Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6176 del 06/11/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 6176 Anno 2016
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: BRUNO PAOLO ANTONIO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da

RUSSO Sabatino, nato a Napoli il 28/09/1976

avverso la sentenza della Corte d’appello di Cagliari del 2 febbraio 2015;
letti gli atti, il ricorso e la sentenza impugnata;
letta la memoria difensiva contenente motivi nuovi;
sentita la relazione del consigliere Paolo Antonio Bruno;
udite le conclusioni del Procuratore Generale in persona del Sostituto Enrico
Delehaye, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
sentito, altresì, l’avv. Gian Mario Sechi, che, anche in sostituzione dell’avv. Patrizio
Rovelli, in difesa dell’imputato, ha chiesto l’annullamento della sentenza impugnata.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Cagliari confermava
la sentenza del 27 febbraio 2012 con la quale il Gip del Tribunale di quella stessa
città, pronunciando con le forme del rito abbreviato, aveva dichiarato Sabatino
Russo colpevole del reato di cui all’art. 615 ter comma 2, cod. pen. perché – nella

Data Udienza: 06/11/2015

qualità del sottufficiale dell’Arma dei Carabinieri, in servizio quale maresciallo
ordinario, presso la Compagnia dei Carabinieri di Tonara, come comandante
dellmAliquota radiomobile” del “Nucleo operativo” – si introduceva nel sistema
informatico protetto (contenente la banca dati denominata “AG web Vodafone”) di
proprietà della Vodafone S.p.A. per finalità diverse da quelle di polizia giudiziaria in
funzione delle quali erano state fornite le “chiavi” di accesso al predetto sistema, e
quindi abusivamente, eseguendo ricerche su dati personali

delle persone

specificamente indicate; e, con la concessione delle attenuanti generiche

alla pena di mesi sei di reclusione.
Avverso l’anzidetta pronuncia il difensore dell’imputato, avv. Patrizio Rovelli, ha
proposto ricorso per cassazione, affidato alle ragioni di censura di seguito indicate.
Con il primo motivo si denuncia violazione ed erronea applicazione dell’art.
615-ter comma 2, cod pen. nonché mancanza, contraddittorietà e manifesta
illogicità della motivazione. Si contesta, in particolare, la ritenuta sussistenza dei
presupposti oggettivi del reato di contestazione.
Con il secondo motivo si deducono identici vizi di legittimità con riferimento alla
ritenuta sussistenza dell’elemento psicologico, che avrebbe ben potuto essere
escluso in ragione dell’errore su fatto rilevante, ai sensi dell’art. 47 cod. pen. Si
lamenta, in particolare, il giudice di appello non abbia motivato sull’eccezione
difensiva secondo cui, al più, il fatto avrebbe dovuto essere ricondotto nell’alveo
della fattispecie di cui al primo comma dell’art. 615-ter cod. pen., procedibile a
querela di parte, in quanto “la norma in commento non può identificarsi nella
condotta posta in essere dal pubblico ufficiale sic et simpliciter”.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.

Va, preliminarmente, disattesa la richiesta del ricorrente, espressa nei

“motivi nuovi”, indicati in epigrafe, ai fini dell’esclusione della punibilità per
particolare tenuità del fatto, ai sensi del nuovo art. 131 bis cod. pen.
Al riguardo, non è revocabile in dubbio che la nuova disposizione possa trovare
applicazione nei procedimenti pendenti, stante i suoi materiali riflessi sul piano
sostanziale dell’esclusione della punibilità del fatto, ai sensi dell’art. 2 cod. peri., e
dunque anche in cassazione, trattandosi peraltro di questione, che,

ratione

temporis, non avrebbe potuto essere dedotta in grado di appello e che, dunque, è
deducibile in cassazione, a mente dell’art. 609, comma 2, cod. proc. pen. (Sez. 3,
n. 15449 del 08/04/2015, Mazzarotto, RV 263308, secondo cui l’esclusione della
punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis cod. pen., ha natura
sostanziale ed è applicabile ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore
del d.lgs. 16 marzo 2015, n. 28, ivi compresi quelli pendenti in sede di legittimità,

2

equivalenti alla contestata aggravante e con i benefici di legge, l’aveva condannato

nei quali la Suprema Corte può rilevare di ufficio ex art. 609, comma secondo, cod.
proc. pen. la sussistenza delle condizioni di applicabilità del predetto istituto,
fondandosi su quanto emerge dalle risultanze processuali e dalla motivazione della
decisione impugnata e, in caso di valutazione positiva, deve annullare la sentenza
con rinvio al giudice di merito).
Nel caso di specie, non risultano ex actis i presupposti per l’applicabilità della
speciale causa di non punibilità, avuto riguardo alla peculiarità della fattispecie ed

2. Tanto premesso, si osserva, ora, che il primo motivo è destituito di
fondamento.
Ed invero, correttamente i giudici di merito hanno ravvisato nella fattispecie in
esame gli estremi del reato in contestazione. In particolare, hanno accertato che
l’odierno ricorrente aveva effettuato ripetuti accessi nel sistema informatico, cui era
abilitato, ma per ragioni diverse dalle esigenze di polizia giudiziaria per le quali
l’autorizzazione era stata concessa dal gestore dell’impianto.
Il riconoscimento è in linea con indiscusso insegnamento giurisprudenziale di
questa Corte di legittimità, nella sua più autorevole espressione a Sezioni Unite
(Sez. U, n. 4694 del 27/10/2011, dep. 2012, Rv. 251269, secondo cui integra il
delitto previsto dall’art. 615 ter cod. pen. colui che, pur essendo abilitato, acceda o
si mantenga in un sistema informatico o telematico protetto violando le condizioni
ed i limiti risultanti dal complesso delle prescrizioni impartite dal titolare del sistema
per delimitarne oggettivamente l’accesso, rimanendo invece irrilevanti, ai fini della
sussistenza del reato, gli scopi e le finalità che abbiano soggettivamente motivato
l’ingresso nel sistema).
La seconda censura lambisce l’area dell’inammissibilità, riproponendo
questioni già agitate in sede di gravame, in ordine alle quali la risposta
motivazionale del giudice a quo è indubbiamente corretta.
In particolare, con apprezzamento di merito insindacabile in questa sede,
siccome adeguatamente motivato, la Corte distrettuale ha chiaramente escluso ogni
possibilità di ravvisare, nel caso di specie, gli estremi dell’errore di fatto sulle
prescrizioni del titolare del sistema informatico, sul rilievo che si trattava, piuttosto,
di inescusabile errore sulle regole che governano l’uso del sistema informatico.
Quanto al secondo profilo, giustamente è stata ribadita la sussistenza della
circostanza aggravante, stante il collegamento funzionale tra la qualità
dell’operatore e l’accesso abusivo, reso possibile proprio dalla disponibilità delle
chiavi di legittimazione all’utilizzo, concesse all’imputato proprio in ragione della
sua qualità .

3

alla reiterazione della condotta illecita.

3. Per quanto precede, il ricorso deve essere rigettato, con le consequenziali
statuizioni espresse in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso il 06/11/2015

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