Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6183 del 27/11/2012


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 6183 Anno 2013
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: SABEONE GERARDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) VIVIANO EMANUELE N. IL 08/09/1966
avverso la sentenza n. 14/2011 TRIB.SEZ.DIST. di CEFALU’, del
06/03/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 27/11/2012 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GERARDO SABEONE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per 2 1;,41,,,,~4,41171,–

giito

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 27/11/2012

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RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Termini Imerese, Sezione Distaccata di Cefalù, con
sentenza del 6 marzo 2012, ha confermato la sentenza del Giudice di pace di
Cefalù, del 18 febbraio 2011 che aveva condannato Viviano Emanuele, per
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a
mezzo del proprio difensore, lamentandone, quale unico motivo, una violazione
di legge e una motivazione illogica in merito all’affermazione della penale
responsabilità per gli ascritti reati.
3. Risulta, altresì, depositata istanza dal ricorrente, ai sensi dell’articolo
612 cod.proc.pen., ai fini della sospensione dell’esecuzione della condanna civile
(risarcimento danni per euro 1.800,00 e spese legali del secondo grado per euro
600,00 oltre accessori di legge).

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.
2. Giova premettere, in punto di diritto, come ribadito costantemente da
questa Corte (v. a partire da Sez. VI 15 marzo 2006 n. 10951 fino di recente a
Sez. V 6 ottobre 2009 n. 44914), pur dopo la nuova formulazione del suddetto
articolo 606 cod.proc.pen., lett. e), novellato dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46,
articolo 8, che il sindacato del Giudice di legittimità sul discorso giustificativo del
provvedimento impugnato debba essere volto a verificare che la motivazione
della pronunzia:
a) sia “effettiva” e non meramente apparente, ossia realmente idonea a
rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a base della decisione
adottata;
b) non sia “manifestamente illogica”, in quanto risulti sorretta, nei suoi
punti essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti errori
nell’applicazione delle regole della logica;
c) non sia internamente contraddittoria, ovvero sia esente da
insormontabili incongruenze tra le sue diverse parti o da inconciliabilità logiche
tra le affermazioni in essa contenute;
1

delitti di danneggiamento e di lesioni personali in danno di Tedesco Eros.

d) non risulti logicamente “incompatibile” con “altri atti del processo”
(indicati in termini specifici ed esaustivi dal ricorrente nei motivi posti a sostegno
del ricorso per Cassazione) in termini tali da risultarne vanificata o radicalmente
inficiata sotto il profilo logico.
Al Giudice di legittimità resta, infatti, preclusa, in sede di controllo sulla
motivazione, la pura e semplice rilettura degli elementi di fatto posti a
fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di
merito, perché ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità
esplicativa.
Queste operazioni trasformerebbero, infatti, la Corte nell’ennesimo
Giudice del fatto e le impedirebbero di svolgere la peculiare funzione assegnatale
dal legislatore di organo deputato a controllare che la motivazione dei
provvedimenti adottati dai Giudici di merito rispetti sempre uno standard di
intrinseca razionalità e di capacità di rappresentare e spiegare l’iter logico
seguito dal Giudice per giungere alla decisione.
3. Nella specie, questa volta in fatto e nei limiti del presente giudizio di
legittimità di cui dianzi si è detto, deve osservarsi come l’impugnata sentenza
abbia logicamente motivato come all’odierno ricorrente debbano essere
concretamente ascritti i delitti accertati in prime cure, sulla base della
deposizione della parte offesa.
Questa Corte ha già avuto modo di chiarire come la deposizione della
parte offesa possa essere assunta, anche da sola, come prova della
responsabilità dell’imputato purché sia sottoposta a indagine positiva circa la sua
attendibilità.
Infatti, alle dichiarazioni indizianti della persona offesa non è
indispensabile applicare le regole di cui all’articolo 192 cod.proc.pen., commi 3 e
4 che richiedono la presenza di riscontri esterni.
Tuttavia, considerato l’interesse di cui la parte offesa è portatrice,
soprattutto quando essa è costituita parte civile, più accurata deve essere la
valutazione e più rigorosa la relativa motivazione ai fini del controllo
d’attendibilità rispetto al generico vaglio cui vanno sottoposte le dichiarazioni di
qualsiasi testimone: in tale ottica, può concretamente apparire opportuno
procedere al riscontro di tali dichiarazioni con altri elementi (v. Cass. Sez. VI 3
giugno 2004 n. 33162 e Sez. I 24 giugno 2010 n. 29372).

ricostruzione e valutazione dei fatti, preferiti a quelli adottati dal Giudice di

Nella specie il riscontro delle dichiarazioni è stato compiuto con la
certificazione medica attestante le riportate lesioni e con la testimonianza
Fiandaca.
A ciò si aggiunga come, sebbene in tema di giudizio di Cessazione, in
forza della novella dell’articolo 606 cod.proc.pen., comma 1, lett. e), introdotta
dalla Legge n. 46 del 2006, sia ora sindacabile il vizio di travisamento della
prova, che si ha quando nella motivazione si faccia uso di un’informazione
prova decisiva, esso può essere fatto valere nell’ipotesi in cui l’impugnata
decisione abbia riformato quella di primo grado, non potendo, nel caso di c.d.
doppia conforme, superarsi il limite del “devolutum” con recuperi in sede di
legittimità, salvo il caso in cui il Giudice d’appello, per rispondere alla critiche dei
motivi di gravame, abbia richiamato atti a contenuto probatorio non esaminati
dal primo Giudice (v. Cass. Sez. IV 3 febbraio 2009 n. 19710).
Nel caso di specie, invece, il Giudice di appello ha riesaminato lo stesso
materiale probatorio già sottoposto al Giudice di primo grado e, dopo avere
preso atto delle censure dell’appellante, è giunto alla medesima conclusione di
penale responsabilità.
4. Il ricorso va, in definitiva, dichiarato inammissibile, con ciò rendendosi
inutile l’accertamento della fondatezza o meno dell’istanza avanzata ai sensi
dell’articolo 612 cod.proc.pen. e il ricorrente condannato, altresì, al pagamento
delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende,
che appare equo determinare in euro 1.000,00.
P.T.M.

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore
della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 27/11/2012.

rilevante che non esiste nel processo o quando si ometta la valutazione di una

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