Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6174 del 06/11/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 6174 Anno 2016
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: BRUNO PAOLO ANTONIO

SENTENZA
Sui ricorsi proposti da

CIARLANTE Matilde, nata a Roma il 05/01/1953
SERINO Aniello, nato a Sarno il 24/07/1945
GAMBARDELLA Michele, nato a Nocera Inferiore il 26/07/1941
VORRARO Carmine, nato a Poggiomarino il 16/03/1959

avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli del 18 settembre 2014

letti gli atti, i ricorsi e la sentenza impugnata;
letta la memoria difensiva depositata il 21.10.2015, contenente motivi nuovi in
favore di Matilde Ciarlante;
sentita la relazione del consigliere Paolo Antonio Bruno;
udite le conclusioni del Procuratore Generale in persona del Sostituto Enrico
Delehaye, che ha chiesto il rigetto dei ricorsi;
sentito, inoltre, l’avv. Antonio Abet, difensore di Matilde Ciarlante, che si è riportato
al ricorso, eccependo la prescrizione;
sentito, infine, l’avv. Pasquale Morra, difensore di Carmine Vorraro, che ha chiesto
l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.

Data Udienza: 06/11/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Napoli confermava
la sentenza del 18 maggio 2007 con la quale il Tribunale di Torre Annunziata aveva
dichiarato Michele Gambardella, Aniello Serino, Carmine Voccaro e Matilde Ciarlante
colpevoli del reato di cui all’art. 416 cod. pen. (fino alla data del 28.9.19829) e 416
bis cod. pen. pluriaggravato per avere, con più azioni esecutive di un medesimo

autonomamente – di un’associazione per delinquere di tipo mafioso denominata
“clan Galasso” – promossa, diretta ed organizzata da Pasquale Galasso – operante
prevalentemente nella provincia di Salerno ma con interessi e reinvestimenti
nell’intero territorio nazionale ed all’estero, in stretto collegamento con il gruppo
camorristico facente capo a Carmine Alfieri – operante prevalentemente nelle
province di Napoli e Caserta – che si avvale della conseguente forza di intimidazione
del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento ed omertà, creata
anche con gravi reati contro la persona per commettere delitti contro il patrimonio,
con particolare riferimento al recupero crediti coatto ed all’usura
imprenditorialmente organizzata, anche con la gestione di società finanziarie;
all’estorsione in danno di operatori commerciali e grossi imprenditori, infine
“fagocitati” dall’organizzazione ed abbandonati al fallimento; con il Ci//ari e la
Ciarlante prevalentemente dediti al ruolo di intermediari nell’avvicinamento e
corruzione dei magistrati delegati alla trattazione di procedimenti e procedure nei
confronti dei Ga/asso e loro più fidati associati, per acquisire in modo diretto od
indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche – con particolare
riferimento all’attività finanziaria ed immobiliare, a quella conserviera, quella di
movimento terra, cave, produzione del calcestruzzo e costruzioni edilizie ed a quelle
del reinvestimento in attività turistico-alberghiere, di concessioni, di autorizzazioni,
di appalti – quali quelli di grosse opere pubbliche con completa gestione delle opere
subappaltate – ed i servizi pubblici, quale quello creditizio bancario;
per fornire rifugio e/o assistenza ad associati latitanti ovvero detenuti nonché
provvidenze ai loro familiari;
per realizzare profitti ingiusti per sé o per altri, il tutto anche condizionando le scelte
di pubbliche amministrazioni (Comuni, Ferrovie dello Stato eccetera) ed i
responsabili dei pubblici servizi o determinandone la loro connivenza o complicità
con attentati, corruzioni ovvero infiltrazione di adepti;
con le ulteriori aggravanti dell’associazione armata, avendo i componenti la
disponibilità di armi, materie esplodenti; del finanziamento delle varie attività
economiche direttamente ed indirettamente gestite con il profitto di vari delitti
perpetrati, nonché – limitatamente a Pasquale Lorcio e, in alcuni periodi, a Pasquale

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disegno criminoso, fatto parte – unitamente a Nocera e ad altri per i quali si procede

Galasso e Giuliano Rosamo – di quella di cui all’art. 61 n. 6 cod. pen. per avere
commesso il fatto in stato di latitanza.

