroddu, costretto
con la forza a salire sulla vettura degli imputati e da questi trasportato altrove in maniera coattiva, non
senza sottoporre la vittima a una gragnola di colpi al volto e agli arti, risulta evidente che la corretta
qualificazione del fatto è quella di sequestro di persona fatta propria dai giudici del merito , cui
fondatamente si aggiungeva in origine, ai sensi dell’articolo 81 c.p., la contestazione del reato di lesioni
personali volontarie, poi caduto in prescrizione.
In particolare, poi, il trasporto della vittima in un luogo diverso da quello nel quale è stata prelevata con la
forza è condotta che lede in maniera inconfutabile la libertà di movimento della stessa persona offesa e che
nulla ha a che vedere con la più modesta limitazione della libertà psichica punita a titolo di violenza privata.
In merito alla questione concernente la prescrizione del reato, è appena il caso di rilevare che l’attenzione
del Giudice costituzionale è già stata sollecitata da questa stessa Corte, da ultimo, con ordinanza di
rimessione dell’Il giugno 2010 , dichiarata non fondata con sentenza numero 236 del 2011 del giudice
delle leggi che ha escluso il contrasto fra la disposizione transitoria della legge c.d. Cirielli e il parametro
costituzionale, in quel caso individuato nell’articolo 117 della Costituzione.
Peraltro, come si ricorda nella motivazione di tale sentenza, già con precedente sentenza numero 72 del
2008, la stessa Corte costituzionale aveva escluso la incompatibilità della stessa disposizione transitoria
della legge numero 251 del 2005 con l’articolo 3 della Costituzione laddove esclude l’applicazione dei più
brevi termini di prescrizione ai processi già pendenti in grado di appello alla data di entrata in vigore della
legge: la Corte costituzionale aveva, cioè, dichiarato non fondata le questioni di legittimità costituzionale
dell’art.10, comma 3, della legge 5 dicembre 2005, n. 251, censurato, in riferimento agli artt. 3, 10, secondo
comma, e il Cost..
Il principio tratto dalla sentenza della Corte costituzionale appena indicata- al quale non vi è motivo di
contrapporsi- è quello secondo cui “la sentenza n. 393 del 2006 ha dichiarato l’illegittimità di quella parte
della medesima norma che escludeva l’estensione del regime prescrizionale più favorevole ai giudizi di
primo grado in cui vi fosse stata la dichiarazione di apertura del dibattimento, dal momento che detta

salire su un’autovettura e trasportato altrove.

dichiarazione – che nel complesso della disciplina del processo non è momento indefettibile – non
rappresenta un ragionevole discrimine fra i giudizi in cui continuare ad applicare i vecchi termini ed i
processi soggetti ai nuovi. Tale motivazione non si attaglia, però, alla diversa norma censurata, poiché, per i
processi d’appello, l’esclusione dell’applicazione retroattiva della prescrizione più breve non discende dal
verificarsi di un eventuale accadimento processuale, ma dal fatto oggettivo ed inequivocabile che processi
di quel tipo siano in corso ad una certa data. Perciò, la scelta di escludere l’applicazione dei nuovi termini a
tali giudizi è ragionevole, anche perché mira ad evitare la dispersione delle attività processuali già compiute
all’entrata in vigore della legge n. 251 del 2005, secondo cadenze calcolate in base ai tempi di prescrizione

Alla inammissibilità consegue, ex art. 616 cpp, la condanna di ciascun ricorrente al versamento, in favore
della cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro 1000.
PQM
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed
a versare alla cassa delle ammende la somma di euro 1000.
Roma 30 novembre 2012

Presidente

il Cons. est.

più lunghi vigenti al momento del loro compimento”.

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