Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6159 del 23/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 6159 Anno 2014
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MARINELLI FELICETTA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DIPALMA MATTEO N. IL 07/08/1973
avverso la sentenza n. 8/2011 CORTE APPELLO di POTENZA, del
01/03/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FELICETTA
MARINELLI;

Data Udienza: 23/10/2013

Z
(

Motivi della decisione

Contro la sentenza indicata in epigrafe, che ha ritenuto
responsabile Dipalma Matteo in ordine ai reati di cui agli
articoli 110, 624 bis, 625 co.2 e 5 c.p. e di cui agli
articoli 110,337 e 61 n.2 c.p., ha proposto ricorso per
cassazione l’imputato chiedendone l’annullamento per

furto (quello dell’autovettura Seat Ibiza tg.CZ912GA)
contestato in concorso con persona rimasta ignota e in
merito alla sussistenza del reato di resistenza a pubblico
ufficiale, in quanto ad avviso della difesa ci sarebbe
soltanto una violazione amministrativa ai sensi
dell’art.192 del Codice della Strada.
Lamentava altresì difetto di motivazione in ordine alla
commisurazione della pena e in ordine alla mancata
concessione delle attenuanti generiche.
Il ricorso è inammissibile,

ex articolo 606, comma 30 ,

cod.proc.pen., perché proposto per vizi motivazionali,
manifestamente infondati, in quanto, con riferimento al
primo motivo, ripropone questioni di merito a cui la
sentenza impugnata ha dato ampia e convincente risposta e
mira ad una diversa ricostruzione del fatto preclusa al
giudice di legittimità. Una volta infatti che il giudice
di merito abbia chiarito la dinamica del fatto con
motivazione congrua, non compete alla Corte di legittimità

difetto di motivazione in merito al concorso nel secondo

valutare gli atti. La Corte di appello di Potenza ha
invero adeguatamente ed esaustivamente motivato in punto
di responsabilità per quanto attiene al secondo furto
contestato all’imputato e al reato di resistenza,
osservando, quanto al furto della Seat Ibiza, che era
assolutamente inverosimile la tesi sostenuta
dall’imputato,

secondo cui

i due

ladri

si erano

casualmente incrociati nello stesso posto e, quanto al
reato di resistenza, che la condotta del Dipalma si era

,7

P
concretizzata nel porre in essere un comportamento
violento e in manovre pericolose finalizzate ad impedire
l’inseguimento, le quali ostacolarono l’esercizio della
funzione di polizia giudiziaria.
Quanto

alle

doglianze

concernenti

il

trattamento

sanzionatorio, si rileva che la decisione impugnata
risulta sorretta da conferente apparato argomentativo, che

concerne la dosimetria della pena. E appena il caso di
considerare che in tema di valutazione dei vari elementi
per la concessione delle attenuanti generiche, ovvero in
ordine al giudizio di comparazione e per quanto riguarda
la dosimetria della pena ed i limiti del sindacato di
legittimità su detti punti, la giurisprudenza di questa
Suprema Corte non solo ammette la c.d. motivazione
implicita (Cass., Sez.6, 22 settembre 2003 n.227142) o con
formule sintetiche (tipo “si ritiene congrua” vedi Cass.,
sez.6, 4 agosto 1998, Rv.211583), ma afferma anche che le
statuizioni relative al giudizio di comparazione tra
circostanze aggravanti ed attenuanti, effettuato in
riferimento ai criteri di cui all’art.133 c.p., sono
censurabili in cassazione solo quando siano frutto di mero
arbitrio o ragionamenti illogico (Cass., sez.3, 16 giugno
2004 n.26908, Rv.229298). Si tratta di evenienza che
certamente non sussiste nel caso di specie, avendo la
Corte di appello di Potenza espressamente chiarito le

soddisfa appieno l’obbligo motivazionale, anche per quanto

ragioni in base alle quali ha ritenuto di non concedere le
circostanze attenuanti generiche e di irrogare la pena
indicata in dispositivo.
Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile.
Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento ed al pagamento, a favore della Cassa delle
ammende, della somma di euro 1.000 a titolo di sanzione
pecuniaria, trattandosi di causa di inammissibilità

f/

riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, del
ricorrente stesso (cfr. Corte Costituzionale sent. n.
186 del 7 – 13 giugno 2000 ).

P Q M

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente

1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma il 23.10. 2013

al pagamento delle spese processuali e della somma di euro

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