2. Avverso l’anzidetta pronuncia il difensore di Carmine Vorraro, avv. Paquale
Morra, il difensore di Matilde Ciarlante, avv. Antonio Abet, il difensore di Aniello
Serino, avv. Nicola Naponiello ed il difensore di Michele Gambardella, avv. Rodolfo
Viserta hanno proposto distinti ricorsi per cassazione, ciascuno affidato alle ragioni
di censura di seguito indicate.

contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione nonché erronea
applicazione della legge penale, ai sensi dell’art. 606 lett. b) ed e) cod. proc. pen.
In particolare, si deduce che il giudice di appello aveva erroneamente ritenuto
generiche le deduzioni difensive espresse nell’atto di gravame e nella prodotta
memoria difensiva, eludendo l’obbligo della motivazione. Aveva, ingiustamente,
ritenuto prova di partecipazione associativa quanto dichiarato da Pasquale Galasso
in ordine alla disponibilità dell’odierno ricorrente a fornire una collaborazione per
l’attentato omicidiario di Franco Capozzoli e di un suo amico. Si sarebbe trattato,
però, di un solo episodio di non decisiva rilevanza ai fini del contestato reato
associativo, alla luce della statuizione di SU Demitry. Ed anche per quanto riguarda
la presunta collaborazione alle operazioni finanziarie, del tutto generiche erano le
dichiarazioni del collaborante Palmieri Raffaele, che si era limitato ad affermare che
l’odierno ricorrente era persona di fiducia di Martino e Pasquale Galasso “dal punto
di vista finanziario”.
Con unico motivo d’impugnazione il difensore di Matilde Ciarlante denuncia
violazione di legge ed erronea applicazione degli artt. 12 cod. proc. pen. e 416 bis,
comma 2, cod. pen., in ordine alla valutazione delle dichiarazioni dei collaboratori di
giustizia, la cui attendibilità era stata apoditticamente ritenuta nonostante le
puntuali contestazioni contenute nell’atto di appello. Denuncia, altresì, mancanza
assoluta di motivazione in ordine alla produzione difensiva riguardante due
sentenze passate in giudicato depositate con i motivi aggiunti.
Si deduce, peraltro, la genericità ed inconferenza delle dichiarazioni del Galasso
che avevano attribuito all’odierna ricorrente la partecipazione consapevole alle
riunioni criminali nelle quali era stato pianificato l’omicidio Casillo, senza
considerare che tale fatto omicidiario risaliva al 1983, mentre il delitto associativo,
contestato in rubrica, iniziava dall’anno 1984. Erronea era, poi, la valutazione del
giudice di appello in ordine alle altre dichiarazioni del collaboratore di giustizia, così
come erronea era l’apprezzamento del collaborante Carmine Alfieri e degli altri
collaboratori di giustizia.
Si lamenta, inoltre, la mancanza di motivazione in ordine alla richiesta di
concessione delle attenuanti generiche.
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Con unico motivo il difensore di Carmine Vorraro lamenta mancanza,

Con il primo dei motivi nuovi di cui alla memoria difensiva, indicata in epigrafe,
si eccepisce violazione di legge e travisamento delle prove costituite dalle risultanze
delle sentenze prodotte dalla difesa. Con l’allegata sentenza della Corte d’assise di
Napoli il 25 ottobre 2007, la stessa ricorrente era stata assolta, con formula per non
aver commesso il fatto, dall’unico episodio delittuoso a lei specificamente ascritto,
ossia all’asserita partecipazione alle riunioni criminali nelle quali era stato
programmato l’omicidio di Casillo, secondo le dichiarazioni di Pasquale Galasso.
Nella detta sentenza le dichiarazioni del collaboratore di giustizia erano state

In sostanza, all’imputata era dunque contestato solo il presunto appoggio
economico fornito dal clan in favore suo e del marito, sussumibile semmai nel
paradigma dell’art. 648 ter cod. pen.
Con il secondo motivo si denuncia carenza assoluta di motivazione in ordine
alla produzione di altra sentenza del 22 ottobre 2010 con la quale il Tribunale di
Nocera Inferiore aveva condannato Pasquale Galasso alla pena di anni dodici di
reclusione per una serie di estorsioni, due delle quali, per ragguardevole importo,
poste in essere in danno dei coniugi Cillari/Ciarlante, relativamente alla vicenda
dell’acquisto della società De Paolis. La considerazione della detta pronuncia
avrebbe consentito di smentire l’assunto in ordine all’esistenza di ottimi rapporti tra
gli stessi coniugi ed il collaborante.
Con il terzo motivo si denuncia violazione di legge, difetto di motivazione ed
erronea applicazione degli artt. 187 e 192 cod. proc. pen. in tema di ritenuta
credibilità del dichiarante Galasso (sconfessato nei due episodi oggetto delle
prodotte sentenze) e di ritenuta convergenza delle dichiarazioni di più chiamanti in
correità o reità, in ordine alla sussistenza di un ruolo partecipativo dell’imputata al
sodalizio criminoso in contestazione.
Con il quarto motivo si denunciano identici vizi di legittimità per erronea
applicazione dell’art. 416

