Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6153 del 23/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 6153 Anno 2014
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MILINANNI EMANUELE N. IL 27/04/1978
avverso la sentenza n. 796/2008 CORTE APPELLO di LECCE, del
03/11/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

Data Udienza: 23/10/2013

Osserva
Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di Milinanni Emanuele avverso la sentenza emessa
in data 3.11.2011 dalla Corte di Appello di Lecce che, in parziale riforma di quella in data
19.2.2008 del G.i.p. del Tribunale di Lecce, riconosceva l’attenuante di cui al l’art. 733, V
comma dPR 309/1990 prevalente con le già concesse attenuanti generiche sulla contestata
recidiva e rideterminava la pena in anni due di reclusione ed C 6.000,00 di multa per il reato
di cui all’art. 73 dPR 309/1990.
Denunzia il vizio motivazionale in ordine alla determinazione della pena.

La determinazione della misura della pena tra il minimo e il massimo edittale rientra, invece,
nell’ampio potere discrezionale del giudice di merito, il quale assolve il suo compito anche se
abbia valutato intuitivamente e globalmente gli elementi indicati nell’art. 133 c.p. (tra le altre,
Cass. pen., Sez. IV, 13.1.2004, Palumbo). A ciò dovendosi aggiungere che non è neppure è
necessaria una specifica motivazione tutte le volte in cui la scelta del giudice risulta contenuta
in una fascia medio bassa, come nel caso di specie, rispetto alla pena edittale (Cass. pen. Sez.
IV, 4.12.2003, Cozzolino ed altri).
Nella specie, risulta evidente che il potere discrezionale in punto di trattamento dosimetrico,
attesa la riduzione della pena con il riconoscimento dell’attenuante della lieve entità e la sua
valutazione con criterio di prevalenza, è stato dal giudice correttamente esercitato,
dimostrando di aver tenuto conto degli elementi indicati nell’art. 133 c.p..
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si ritiene
equo liquidare in C 1.000,00, in favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di
colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 23.10.2013

Il ricorso è inammissibile essendo la censura mossa manifestamente infondata.

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