Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6180 del 10/11/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 6180 Anno 2016
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: ZAZA CARLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Zannboni Alberto, nato a Roma il 10/03/1984

avverso la sentenza del 24/10/2013 della Corte d’Appello di Roma

visti g li atti, il provvedimento impu g nato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consi g liere Carlo Zaza;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore g enerale Felicetta
Marinelli, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso ;
udito per la parte civile l’avv. Ser g io Oliosi, che ha concluso per l’inammissibilità
del ricorso, depositando nota spese;
udito per l’imputato l’avv. Marcello Melandri, che ha concluso per l’acco g limento
del ricorso;

Data Udienza: 10/11/2015

RITENUTO IN FATTO

Con la sentenza impugnata, in parziale riforma della sentenza del Tribunale
di Roma del 14/10/2011, veniva confermata l’affermazione di responsabilità di
Alberto Zamboni per il reato di cui all’art. 582 cod. pen., commesso in Roma il
27/01/2006 in danno di Alessandro Reale. La sentenza di primo grado era
riformata con l’esclusione dell’aggravante di cui all’art. 577 cod. pen., il
riconoscimento di attenuanti generiche equivalenti alla residua aggravante di cui

confermandosi la condanna dell’imputato al risarcimento dei danni in favore della
parte civile.
L’imputato ricorrente deduce:
1.

violazione di legge e vizio motivazionale sull’affermazione di

responsabilità; le dichiarazioni della persona offesa sarebbero state
immotivatamente ritenute sufficienti per la condanna, omettendo di valutarne
l’interesse processuale derivante dalla costituzione di parte civile; dette
dichiarazioni sarebbero prive di riscontri, tale non essendo la cartella clinica,
dimostrativa dell’esistenza e dell’entità delle lesioni e non della loro origine, e
peraltro nella specie non coincidente con le dichiarazioni stesse, essendovi
documentata una sola ferita da taglio invece delle due descritte del Reale;
2. violazione di legge sull’omessa declaratoria di estinzione del reato per
prescrizione maturata precedentemente al giudizio di appello; la ritenuta
sospensione del relativo termine per l’intera durata del rinvio del dibattimento di
primo grado, per adesione dei difensori ad un’astensione indetta dalle Camere
Penali, dal 6 maggio al 14 ottobre del 2011, e non per la durata di sessanta
giorni prevista per il legittimo impedimento del difensore e decorrente dalla
cessazione dello stesso, sarebbe in contrasto con il riconoscimento della
rilevanza costituzionale dell’esercizio del diritto di astensione, peraltro
disciplinato dal codice di autoregolamentazione; la soluzione adottata
contrasterebbe altresì con il principio costituzionale di ragionevole durata del
.processo e con l’intento legislativo, proprio della riforma del regime della
prescrizione, di limitare la discrezionalità del giudice in materia; anche a non
voler considerare l’astensione quale legittimo impedimento del difensore, infine,
dovrebbe trovare comunque applicazione la previsione di cui all’art. 159, comma
terzo, cod. pen., per la quale il termine prescrizionale riprende a decorrere dalla
cessazione della causa della sospensione, altrimenti verificandosi ulteriore
violazione del principio di ragionevole durata.

2

all’art. 585 cod. pen. e la rideterminazione della pena in mesi sei di reclusione,

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I motivi dedotti sull’affermazione di responsabilità dell’imputato sono
inammissibili.
Il ricorso è generico nelle censura di mancata valutazione dell’attendibilità
intrinseca delle dichiarazioni della persona offesa, viceversa verificata nella
sentenza impugnata con riguardo al carattere circostanziato del racconto del
Reale ed alla mancanza di ragioni di astio dello stesso con l’imputato, che

merito, non consentite in questa sede, sull’efficacia probatoria della
documentazione medica sulle lesioni, omettendo peraltro di considerane la
natura di riscontro alle dichiarazioni della persona offesa, che giustifica la
significatività in tal senso attribuita all’accertamento dell’oggettività delle lesioni
a prescindere dall’eziologia delle stesse, e di esaminare le osservazioni della
Corte d’Appello sull’irrilevanza del mancato rilevamento della ferita da taglio
all’anca riferita dalla persona offesa, peraltro non contestata nell’imputazione.

