Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6139 del 29/01/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 6139 Anno 2016
Presidente: DAVIGO PIERCAMILLO
Relatore: PARDO IGNAZIO

10/09/2015
Visti gli atti, la sentenza e il ricorso
Udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dott. IGNAZIO
PARDO;
Udito il Procuratore Generale dott. Luigi Birritteri che ha chiesto dichiararsi
l’inammissibilità del ricorso

RITENUTO IN FATTO
1.1 Con ordinanza in data 10 settembre 2015, il Tribunale della libertà di Brindisi, respingeva
l’istanza di riesame proposta nell’interesse di Giangrande Daniele avverso il decreto adottato
dal G.I.P. dello stesso Tribunale il 10-7-2015 che disponeva il sequestro preventivo, finalizzato
alla confisca per equivalente di denaro, beni mobili ed immobili nella disponibilità del predetto,
e del coindagato Carrozzo Enzo, sino alla concorrenza della somma di C 303.247,83.
1.2 Ad avviso del giudice del riesame non poteva ritenersi sussistere alcuna violazione del
diritto di difesa dell’indagato poiché il provvedimento di sequestro era stato eseguito
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Data Udienza: 29/01/2016

anticipatamente alla sua notificazione, posto che il Giangrande aveva potuto esperire rituale
mezzo di impugnazione a seguito della conoscenza del provvedimento attraverso l’esperito
rimedio del riesame. Quanto alla sussistenza del fumus commissi delicti, presupposto
indispensabile e sufficiente per sorreggere un provvedimento cautelare reale, il giudice del
riesame, richiamato il contenuto dell’accusa mossa a carico del Carrozzo, amministratore
legale e di fatto della Agri Felcar, società cooperativa agricola che era risultata fittizia e
costituita al fine di principale di frodare prestazione assistenziali e previdenziali, sottolineava
come il Giangrande avesse operato quale commercialista e consulente del lavoro unico di detta

economiche e dell’andamento della cooperativa che, pur accumulando un notevole debito con
l’erario per il mancato versamento dei contributi all’ente di previdenza, proseguiva nelle
attività di assunzione di lavoratori finalizzata ad ottenere la liquidazione dell’indennità di
disoccupazione e gli altri trattamenti assistenziali e previdenziali dovuti.
1.3 Quanto poi alla dedotta estraneità dei titolari di alcuni conti correnti, il giudice del riesame
sottolineava come si trattava di rapporti bancari intestati a moglie e figlia dell’indagato sui
quali lo stesso Giangrande risultava titolare di delega ad operare, fatto che doveva far ritenere
Giangrande titolare effettivo delle somme ivi depositate.
1.4 Contro la suddetta ordinanza proponeva ricorso per cassazione il difensore dell’indagato
deducendo due distinti motivi; con il primo lamentava l’incostituzionalità dell’art. 321 cod.
proc. pen. nella parte in cui consentiva l’esecuzione del provvedimento di sequestro preventivo
in assenza di comunicazione dello stesso all’interessato. Con il secondo motivo lamentava
l’assoluta inesistenza di qualsiasi idoneo indizio per ritenere presente il fumus comnnissi delicti
nei confronti dell’indagato la cui attività era limitata alla consulenza nei riguardi dell’azienda
senza che, da alcun elemento, potessero trarsi prove od indizi della consapevolezza dell’illecito
o della riferibilità dell’ideazione dello stesso all’indagato.
All’udienza del 29 gennaio 2016 le parti concludevano come in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
2.1

Il ricorso è manifestamente infondato e deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile

avendo carattere reiterativo ed aspecifico poiché, a fronte delle argomentate deduzioni del
Tribunale della Libertà dì Brindisi, si limita a riproporre questioni già adeguatamente valutate
senza individuare reali vizi del provvedimento impugnato. Deve essere premesso che in tema
di provvedimenti cautelari reali il ricorso per cassazione è consentito solo per violazione di
legge ex art. 325 cod. proc. pen. e che tale vizio ricomprende, secondo l’insegnamento delle
Sezioni Unite di questa Corte, sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, sia quei vizi della
motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del
provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e
ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice
(Sez. U. n. 25932 del 29/05/2008 Rv. 239692).

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società; lo stesso, pertanto, doveva ritenersi perfettamente consapevole delle condizioni

2.2 Orbene, nel caso in esame, non ricorre alcuno dei vizi radicali della motivazione
denunciabili con ricorso poiché, quanto al contestato elemento della consapevolezza del
Giangrande, il Tribunale del riesame di Brindisi con argomenti logici, completi e privi di
contraddizione ha spiegato le ragioni della sussistenza del fumus commissi delicti anche con
riferimento all’elemento soggettivo dei contestati delitti di cui agli artt. 640 n. 1 e 640 bis cod.
pen. in capo al ricorrente, dovendosi ricavare il dolo dalla prosecuzione delle richieste di
attivazione di rapporti di lavoro fittizi pur a fronte di debiti considerevoli con gli enti
previdenziali. Si tratta con evidenza di circostanze di fatto che oltre ad avere un valore

contesto di un procedimento avente ad oggetto un provvedimento cautelare reale privo di
difetti motivazionali denunciabili con ricorso per cassazione.
2.3 Altresì manifestamente infondata è l’eccezione di legittimità costituzionale posto che il
sequestro è un atto a sorpresa e pertanto la notificazione del provvedimento deve
necessariamente seguire l’esecuzione dello stesso senza che tale disciplina possa ritenersi in
alcun modo costituire violazione del difetto di difesa essendo diretta a prevenire la
prosecuzione degli effetti dannosi del reato ed a realizzare l’acquisizione dei beni connessi alla
commissione dello stesso. Peraltro le ragioni dell’indagato possono tempestivamente essere
fatte valere attraverso il ricorso al rimedio del riesame che permette l’analisi della correttezza
del provvedimento nei termini rapidi di cui all’art.322 cod. proc.pen..
In conclusione, l’impugnazione deve ritenersi inammissibile a norma dell’art. 606 comma terzo
cod.proc.pen., per manifesta infondatezza; alla relativa declaratoria consegue, per il disposto
dell’art. 616 cod.proc.pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali,
nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che, ritenuti e
valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in C 1.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di C 1.000,00 alla Cassa delle ammende.
Roma, 29 gennaio 2016
IL CONSIGLIERE EST.
Ipq ttIg.azio
IL PRESIDENTE
Dott. Piercamillo Davigo

indiziario assai pregnante non possono essere contestate nella presente sede di legittimità nel

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