Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6180 del 27/11/2012


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 6180 Anno 2013
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: SAVANI PIERO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) ZHOU KE N. IL 09/02/1964
avverso la sentenza n. 2168/2008 CORTE APPELLO di GENOVA, del
20/10/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 27/11/2012 la rtzione fatta dal
Consigliere Dott. PIERO SA VANI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per
A.

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor

Data Udienza: 27/11/2012

IN FATTO E DIRITTO
Con la sentenza in epigrafe la Corte d’appello di Genova ha confermato la sentenza emessa in data 29 novembre 2007 dal locale Tribunale, appellata da ZHOU KE, dichiarato responsabile dei
delitto di falso in atto pubblico per induzione, contrabbando doganale ed evasione dell’IVA
all’importazione, accertati il 9 dicembre 2005.
Propone ricorso per cassazione l’imputato articolato su due motivi.
Con il primo deduce violazione di legge per esser stata ritenuta una sottrazione di parte della
merce al pagamento dei diritti di confine, mentre si sarebbe trattato di una mera sovrabbondanza
di merce nelle confezioni ricevute dalla Cina, sovrabbondanza derivante dall’inserimento nei
cartoni, da parte del mittente, di merce inviata come omaggio, al di fuori del proprio controllo.
Con il secondo motivo deduce vizio di motivazione per aver, la Corte territoriale, collegato la responsabilità alla riscontrata differenza di contenuto dei cartoni ricevuti, senza porsi il problema
della propria consapevolezza circa la rispondenza del contenuto a quanto apparentemente indicato.
Il ricorso deve essere rigettato.
La giurisprudenza consolidata ritiene che (Sez. III, n. 4032 del 27/11/2002, Rv. 224735) “in materia di reati doganali, tenuto conto delle innumerevoli ed imprevedibili modalità con le quali
può realizzarsi il contrabbando, il legislatore, al fine di non lasciare impunita alcuna forma di tale
illecito, con la previsione di cui all’art. 292 d.P.R. 23 gennaio 1973 n. 43, ha inteso creare una
ipotesi residuale e sussidiaria di reato a forma libera in cui soltanto l’evento è precisato e cioè la
sottrazione di merci al pagamento dei diritti di confine; sicché ad integrare il reato è sufficiente
9ualsiasi condotta idonea a produrre l’evento sopra specificato”.
E quindi realizzato l’illecito anche con l’inserimento in colli, che in ipotesi restino di numero
corrispondente a quello indicato nei documenti di importazione, di merce in quantità superiore a
quella dichiarata, come puntualmente ritenuto al proposito dalla giurisprudenza (Sez. III, n.
26143 del 26/5/2010, Rv. 248056) secondo cui è integrato il delitto di sottrazione di merce al pagamento dei diritti di confine dovuti (art. 292, d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43), dall’indicazione,
“nei documenti doganali che ne certificano il trasporto, di un quantitativo di merce inferiore a
quello, in esubero, accertato in sede di visita fisica da parte del funzionario delegato al controllo.”
Nessun dubbio quindi che i giudici del merito abbiano correttamente qualificato i fatti di rilievo
come illecite sottrazioni al pagamento dei diritti di confine, avvenute mediante volontarie false
rappresentazioni del contenuto dei colli in importazione.
In tema poi di elemento soggettivo del reato osserva il Collegio che consolidata giurisprudenza
(Sez. III, n. 7773 del 25/3/1982, Rv. 154955) ha ritenuto che “qualora l’imputato affermi che la
dichiarazione (non puramente verbale) di valore inferiore al reale per la merce importata trovi
piena giustificazione, ha l’onere di fornire la prova del suo assunto. La legge doganale infatti stabilisce una serie di controlli, rivolti ad evitare che la merce venga sottratta al pagamento dei diritti di confine, ed impone a colui che importa la merce di sottoporla nella sua interezza quantitativa e nel suo valore effettivo al pagamento del tributo. Dichiarare un valore inferiore al reale della
merce, senza nel conte/Tipo fornire una adeguata e convincente documentazione dimostrativa del
valore stesso, non può che realizzare una forma di sottrazione della merce al pagamento dei diritti di confine”.
Le sentenze di giudici del merito chiariscono compiutamente, e con motivazione esente da vizi di
logica consequenzialità, come, a parte la mera affermazione del prevenuto circa la propria buona
fede nella redazione della dichiarazione doganale, non fosse stata fornita alcuna prova di quanto
sostenuto, tale da rendere evidente che costui non fosse al corrente della differenza, di assoluto
rilievo numerico, del contenuto dei colli importati dalla Cina, in rapporto al dichiarato.
Né è consentito in questa sede rivalutare gli estremi fattuali dell’imputazione, esaminati compiutamente e logicamente dal giudice di merito.
In definitiva, le questioni poste dal ricorrente sono infondate in diritto, secondo quanto sopra rilevato sullo stato della giurisprudenza al proposito, ed in fatto, poiché le sentenze dei giudici del

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merito ben chiariscono come sia privo di fondamento il riferimento ai regali del fornitore e quello alla assenta buona fede dello ZHOU.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 27 novembre 2012.

Arl•~P Mr.

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