2. Anche i motivi dedotti sull’omessa declaratoria di estinzione del reato per
prescrizione maturata precedentemente al giudizio di appello sono inammissibili.
Le considerazioni del ricorrente, a sostegno dell’asserita necessità di
quantificare a questi fini la sospensione del termine prescrizionale, a seguito del
rinvio del dibattimento per adesione dei difensori ad un’astensione dalle udienze
indetta dalla Camere penali, nei soli sessanta giorni previsti per il legittimo
impedimento del difensore e non per l’intera durata del rinvio, sono
manifestamente infondate a fronte dei principi costantemente affermati dalla
Corte di Cassazione, per i quali l’adesione all’astensione collettiva dalle udienze,
pur se tutelata dall’ordinamento mediante il riconoscimento del diritto al rinvio,
non dà luogo ad un’assoluta impossibilità di esercitare l’attività difensiva e non
costituisce pertanto un impedimento in senso tecnico; non ricorrendo pertanto
nel caso in esame i presupposti per la determinazione del tempo massimo di
sospensione nei sessanta giorni dalla cessazione dell’impedimento, previsti
dall’art. 159, comma primo, n. 3 cod. pen. laddove un impedimento sia per
l’appunto ravvisabile, ma dovendosi invece commisurare la durata della
sospensione al tempo necessario per gli adempimenti tecnici imprescindibili al
fine di garantire il recupero dell’ordinario svolgimento del processo, valutato dal
giudice, nel caso del rinvio richiesto dall’imputato o dal suo difensore per ragioni
diverse dall’impedimento, con la fissazione dell’udienza alla quale si ritiene
possibile la prosecuzione dell’attività processuale anche in considerazione delle
esigenze organizzative dell’ufficio giudiziario (Sez. 3, n. 11671 del 24/02/2015,
3

neppure il Reale conosceva prima dei fatti. Il ricorrente propone poi rilievi di

Spignoli, Rv. 263052; Sez. 4, n. 10621 del 29/01/2013, M., Rv. 256067; Sez. 1,
n. 25714 del 17/06/2008, Arena, Rv. 240460; Sez. 5, n. 33335 del 23/04/2008,
Inserra, Rv. 241387; Sez. 2, n. 20574 del 12/02/2008, Rosano, Rv. 239890).
Quest’ultimo rilievo evidenzia come non sia pertinente il richiamo del ricorrente
alla previsione del terzo comma del citato art. 159, per la quale la prescrizione
riprende comunque il suo corso dal giorno in cui è cessata la causa della
sospensione; giorno individuabile, nella specie, in quello nel quale le descritte
esigenze organizzative consentono la ripresa del processo, e non in quello

Manifestamente infondato è altresì il riferimento al principio costituzionale di
ragionevole durata del processo, non violato nel momento in cui la
determinazione della durata della sospensione è fondata sulla scelta legislativa di
un equilibrato contemperamento normativo fra la concreta natura delle facoltà
riconosciute al difensore e le necessità di organizzazione del lavoro giudiziario.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali, di una somma in favore della
Cassa delle Ammende che, valutata l’entità della vicenda processuale, appare
equo determinare in C 1.000, e delle spese sostenute nel grado dalla parte civile,
che avuto riguardo alla dimensione dell’impegno processuale si liquidano in C
2.000 oltre accessori di legge.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende, nonché al rimborso delle spese sostenute nel grado dalla parte civile,
che liquida in C 2.000 oltre accessori di legge.
Così deciso il 10/11/2015

immediatamente successivo al termine del’astensione dalle udienze.

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