Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6177 del 14/11/2012


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 6177 Anno 2013
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: LAPALORCIA GRAZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) DESTRI MAURIZIO N. IL 31/10/1952
avverso la sentenza n. 601/2010 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
16/06/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 14/11/2012 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GRAZIA LAPALORCIA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. er,X0 L-PEche ha concluso per J’
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Udito, per la parte civile, l’Avv g,
Udit i difensor Avv.

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LL IV )

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&W- E, P. 91 E
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Data Udienza: 14/11/2012

RITENUTO IN FATTO

1.Maurizio DESTRI, tramite il difensore, ricorre avverso la sentenza 16-6-2011 con la quale la
Corte di Appello di Firenze ne aveva confermato l’affermazione di responsabilità per minaccia
mediante uso di arma impropria (coltelli da cucina) nei confronti di Marco Daole.
2.11 fatto si inserisce nell’ambito dei cattivi rapporti di vicinato tra le due famiglie ed era
determinato dalla circostanza che il Daole aveva iniziato a piantare dei pali di recinzione nel

condivisa dai giudici di merito, Destri era uscito dall’abitazione brandendo dapprima due
utensili da cucina (due coltelli oppure un coltello ed un forchettone) ed invitando il vicino a
difendersi, poi prendendo una vanga e minacciando di `troncarlo a metà’, infine minacciandolo
di andare a prendere la rivoltella e di sparargli.
3.La conferma della sentenza di primo grado era basata sulle dichiarazioni della p.o. e della
moglie, ritenute concordi e coerenti e non smentite da quelle dei congiunti dell’imputato, la
moglie (la quale aveva ammesso che il marito era uscito armato di forchettone e coltello, pur
aggiungendo che li aveva posati su un muretto), la nuora ed il figlio, i quali avevano assistito
al fatto dall’interno dell’abitazione, avevano riferito circostanze non del tutto convergenti circa i
movimenti del prevenuto e non erano stati in grado di precisato il tenore delle frasi scambiate
tra i due protagonisti.
4.11 ricorrente deduce, con unico motivo di gravame, mancanza, illogicità e contraddittorietà
della motivazione, in quanto era stata omessa l’indicazione delle ragioni per le quali la versione
dei testi a difesa non era in grado di superare quella accusatoria, era stato utilizzato un
principio di valutazione della prova affetto da manifesta illogicità (e cioè che la p.o. e la moglie
erano credibili non potendo ritenersi che il primo avesse mosso accuse calunniose e la seconda
avesse reso falsa testimonianza), vi era contraddizione tra l’affermazione che i familiari
dell’imputato non erano stati presenti al fatto e l’assunto che vi avevano assistito dall’interno
dell’abitazione.
5.La richiesta era quindi di annullamento della sentenza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è inammissibile.
1. La censura espressa dal ricorrente, benché prospettata come vizio della motivazione, si
sviluppa in realtà nell’orbita delle censure di merito; a fronte della ricostruzione e della
valutazione del giudice a quo, il ricorrente non offre la compiuta rappresentazione e
dimostrazione di alcuna evidenza, trascurata o infedelmente rappresentata dal
giudicante, di per sé dotata di univoca, oggettiva ed immediata valenza esplicativa, tale
cioè da disarticolare, a prescindere da ogni soggettiva valutazione, l’iter argomentativo
della decisione impugnata, per l’intrinseca incompatibilità degli enunciati. Egli infatti si
2

suo giardino in aderenza al confine tra le due proprietà. Secondo l’impostazione accusatoria

limita a contrapporre la propria valutazione e la propria ricostruzione dei fatti di causa e
del merito del giudizio (e cioè di essersi accostato al vicino senza impugnare alcunché)
a quelle fatte proprie dal giudice di merito, al quale soltanto incombe tale compito -non
potendo assolverlo il giudice di legittimità sulla base della lettura necessariamente
parziale suggerita dal ricorrente-, che le ha nella specie congruamente giustificate con
riferimento al plausibile significato delle prove legittimamente acquisite.
2. Invero, contrariamente all’assunto del Destri, la sentenza risulta aver motivato con
sulle dichiarazioni della p.o. e della moglie di questi, rispetto a quella dei testi a difesa,
valorizzando la circostanza che costoro, oltre ad aver percepito gli accadimenti
dall’interno dell’abitazione, avevano riferito circostanze non del tutto convergenti circa i
movimenti del prevenuto né erano stati in grado di precisare il tenore delle frasi
scambiate tra i due protagonisti dell’alterco.
3. Né è corretto che il giudizio di attendibilità del Daole e della moglie sia frutto di un
criterio di valutazione della prova affetto da manifesta illogicità, dal momento che il
rilievo della corte fiorentina circa l’inverosimiglianza di un’accusa calunniosa da parte
del primo e della falsa testimonianza della seconda, non costituisce né l’unico né il
principale elemento a sostegno di tale giudizio, solidamente ancorato all’intrinseca
coerenza della ricostruzione e al criterio di comune esperienza secondo cui, essendo
inconfutabile che l’alterco c’era stato, era pure plausibile, essendo anche certo che
Destri era uscito dall’abitazione armato di utensili per litigare con il vicino -la cui
condotta era ritenuta lesiva del suo diritto di proprietà-, che l’imputato, contrariamente
a quanto sostenuto dalla moglie, rimasta peraltro nell’abitazione, non si fosse fermato
per posare quegli oggetti (poco conta se due coltelli da cucina o un coltello ed un
forchettone) prima di affrontare il vicino, essendo tra l’altro le parole da lui pronunciate
pienamente coerenti con il fatto di impugnare quegli utensili.
4. Nessuna contraddizione è del resto ravvisabile tra l’affermazione della corte territoriale
che i familiari dell’imputato non erano stati presenti al fatto e l’assunto che vi avevano
assistito dall’interno dell’abitazione, in quanto percepire un evento dall’interno di una
casa significa per l’appunto non presenziarvi.
5. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso seguono le statuizioni di cui all’art. 616
cod. proc. pen., determinandosi in C 1000, in ragione della natura delle doglianze, la
somma da corrispondere alla cassa ammende. Segue altresì la condanna alla rifusione
delle spese di parte civile, spese che si liquidano, in base ai nuovi criteri per la
liquidazione dei compensi ai professionisti dettati con il decreto ministeriale del 20 luglio
2012 n. 140, entrato in vigore il giorno successivo, in complessivi C 2.260, oltre
accessori secondo legge.
P. Q. M.
3

argomenti immuni da vizi logici il privilegio accordato alla versione accusatoria, fondata

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di C 1000 in favore delle Cassa delle Ammende, nonché al pagamento delle
spese sostenute dalla parte civile per questo giudizio di cessazione e liquidate in C 2.260,00,
oltre accessori come per legge.
Roma 14-11-2012

Il Presidente

Il consigliere est.

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