Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6182 del 27/11/2012


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 6182 Anno 2013
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: SAVANI PIERO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) TOFtRES IGNAZIO N. IL 28/10/1961
avverso la sentenza n. 4081/2009 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 07/07/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 27/11/2012 la r1azione fati dal
Consigliere Dott. PIERO SA VANI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per i

Ne-AX

ryv

Udito, per la parjivile, l’Avv
Uditi difeaor Avv.

Data Udienza: 27/11/2012

IN FATTO E DIRITTO
Con la sentenza in epigrafe la Corte d’appello di Palermo, ridotta la pena, ha confermato nel resto
la sentenza emessa in data 4 maggio 2009 dal locale Tribunale, appellata da TORRES Ignazio,
dichiarato responsabile del delitto di bancarotta fraudolenta aggravata, commesso il 21 dicembre
2001.
Propone ricorso per cassazione l’imputato deducendo vizio di motivazione sulla responsabilità,
per non aver la Corte territoriale approfondito le emergenze processuali che avrebbero dovuto
portare a ritenere che vi fosse altro soggetto a gestire l’impresa e che non fossero riferibili al
TORRES i documenti che risultavano da lui sottoscritti; il ricorso si riferisce espressamente a dichiarazioni testimoniali riportate per sunto da cui deduce non essere stato correttamente identificato quale persona che gestiva l’attività dell’impresa fallita.
Rileva in ogni caso la non riferibilità al titolare formale dell’impresa delle attività distrattive realizzate da altri.
Il ricorso non è fondato.
Ha ritenuto la Corte d’appello, sull’impugnazione del prevenuto che contestava potessero esser
fatte risalire a lui l’amministrazione dell’impresa e le distrazioni di beni, che le risultanze del
procedimento, valutate nel loro complesso, dimostravano che era uomo di fiducia
dell’imprenditore edile VENTURA Gaspare, al quale doveva farsi risalire in primis la gestione
dell’impresa, formalmente intestata al TORRES, “utilizzato” , secondo un teste, per coprire la
presenza del VENTURA, all’epoca in difficoltà economiche.
Ma, come ha rilevato la Corte di merito, il TORRES, proprio per la sua posizione di stretto collaboratore del VENTURA, non solo partecipava direttamente ad attività di gestione, secondo le
indicazioni di alcuni dei testimoni, ma era comunque al corrente dell’intera attività dell’impresa.
Osserva il Collegio che le censure del ricorrente sulla sua identificazione quale persona che gestiva l’attività di impresa unitamente al VENTURA sono infondate ai limiti dell’inammissibilità,
in quanto tendono a sottoporre al giudizio di legittimità aspetti attinenti alla ricostruzione del fatto ed all’apprezzamento del materiale probatorio rimessi all’esclusiva competenza del giudice di
merito, e già adeguatamente valutati sia dal Tribunale che dalla Corte d’appello.
Come anticipato sopra, il giudice d’appello ha rilevato che i diversi contributi testimoniali delle
persone che avevano avuto rapporti di affari con l’impresa fallita avevano individuato due diverse persone che agivano per la stessa, una indicata da alcuni nel TORRES ed una seconda che altri hanno identificata come il VENTURA; ha anche chiarito il giudice d’appello che era emerso
che il vero interessato alla gestione dell’impresa era VENTURA, che aveva anche personale interesse a non apparire ed aveva intestato l’impresa al suo braccio destro, il TORRES, che quindi
non poteva accreditarsi come persona del tutto estranea alla gestione, ma ne partecipava appieno,
sia per la sua posizione di immediato collaboratore del VENTURA, sia perché ripetutamente venuto in contatto con i soggetti che avevano intrattenuto rapporti con l’impresa.
Da tale accertamento di fatto — al quale il ricorrente contrappone in modo generico una personale
interpretazione, peraltro non molto chiara, delle emergenze processuali — la Corte d’appello ha
tratto la conclusione, corretta ed ancorata alle emergenze processuali, secondo la quale il prevenuto, non solo per la sua posizione di titolare formale dell’impresa, ma anche per la sua concreta
funzione di collaboratore diretto della persona che gestiva in prima persona l’azienda, era pienamente in condizione di seguirne le operazioni e di essere al corrente delle attività di distrazione
che venivano progressivamente realizzate, fino al totale svuotamento del patrimonio
dell’impresa, con ciò venendo meno alla propria funzione di garante dell’integrità patrimoniale
del soggetto economico per la tutela dei creditori.
Si tratta di corretta interpretazione dei principi formulati al proposito dalla giurisprudenza, secondo cui, mentre per la bancarotta documentale la responsabilità deriva direttamente dalla posizione formale rivestita dal titolare dell’impresa, per quel che riguarda le attività disti-attive è richiesto che venga adeguatamente dimostrato che il titolare formale dell’impresa si possa trovare
nelle condizioni di essere al corrente delle attività disti-attiva dell’effettivo gestore della medesima, dovendoglisi in tal caso far carico del non essersi attivato per adempiere ai propri obblighi di

tutela dell’integrità patrimoniale del soggetto economico.
La Corte di merito si rifa puntualmente a tali principi applicandoli nel caso di specie, mentre il
ricorso rimane sul piano di una generica doglianza al proposito.
Del tutto generica è poi la censura sulla mancata integrazione probatoria, non oggetto peraltro di
apposita doglianza, ma solo di un mero accenno, sia in appello che in questa sede, così che la risposta del giudice d’appello appare in linea con la genericità della prospettazione.
In definitiva il ricorso del TORRES deve essere rigettato, conseguendone la condanna al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 27 novembre 2012.

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