Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6177 del 06/11/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 6177 Anno 2016
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: SETTEMBRE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GRANDE BRUNO N. IL 10/02/1948
avverso la sentenza n. 74/2010 TRIBUNALE di SONDRIO, del
22/10/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 06/11/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANTONIO SETTEMBRE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 06/11/2015

- Udito il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione,
dr. Enrico Delehaye, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Giudice di pace di Morbegno, con sentenza confermata dal Tribunale di
Sondrio, ha ritenuto Grande Bruno responsabile di ingiuria in danno di Mainini
Enza e lo ha condannato a pena di giustizia, oltre al risarcimento dei danni in

Il Grande aveva inviato all’avv. Mainini una lettera in cui lo accusava di “averlo
venduto”, di aver “complottato” contro di lui e di nutrire sentimenti di razzismo
nei suoi confronti.

2. Ha presentato personalmente ricorso per Cassazione l’imputato deducendo
l’intervenuta abolizione dell’art. 594 cod. pen. ad opera della legge 28/04/2014,
n. 67, e l’errore del giudice consistito nel non aver ritenuto sussistente la
scriminante della provocazione, quantomeno a livello putativo, di cui
sussisterebbero, a suo giudizio, i presupposti, per non essere stato
correttamente difeso dal legale e perché le sue querele erano state consegnate
al legale di controparte senza il suo consenso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è manifestamente infondato. L’art. 594 cod. pen. non è stato
abrogato dalla legge 67/2014 per l’ovvia ragione che si tratta di una legge
delega, a cui non sono (ancora) seguiti i decreti attuativi.
Il carattere ingiurioso delle espressioni rivolte al legale è insito nelle accuse
a lui mosse, che sono – secondo il comune sentire – chiaramente offensive
dell’onore e del decoro del destinatario, perché rimandano ad un professionista
gravemente negligente e, peggio ancora, traditore della fiducia in lui riposta,
oltre che capace di discriminare gli uomini in base alla “razza”. Ad esse manca
all’evidenza il carattere della continenza, che le avrebbe rese – se rispondenti al
vero – espressione di critica legittima.
Solo assertiva e generica è l’invocazione della provocazione, posto che la
spiegazione fornita in ricorso (non essere stato adeguatamente difeso dal proprio
legale e l’avere, quest’ultimo, consegnato le sue querele al legale di controparte
senza il suo consenso) è completamente disancorata dalla risultanze processuali,
per quanto apprezzabili dall’atto impugnato, non contestato sul punto. E ciò a
prescindere dal fatto che le querele, una volta presentate, entrano a far parte del
fascicolo processuale, per cui sono direttamente estrapolabili dallo stesso da

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favore della persona offesa, costituitasi parte civile.

qualunque parte processuale. La consegna delle stesse al legale di controparte da parte dell’avv. Mainini – non avrebbe comunque rappresentato, pertanto, un
atto di scorrettezza, ma, semmai, di cortesia professionale, che – essendo privo
di carica negativa nei confronti della parte rappresentata – non avrebbe assunto
alcun rilievo sotto il profilo della lealtà professionale.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara
inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere
condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché — ravvisandosi

a favore della cassa delle ammende della somma di mille euro, così
equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000 a favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 6/11/2015

profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento

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