Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6156 del 23/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 6156 Anno 2014
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
LEVATO LUCA N. IL 02/02/1988
avverso la sentenza n. 1133/2011 CORTE APPELLO di BOLOGNA,
del 24/06/2011
dato avviso alle parti ;
sentita la relazione fatta dal Consi gliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

Data Udienza: 23/10/2013

Osserva
Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di Levato Luca avverso la sentenza emessa in data
24.6.2011 dalla Corte di Appello di Bologna che confermava quella in data 27.5.2009 del
Tribunale di Ferrara con la quale il predetto era stato condannato alla pena di giorni venti di
arresto ed € 800,00 di ammenda oltre alla sospensione della patente di guida per la durata di
un mese, per il reato di cui all’art. 186 co. 1° e 2° C.d.S. (tasso alcolemico di 1,10 g/I e 1,03
gli).
Denunzia il vizio motivazionale in relazione alla dedotta erronea esecuzione dell’alcoltest,

adoperato nonchè la mancata assunzione di prove decisive di cui era stata fatta richiesta.
E’ stata depositata una memoria difensiva nell’interesse del ricorrente.
Il ricorso è inammissibile essendo le censure mosse manifestamente infondate, aspecifiche e
non consentite nella presente sede.
E’ palese la sostanziale aspecificità delle censure mosse che hanno riproposto in questa sede
pedissequamente le medesime doglianze rappresentate dinanzi alla Corte territoriale e da quel
giudice disattese con motivazione ampia e congrua, immune da vizi ed assolutamente
plausibile.
Ed è stato affermato che “è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che
ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame,
dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del motivo, invero,
dev’essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la
mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a
fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice
censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell’art. 591 comma 1
lett. c), all’inammissibilità” (Cass. pen. Sez. IV, 29.3.2000, n. 5191 Rv. 216473 e successive
conformi, quale: Sez. II,

15.5.2008

n. 19951, Rv.

240109).

Peraltro le censure dedotte attengono sostanzialmente a valutazioni probatorie ed
apprezzamenti di merito come tali non proponibili nel giudizio di legittimità, dal momento che
la struttura razionale della decisione risulta sorretta da un percorso motivazionale che è

attesa la rappresentata irregolarità della prima prova, e al malfunzionamento dello strumento

comunque esteso a tutti gli elementi offerti dal processo, e il ricorrente si è sostanzialmente
limitato a sollecitare la rilettura del quadro probatorio al fine di dimostrare il malfunzionamento
dell’etilometro e, con esso, il riesame nel merito della sentenza impugnata
Le argomentazioni, del tutto generiche, svolte dal ricorrente, in chiave di puro merito, non
valgono a scalfire la motivazione fornita dai giudici di merito in punto di responsabilità: ed
invero il giudicante non ha mancato di richiamare espressamente gli elementi acquisiti a carico
dell’imputato, ed in particolare le dichiarazioni testimoniali acquisite.
Ancora, si rammenta che il nuovo testo dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), come
modificato dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, con la ivi prevista possibilità per la Cassazione di
apprezzare i vizi della motivazione anche attraverso gli “atti del processo”, non ha alterato la

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fisionomia del giudizio di cassazione, che rimane giudizio di legittimità e non si trasforma in un

ennesimo giudizio di merito sul fatto. In questa prospettiva, non è tuttora consentito alla
Corte di Cassazione di procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti ovvero ad una
rivalutazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via
esclusiva al giudice del merito. Il novum normativo, invece, rappresenta il riconoscimento
normativo della possibilità di dedurre in sede di legittimità il cosiddetto “travisamento della
prova”, finora ammesso in via di interpretazione giurisprudenziale: cioè, quel vizio in forza del
quale la Cassazione, lungi dal procedere ad una inammissibile rivalutazione del fatto e del

verificare se il relativo contenuto sia stato o no “veicolato”, senza travisamenti, all’interno
della decisione (Cass. pen. Sez. IV, 19.6.2006, n. 38424). Ciò peraltro vale nell’ipotesi di
decisione di appello difforme da quella di primo grado, in quanto nell’ipotesi di doppia
pronunzia conforme, come nel caso di specie, il limite del devolutum non può essere superato
ipotizzando recuperi in sede di legittimità, salva l’ipotesi in cui il giudice d’appello, al fine di
rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, richiami atti a contenuto probatorio
non esaminati dal primo giudice (Cass. pen., sez. II, 15.1.2008, n. 5994; Sez. I, 15.6.2007,
n. 24667, Rv. 237207; Sez. IV, 3.2.2009, n. 19710, Rv. 243636): evenienza che qui non è
dato ravvisare.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si ritiene
equo liquidare in C 1.000,00, in favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza
di colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 23.10.2013

contenuto delle prove, può prendere in esame gli elementi di prova risultanti dagli atti onde

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