Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 617 del 13/10/2017


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 617 Anno 2018
Presidente: BRUNO PAOLO ANTONIO
Relatore: LAPALORCIA GRAZIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
TANZARELLA BELVEDERE ROMOLO GIUSEPPE nato il 20/02/1954 a OSTUNI

avverso la sentenza del 05/02/2016 della CORTE APPELLO di LECCE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere GRAZIA LAPALORCIA
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore ROBERTO
ANIELLO
che ha concluso per

Il Proc. Gen. conclude per l’inammissibilita’.

LJdTtÒdiTnsor

Data Udienza: 13/10/2017

RITENUTO IN FATTO

1.Romolo Giuseppe Belvedere Tanzarella, ritenuto responsabile, con doppia
sentenza conforme, del reato di cui all’art. 132 d.lgs. 385/1993 perché, senza essere
iscritto nell’apposito elenco, aveva svolto attività di concessione di finanziamenti nei
confronti del pubblico, ricorre con due motivi, tramite il difensore, avverso la sentenza
di secondo grado.

configurabilità dell’elemento psicologico del reato mancando la volontà di sostituirsi alle
banche, illogicamente ritenuta nella sentenza, in quanto i mutui (per circa C 60.000 in
quattro anni) erano stati erogati dall’imputato a titolo gratuito. Inoltre, non essendo
precisato a quale elenco avrebbe avuto l’obbligo di iscriversi, non poteva neanche
escludersi che egli volesse esercitare il microcredito senza scopo di lucro che non
prevede l’iscrizione nell’albo generale.
3.11 secondo motivo denuncia gli stessi vizi quanto al riconoscimento della recidiva
e al trattamento sanzionatorio. L’estinzione ad ogni effetto penale della pena di cui a
sentenza 21/05/2001 Tribunale di Brindisi per l’esito positivo dell’affidamento in prova
al Servizio Sociale, comportava che di tale condanna non potesse tenersi conto ai fini
della recidiva secondo giurisprudenza di questa Corte per la quale l’estinzione di ogni
effetto penale determinata dall’esito positivo dell’affidamento in prova al servizio sociale
comporta che delle relative condanne non possa tenersi conto agli effetti della recidiva
(Sez. U, n. 5859 del 27/10/2011 – dep. 2012, Marciano’, Rv. 251688), con la
conseguenza che il giudizio di comparazione con le attenuanti generiche avrebbe potuto
essere anche di prevalenza. La corte territoriale aveva ritenuto che la recidiva si
fondasse sulla iscrizione n. 22 del certificato del casellario (mentre l’esito positivo
dell’affidamento in prova si riferiva al n.21), quando invece tale esito positivo si riferiva
proprio all’iscrizione n. 22.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.11 ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza.
2.La sentenza impugnata supera indenne la censura di violazione di legge e vizio di
motivazione sul punto della sussistenza dell’elemento psicologico del reato non essendo
il fine di lucro, a differenza da quanto sembra ritenere il ricorrente che valorizza la
gratuità dei finanziamenti erogati dal Tanzarella, un elemento costitutivo del reato, il
quale esige il carattere professionale dell’attività, e quindi il suo esercizio in modo
continuativo e non occasionale, nonché rivolto ad un numero potenzialmente illimitato
di soggetti, per quanto in concreto realizzata per una cerchia ristretta di destinatari (il

2

2.Con il primo deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla

che si è indiscutibilmente verificato nella specie essendo stati erogati mutui per circa C
60.000 in nel periodo di quattro anni), non imponendo, invece, il perseguimento di uno
scopo di lucro o, comunque, un obiettivo di economicità (Sez. 5, n. 18317 del
16/12/2016 – dep. 11/04/2017, Kienesberger e altri, Rv. 269617).
3.Ciò in quanto, trattandosi di reato di pericolo, che tutela l’interesse dei privati a
trattare soltanto con soggetti affidabili e quindi il corretto funzionamento del mercato
mobiliare, nel suo complesso e nei suoi singoli operatori, ciò che rileva ai fini penali è
l’inserimento nel libero mercato di un’attività finanziaria abusiva, sottratta ai controlli di

il concetto stesso di attività imprenditoriale, che, pur presupponendo la professionalità,
e quindi l’esercizio abituale dell’attività, a non richiedere, anche secondo l’opinione
dottrinale prevalente, lo scopo di lucro, non soltanto perché esso può coincidere con il
c.d. lucro soggettivo, ma anche perché la nozione di imprenditore, normativamente
unitaria, comprende non soltanto le imprese private, ma altresì le imprese pubbliche,
quelle mutualistiche e le imprese sociali (introdotte dal d.lgs. 24/03/2006, n. 155), le
quali non operano secondo criteri di economicità (così in motivazione la sentenza di
questa Corte sopra citata, alla quale si ritiene di dare adesione).
4.Né, contrariamente all’assunto del ricorrente, la sussistenza del dolo, sempre
secondo l’indirizzo giurisprudenziale qui condiviso, è esclusa dalla eventuale finalità
benefica della attività finanziaria e dall’eventuale ragionevole affidamento nella sua
liceità, in quanto tale affidamento non realizzerebbe un errore sul fatto ma un errore sul
divieto, come tale irrilevante, salva l’ignoranza inevitabile, ai sensi dell’art. 5 cod. pen.,
nella specie neppure invocata.
5.Del tutto inconsistente, da ultimo, la possibilità, adombrata in modo del tutto
generico nel ricorso, che Tanzarella abbia esercitato il microcredito, cioè quello
strumento di sviluppo economico che permette l’accesso ai servizi finanziari alle
persone in condizioni di povertà ed emarginazione, dei cui requisiti il ricorrente stesso
non dimostra, né assume, la ricorrenza.
6.Anche il secondo motivo è manifestamente infondato.
7.L’assunto che l’estinzione ad ogni effetto penale della pena per l’esito positivo
dell’affidamento in prova al Servizio Sociale, comporta che della relativa condanna non
possa tenersi conto ai fini della recidiva (il che nella specie avrebbe potuto consentire
un giudizio di comparazione delle circostanze più favorevole all’imputato), di
indiscutibile esattezza anche alla stregua delle Sezioni Unite Marcianò evocate nel
ricorso, si confronta però nella specie in modo erroneo con le risultanze del certificato
penale dell’imputato, direttamente apprezzabili dal Collegio, da cui emerge la
correttezza della conclusione della corte territoriale secondo la quale la recidiva si
fondava sulla iscrizione n. 22 del certificato del casellario, mentre l’esito positivo
dell’affidamento in prova si riferiva alla n. 21.

3

legge, quindi potenzialmente idonea ad alterarne le condizioni, mentre, d’altro canto, è

8. Seguono le statuizioni di cui all’art. 616 cod. proc. peri., determinandosi in C
2000 la somma che la ricorrente, essendo la causa di inammissibilità ascrivibile a colpa
(Corte Cost. 186/2000), deve corrispondere alla cassa delle ammende.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese

Così deciso il 13/10/2017

processuali e della somma di C 2000 in favore della Cassa delle Ammende.

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