bis,

comma secondo, cod. pen. in ordine alla

qualificazione giuridica del reato, potendo gli elementi probatori giustificare,
semmai, la configurazione della meno grave ipoteasi delittuosa dell’art. 648 ter cod.
pen.
Con l’ultimo motivo si chiede l’annullamento senza rinvio della sentenza
impugnata perché il reato associativo era, comunque, estinto per intervenuta
prescrizione.
Con unico motivo del ricorso in favore di Aniello Serino si denuncia violazione
degli artt. 81, 416, 416 bis cod. pen. e 192 cod. proc. pen. In particolare, si
lamenta erronea valutazione delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia,
intrinsecamente contraddittorie tra di loro. Erroneamente, ed in contrasto con il
capo di imputazione, la sentenza aveva ritenuto insussistente un autonomo clan
Galasso, quanto piuttosto un’articolazione territoriale del clan Alfieri; non solo, ma
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disattese in quanto non riscontrate.

si era pure, apoditticamente, ipotizzata l’esistenza di un autonomo clan facente
capo all’odierno ricorrente.
Non si era tenuto conto dellnoggettiva impossibilità di qualsivoglia contatto utile
alla pianificazione di attività delinquenziali tra il duo Galasso-Alfieri e l’odierno
ricorrente. Infine, vi era assoluta mancanza di motivazione in punto reiezione della
richiesta di esclusione della libertà vigilata e della riduzione della pena.
Con il primo motivo del ricorso in favore del Gambardella si denuncia violazione
od erronea applicazione della legge processuale penale con riferimento all’art. 192

riferimento all’art. 533 dello stesso codice di rito nonché contraddittorietà o
manifesta illogicità della motivazione. Si contesta, in particolare la valutazione delle
dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, che erano state ritenute attendibili
nonostante fossero prive, quanto al ricorrente, di riscontri esterni e peraltro
smentite dalle dichiarazioni di altri collaboratori di giustizia che avevano riferito di
non avere mai conosciuto il Gambardella.
Con il secondo motivo si denuncia violazione di legge nonché mancanza di
motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio, con particolare riferomento al
diniego delle circostanze attenuanti generiche.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso in favore di Carmine Vorraro è inammissibile per manifesta
infondatezza. Ed invero, appare esente da censura l’impianto argomentativo in
forza del quale il giudice a quo, nel confermare la statuizione di colpevolezza
espressa in primo grado, ha considerato meramente generiche – e, dunque, al
limite dell’ammissibilità – le deduzioni difensive contenute nell’atto di appello e nella
memoria difensiva prodotta nell’interesse dell’imputato.
Si è, infatti, correttamente rilevato che quelle deduzioni si fondavano su
proposizioni meramente assertive, inidonee a scalfire la tenuta della motivazione
resa dal primo giudice, in esito a corretto apprezzamento delle risultanze di causa.
In particolare, la partecipazione associativa dell’imputato era stata, motivatamente,
affermata sulla base delle propalazioni accusatore dei collaboratori di giustizia
Pasquale Galasso e Raffaele Palrnieri, ritenute pienamente attendibili,
segnatamente quelle del primo, che, in quanto elemento apicale dell’omonima
consorteria camorristica di appartenenza, era – per ovvie ragioni – portatore di
conoscenze dirette, di pregnante valenza dimostrativa.
Inutilmente, il difensore – con argomentazioni ancor’oggi insistite – lamenta
erronea applicazione della norma penale, sul rilievo dell’occasionalità dell’unico
contributo offerto dall’imputato all’organizzazione criminale.

