Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6179 del 10/11/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 6179 Anno 2016
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: ZAZA CARLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Riccioni Filippo, nato a Roma il 17/09/1965

avverso la sentenza del 26/02/2014 della Corte d’Appello di Bologna

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Carlo Zaza;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Felicetta
Marinelli, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
udito per la parte civile l’avv. Stelvio Del Frate in sostituzione dell’avv. Vincenzo
Sinopoli, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

Con la sentenza impugnata veniva confermata la sentenza del Tribunale di
Rimini del 15/07/2011, con la quale Filippo Riccioni era ritenuto responsabile del
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Data Udienza: 10/11/2015

reato continuato di cui agli artt. 582 e 610 cod. pen., commesso il 08/04/2007 in
danno di Rosalisa Riverso impedendole con violenza di rientrare, dopo esserne
momentaneamente uscita, nello stabilimento balneare Bagno Bono di Misano
Adriatico, presso il quale era in corso una serata danzante ed ove il Riccioni
prestava servizio quale buttafuori, e cagionandole lesioni; e condannato alla
pena di anni due di reclusione, oltre al risarcimento dei danni in favore della
parte civile.
L’imputato ricorrente deduce violazione di legge e vizio motivazionale

sarebbe complessivamente contraddittoria nell’asserita condivisione della
struttura argomentativa delle decisione di primo grado, laddove la deposizione
del teste Strollo, posta a fondamento di quest’ultima, sarebbe stata invece
marginalizzata, attribuendo di contro rilevanza decisiva a dichiarazioni
testimoniali non valorizzate dal Tribunale; illogicità sarebbero rilevabili nella
valutazione delle dichiarazioni dei testi dell’accusa e della difesa; in particolare la
distanza temporale dai fatti sarebbe stata richiamata a giustificazione delle
divergenze emerse nelle testimonianze d’accusa e non di quelle delle
dichiarazioni testimoniali a difesa, le cui concordanze sarebbero state invece
considerate come sintomatiche di inattendibilità proprio in quanto persistenti nel
tempo; dichiarazioni testimoniali sarebbero state ritenute attendibili in parti
utilizzate a sostegno dell’accusa e non credibili in passaggi favorevoli alla difesa;
la tesi difensiva del giustificato impedimento opposto al rientro della persona
offesa nel locale, per ragioni di sicurezza legate all’eccessivo numero di avventori
presenti all’interno, sarebbe stata erroneamente ritenuta tardivamente
rappresentata con l’atto di appello, laddove la stessa costituiva lo sviluppo di dati
informativi introdotti in primo grado dalla deposizione del citato teste Strollo; la
prova della condotta di lesioni, in presenza di differenti versioni testimoniali e di
una sostanziale incertezza sulla causazione delle stesse, sarebbe stata ritenuta
sulla base dell’oggettiva esistenza dell’evento lesivo, omettendo di valutare la

sull’affermazione di responsabilità; la motivazione della sentenza impugnata

diversità delle implicazioni, anche ai fini delle conseguenze in tema di
determinazione del trattamento sanzionatorio, derivanti dall’adesione all’una o
all’altra delle ricostruzioni.

CONSIDERATO IN DIRITTO
P
[

Il ricorso è inammissibile.
Le censure del ricorrente sono in primo luogo generiche nel momento in cui
non deducono alcuna ragione di inattendibilità delle dichiarazioni della persona
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offesa, che costituiscono la componente centrale dell’impianto probatorio posta
alla base della motivazione della sentenza impugnata e sono tali, in linea
generale, da integrare di per sé prova dell’ipotesi accusatoria anche in assenza di
elementi di riscontro (Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012, Bell’Arte, Rv. 25321;
Sez. 5, n. 1666 del 08/07/2014, Pirajno, Rv. 261730; Sez. 1, n. 29372 del
24/06/2010, Stefanini, Rv. 248016; Sez. 6, n. 33162 del 03/06/2004, Patella,
Rv. 229755). Essendo peraltro tali elementi individuati dalla Corte territoriale
nelle dichiarazioni dei testi d’accusa Ponzoni, Merangolo, Porto e Carlucci,

neppure su tali risultanze il ricorso propone doglianze specifiche, limitandosi
all’irrilevante considerazione della maggiore significatività attribuita nella
sentenza impugnata a tali dichiarazioni rispetto a quelle del teste Strollo
richiamate nella sentenza di primo grado, e peraltro particolarmente valorizzate
dalla Corte d’Appello sotto il profilo dell’attribuibilità delle lesioni alla condotta
dell’imputato. Sono poi oggetto di mere valutazioni di merito, non proponibili in
questa sede, le argomentazioni del ricorrente sui riferimenti della sentenza
impugnata al tempo trascorso ai fini della giustificazione delle divergenze fra le
menzionate dichiarazioni testimoniali, ed alla precisa concordanza ai fini del
giudizio di inattendibilità delle dichiarazioni degli altri testi a difesa, nelle quali si
evidenziava il dato sospetto dell’uso delle stessa terminologia per descrivere le
medesime situazioni di fatto; mentre sono generiche le doglianze di erroneità
dell’asserita tardività della tesi difensiva sulle ragioni di sicurezza che avrebbero
determinato il comportamento dell’imputato, tesi disattesa dai giudici di merito
in base alle ulteriori considerazioni della mancanza di riscontri a detta tesi e del
contrasto della stessa con l’affermazione dell’imputato di non aver impedito il
reingresso alla parte offesa e con l’origine della discussione con quest’ultima,
secondo quanto riferito dalla Riverso, nelle proteste della donna per il divieto
opposto al rientro del di lei amico Porto, costretto ad uscire dal locale nonostante
avesse denunciato di essere stato vittima di un furto. Manifestamente infondata
è infine la censura di mancata valutazione della diversità dei contenuti
testimoniali sulla dinamica della condotta lesiva, laddove nella sentenza
impugnata si osservava correttamente che le lesioni constatate erano comunque
compatibili con il pestaggio descritto dalla persona offesa e dai testi Carlucci e
Strollo, e come fosse irrilevante che la causazione dell’evento fosse riconducibile
al pugno descritto dal Carlucci o alla spinta riferita dallo Strollo.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali, di una somma in favore della
Cassa delle Ammende che, valutata l’entità della vicenda processuale, appare
equo determinare in € 1.000, e delle spese sostenute nel grado dalla parte civile,
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quest’ultimo del tutto indifferente alla vicenda, e anche del teste a difesa Gori,

che avuto riguardo alla dimensione dell’impegno processuale si liquidano in C
2.500 oltre accessori di legge.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende, nonché al rimborso delle spese sostenute nel grado dalla parte civile,
che liquida in C 2.500 oltre accessori di legge.
Così deciso il 10/11/2015

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