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cod. proc. pen.; violazione e falsa applicazione della legge processuale penale con

Ed invero, a parte che le dichiarazioni accusatorie del Palmieri riferiscono
dell’intenso rapporto fiduciario esistente tra il Vorraro ed i germani Martino e
Pasquale Galasso, in ragione del quale l’odierno ricorrente collaborava alle
operazioni finanziarie del gruppo mafioso, il coinvolgimento dello stesso in un
duplice omicidio nell’interesse della cosca, così come riferito da Pasquale Galasso,
costituiva eloquente conferma – stante la natura del mandato – dell’anzidetto
rapporto fiduciario, motivatamente ritenuto sintomatico di affectio societatis e,

2. Le articolate censure che sostanziano l’unico motivo del ricorso principale in
favore della Ciarlante, sono manifestamente infondate.
Ed invero, il giudice di appello ha, compiutamente, indicato le ragioni del
ribadito giudizio di colpevolezza a carico dell’imputata, in esito a compiuta
rivisitazione del compendio probatorio, costituito essenzialmente da plurime
dichiarazioni di collaboratori di giustizia. Nel rispondere esaustivamente ai rilievi
difensivi formulati in sede di gravame, il giudice a quo ha condiviso, pienamente, il
giudizio di attendibilità di quelle valutazioni, prudentemente apprezzate in
applicazione dei parametri valutativi dettati da consolidata giurisprudenza di questa
Corte di legittimità. In particolare, due di quelle propalazioni provenivano dai vertici
del clan camorristico di appartenenza, ovverosia dall’Alfieri e dal Galasso, i quali,
proprio in ragione della loro posizione apicale, erano ben a conoscenza
dell’organigramma della loro organizzazione e degli affari ad essa ascrivibili.
Quanto mai efficaci nella logica accusatoria sono state ritenute, in particolare,le
dichiarazioni dell’Alfieri il quale, nel riferire delle partecipazioni della Ciarlante alle
riunioni operative, chiosava che mai a nessuna donna, prima di lei, era stato
consentito di prenderne parte.
La circostanza, riferita anche da altri collaboratori, è stata giustamente
giudicata di particolare pregnanza dimostrativa, posto che la partecipazioni a
riunioni strategiche del gruppo camorristico, sia pure in compagnia del coniuge Pino
Cillari, altro conclamato sodale, è sintomo irrefutabile di quell’intenso rapporto
fiduciario, che, di regola, è postulato ineludibile di organica partecipazione
associativa.
Giustamente, è stata, poi, ritenuta ininfluente, ai fini del giudizio, l’intervenuta
sentenza assolutoria dell’imputata dall’omicidio Casillo, pianificato nel corso di una
riunione alla quale lei stessa avrebbe preso parte.
Nel rilevare, in proposito, l’infondatezza della censura della ricorrente in ordine
alla mancata valutazione della produzione difensiva, quanto meno relativamente
alla menzionata sentenza, è agevole pure replicare che l’intervenuta assoluzione dovuta al fatto che, della partecipazione alla riunione, aveva riferito solo il Galasso,
le cui dichiarazioni sul punto erano rimaste prive di riscontro – non incide,
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dunque, di partecipazione organica al sodalizio.

assolutamente, sulla tenuta logica del costrutto accusatorio, affidato all’assunto di
una molteplicità di partecipazioni della donna ad altre riunioni associative.
Il dato accusatorio è stato, poi, correlato ai riferiti rapporti confidenziali con i
vertici dell’associazione in stato di latitanza; all’ospitalità offerta dai conigui CillariCiarlante a Pasquale Galasso durante la sua permanenza a Roma ed alla
partecipazioni alle operazioni finanziarie della cosca. Le circostanze fattuali
anzidette sono state affermate anche sulla base delle propalazioni dei collaboratori
Gaudino Agostino, Galasso Martino, Pepe Mario ed Antonelli Augusto, la cui

convergenza del molteplice,

pacificamente ritenuta utile ai fini della reciproca,

vicendevole, conferma delle diverse propalazioni.
In un contesto così variegato di prove, la circostanza – pure oggi ribadita dal
difensore – che il Galasso sia stato condannato per un’estorsione in danno dei
coniugi Cillari-Ciarlante, in relazione ad una determinata vicenda negoziale, non è
stata, giustamente, valutata dalla Corte distrettuale per la sua ininfluenza.
Ed infatti, anche a prendere atto che, ad un certo punto, i rapporti tra i detti
coniugi ed il Galasso si siano deteriorati a causa delle pressanti rivendicazioni di
quest’ultimo, l’episodio delittuoso vale, piuttosto, a dimostrare che nella dinamica
delle relazioni interpersonali vi é stato un momento di fibrillazione e crisi, che nulla
toglie alla valenza dei rapporti antecedenti o successivi.
Va, infine, disattesa la doglianza relativa alla mancanza di motivazione sulla
richiesta di concessione delle attenuanti generiche. Ed invero, risulta dalla narrativa
della sentenza impugnata (pag. 1) che l’appello della Ciarlante, a differenza degli
altri gravami che avevano riguardato anche la misura della pena, era incentrato
solo sul profilo della penale responsabilità.
D’altro canto, il rilievo dell’obiettiva entità del fatto, legata alla sistematica
presenza della donna negli affari della cosca e nella condivisione delle spelte
strategiche sul piano economico-finanziaro, oltreché sul piano operativo, valeva ad
escludere – per implicito, ma non per questo meno chiaramente – che la stessa
potesse essere ritenuta meritevole del reclamato beneficio.
Le ragioni sopra espresse valgono, poi, a dimostrare la ritenuta, palese,
infondatezza dei primi due motivi aggiunti, riguardanti la mancata valutazione della
produzione difensiva, consistente nelle due allegate pronunce irrevocabili, di cui già
si è detto.
Identico giudizio di palese infondatezza va, poi, espresso in ordine al terzo
motivo, afferente alla contestata valutazione dei collaboratori di giustizia, che,
invece, per quanto si è dianzi osservato, risulta rispettosa dei parametri valutativi
dettati in materia. Non pare, poi, che la produzione della sentenza della Corte
d’assise napoletana di proscioglimento dall’accusa di partecipazione all’omicidio
Casillo valga ad inficiare, in generale, l’attendibilità del Galasso, le cui dichiarazioni,

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concordanza nei punti essenziali della prospettazione accusatoria, realizza quella

in quell’occasione, sono state ritenute inidonee a sostenere l’ipotesi accusatorie non
già perché stimate inaffidabili, ma perché erano rimaste prive di specifico riscontro
sulla riferita partecipazione della donna proprio a quella riunione nella quale era
stato pianificato l’omicidio Casillo.
Per quanto riguarda, poi, l’ininfluenza dell’altra sentenza, quella del Tribunale di
Nocera Inferiore, é sufficiente il richiamo a quanto, sul punto, si è osservato in
precedenza.
Palesemente infondato è il quarto motivo che prospetta l’erroneità della

dovuto, più propriamente, essere attribuito un diverso nomen iuris, quanto meno ai
sensi dell’art. 648 ter cod. pen. E’ di tutta evidenza, infatti, che il motivato
riconoscimento dei presupposti oggettivi e soggettivi del reati di partecipazione
associativa escludeva, eo ipso, la possibilità di configurazione di altra, meno grave,
fattispecie delittuosa.
Manifestamente infondato è anche l’ultimo motivo, che lamenta il mancato
rilievo della prescrizione. Ed invero, posto che, con riferimento alla data del
commesso reato ed a quella della sentenza di primo grado, il regime prescrizionale
più favorevole è senz’altro il precedente, il periodo prescrizionale complessivo ragguagliato al massimo edittale previsto per l’ipotesi di reato associativo aggravato
ai sensi del comma quarto dell’art. 416 bis cod pen. – è pari ad anni ventidue e
mezzo. Sicché, avuto riguardo alla data finale di contestazione del reato associativo
(sino al 1992) – poi, incontestatamente, puntualizzata in sentenza nel “maggio
1992, epoca della cattura di Pasquale Galasso e dell’inizio della sua collaborazione
(pag. 1 sentenza impugnata) – e tenuto conto del dies a quo più favorevole (ossia
1.5.1992), la scadenza del termine massimo di prescrizione, pur senza considerare i
periodi di sospensione, è successiva alla data della pronuncia impugnata.
E’ appena il caso di osservare, poi, che l’inammissibilità del ricorso impedisce il
rilievo della prescrizione maturata successivamente alla detta pronuncia, secondo i
dettami della giurisprudenza di questa Corte regolatrice, nella sua più autorevole
espressione a Sezioni Unite (cfr. S.U. 22.11.2000, n. 32, De Luca, rv. 217266).

3. L’articolato motivo d’impugnazione proposto in favore di Aniello Serino è

manifestamente infondato.
Ed invero, le censure relative al giudizio di attendibilità delle molteplici
propalazioni accusatore dei collaboratori di giustizia, tra le quali quelle accreditate
di Pasquale Galasso e Carmine Alfieri, in ragione della loro posizione apicale in seno
alla consorteria, hanno trovato compiuta risposta nelle pieghe della motivazione in
esame. Come si detto, il giudizio di attendibilità, espresso quanto alle dichiarazioni
dei collaboratori, è stato motivato dai giudici di merito in termini certamente
corretti, secondo indiscussa lezione giurisprudenziale di legittimità.

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pronuncia impugnata in punto di qualificazione giuridica del fatto, al quale avrebbe

Inutilmente il difensore solleva oggi contestazioni isulla base di asserita
confusione nell’assegnazione del ruolo associativo all’imputato e nell’individuazione
dei rapporti con Galasso ed Alfieri.
Lo sviluppo argomentativo della sentenza impugnata, fondato sulle convergenti
indicazioni dei collaboratori, illustra chiaramente l’evoluzione dei rapporti criminali
del Serino con l’organizzazione camorristica facente capo al duo Alfiierí-Galasso, sul
pacifico rilievo che il clan Galaso era mera articolazione territoriale della consorteria
Alfieri, che, ad un certo punto, aveva esteso l’area di operatività sulla zona

consorteria, facendone organicamente parte. La dinamica dei rapporti con il
Galasso, caratterizzata non già da contrapposizione conflittuale, ma da tensione per
la necessità di condividere con lui i proventi dell’attività delittuosa, non incideva
minimamente sulla tenuta complessiva del racconto dei collaborati, riflettendo
momenti di criticità che sono del tutto fisiologici nel contesto relazionale
dell’universo mafioso e che nulla tolgono ai concetti di appartenenza e
partecipazione.
Palesemente infondata è la doglianza relativa alla mancata esclusione della
libertà vigilata, posto che l’applicazione della misura di sicurezza discende
automaticamente, per legge, dalla condanna per il reato di associazione per
delinquere di stampo mafioso, ai sensi dell’art. 417 cod. pen.
La censura relativa alla mancata riduzione della pena è inammissibile perché
afferente a profilo squisitamente di merito, in ordine al quale non manca idonea e
pertinente giustificazione, che ha dato conto della ritenuta congruità della pena
irrogata.

4.

Il primo motivo di ricorso in favore del Gambardella dubita,

infondatamente, della correttezza del giudizio di attendibilità espresso dai giudici di
merito in ordine alle plurime dichiarazioni accusatorie dei collaboratori di giustizia
nei confronti dell’odierno ricorrente.
Come si è detto, l’apprezzamento del dictum dei dichiaranti deve ritenersi
rispettoso dei canoni di valutazione scolpiti, in materia, da indiscusso insegnamento
giurisprudenziale di legittimità e tale giudizio deve ribadirsi anche nella parte
relativa alla posizione dell’odierno ricorrente. Dal coacervo delle propalazioni
accusatorie, provenienti da Galasso Martino, Galasso Pasquale, Alfieri Carmine,
Pepe Mario, Palmieri Raffaele, Gaudino Agostino, Loreto Pasquale e Brastello
Gennaro emerge incontrovertibile convergenza in merito al ruolo partecipativo
svolto dall’imputato in seno alla consorteria Alfieri-Galasso, che aveva “inglobato” il
clan di Aniello Serio, di cui lo stesso Gambardella era stato sempre stretto
collaboratore e “luogotenente”.

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territoriale in precedenza gestita dal Serino, che aveva già aderito alla detta

In modo del tutto plausibile, poi, è stato ritenuto che la circostanza che altri
collaboratori abbiano dichiarato di non conoscere l’odierno ricorrente trovasse
giustificazione in ragione del ruolo secondario, ma non per questo marginale,
assunto dal Gambardella, che, come si è detto, operava alle strette dipendenze del
Seri no.
Inammissibile, siccome afferente al merito, è la doglianza relativa al
trattamento sanzionatorio, a fronte di corretta motivazione che ha dato ampio conto

2. Per quanto precede, tutti i ricorsi sono inammissibili e tali vanno, dunque,
dichiarati, con le conseguenziali statuizioni dettate in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento
delle spese processuali ed al versamento della somma di C 1.000,00 in favore della
Cassa delle ammende.
Così deciso il 06/11/2015

del ribadito giudizio di congruità della pena inflitta.

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