Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6135 del 29/01/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 6135 Anno 2016
Presidente: DAVIGO PIERCAMILLO
Relatore: PARDO IGNAZIO

Data Udienza: 29/01/2016

RITENUTO IN FATTO
1.1 Con sentenza in data 28 febbraio 2014 la Corte di Appello di Palermo, in parziale riforma
della sentenza del Tribunale di Agrigento del 2 dicembre 2010, dichiarava non doversi
procedere nei confronti di Marino Giacomo in ordine ai reati contravvenzionali allo stesso
ascritti ai capi b) e) ed f) della rubrica perché estinti per prescrizione e, per l’effetto, riduceva
la pena allo stesso inflitta in ordine ai rimanenti delitti di tentata estorsione aggravata, porto e
detenzione abusiva di arma da sparo, danneggiamento aggravato e violazione della misura di
prevenzione della sorveglianza speciale ad anni 6 di reclusione ed C 750,00 di multa.

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1.2 Riteneva la Corte di appello potersi confermare il giudizio di responsabilità dell’imputato in
ordine al fatto commesso il 14 luglio del 2007 nell’abitato di Licata, quando due individui che
procedevano a bordo di una motocicletta, avevano esploso dei colpi di arma da fuoco
attingendo il portone di ingresso dell’abitazione di Consagra Alessandro; e poiché due giorni
prima tale episodio il Marino aveva avuto un diverbio con quest’ultimo perché non voleva
assecondare la sua proposta di collaborazione nel settore del traffico di stupefacenti, si
riteneva che l’atto intimidatorio intendesse proprio ottenere il consenso del Consagra ed
andasse pertanto qualificato quale tentativo di estorsione.

ritenevano idonei a sostenere un giudizio di colpevolezza dell’imputato, essi erano individuati
nell’identificazione del motociclo degli autori del fatto in un mezzo identico a quello proprio in
uso al Marino (marca KTM di colore bianco ed arancione), in una dichiarazione del teste
Consagra Danilo circa il riconoscimento dell’imputato Marino e del correo Bonfissuto
(quest’ultimo assolto in fase di appello) nei soggetti che quel pomeriggio transitavano a bordo
del mezzo in prossimità dell’abitazione, nell’esito positivo del tampon-kit eseguito la sera nei
confronti del Marino negli uffici della Polizia di Stato, sul quale era stata disposta una perizia ad
opera del giudice di primo grado, nell’individuazione del movente così come risultante dalle
dichiarazioni di Consagra Alessandro circa il contrasto con l’imputato e l’oggetto delle richieste
del Marino.
1.4 In relazione alle diverse imputazioni elevate a carico dell’imputato, la Corte di Appello
palermitana sottolineava come i fatti fossero avvenuti in un contesto intimidatorio ai danni di
Consagra, che l’imputato intendeva forzatamente coinvolgere nella sua attività di trafficante di
droga, e perciò andassero giustamente qualificati ai sensi degli artt. 56, 629 cod. pen., non
potendo ritenersi l’ipotesi del semplice danneggiamento; riferiva, poi, che dalle conversazioni
intercettate emergeva una condotta di precedente detenzione abusiva dell’arma utilizzata per
l’esplosione dei colpi così da doversi ritenere integrate le distinte condotte contestate ai capi c)
e d) della rubrica di detenzione illegale prima e porto abusivo poi di arma da sparo.
1.5 Avverso detta sentenza proponeva ricorso per cassazione la difesa dell’imputato;
deduceva, con il primo motivo, violazione dell’art. 606 lett. b) ed e) cod. proc. pen. in relazione
al travisamento dei fatti ed alla violazione dei criteri di cui all’art. 192 cod. proc. pen.; al
proposito lamentava come il percorso argomentativo sviluppato dal giudice di appello avesse
omesso tutti gli elementi probatori favorevoli alla difesa e travisato il contenuto delle prove
posto che:
– nessuno dei componenti della famiglia Consagra, e neppure il Danilo, aveva con certezza
riconosciuto nell’imputato uno dei soggetti che aveva esploso i colpi di arma da fuoco posto
che gli autori dell’attentato viaggiavano con il casco e gli occhiali e che non vi era neppure
certezza del fatto che i due motociclisti visti poco prima sui luoghi fossero i responsabili
dell’attentato;

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1.3 Quanto agli specifici elementi di prova che il Tribunale prima e la Corte di Appello poi,

- anche a volere ritenere che fossero stati i due motociclisti ad esplodere quei colpi di arma da
fuoco, la stessa motocicletta era risultata in uso a diversi soggetti abitanti nello stesso centro
di Licata;
– il prelievo del tampon kit era risultato inquinato e la perizia non aveva affatto concluso in
termini di certezza escludendo anzi che le particelle rinvenute nella mani dell’imputato
potessero essere rimaste deposte in occasione dello sparo dell’arma; inoltre sulla motocicletta
non vi erano tracce di residui da sparo;
– la ricostruzione del supposto movente non era chiaro posto che il diverbio con Alessandro

con altri soggetti dello stesso centro come dimostrato dal fatto che nell’immediatezza
dell’accaduto aveva convocato e rimproverato altro soggetto, tale Cristian Gibardo;
– il Marino aveva provato, tramite l’audizione di alcuni testi, di essersi trovato altrove all’ora
dell’attentato, nessun elemento poteva desumersi dalle intercettazioni dalle quali emergeva
anzi che durante i colloqui carcerari l’imputato confidava in un esito positivo dell’accertamento
tecnico posto che si faceva riferimento ad un’arma sicuramente utilizzata molto prima di quel
pomeriggio del 14 luglio.
Doveva pertanto ritenersi sussistere un quadro probatorio assolutamente ambiguo
erratamente valutato dal giudice di appello che peraltro aveva, contraddittoriamente, assolto il
correo Bonfissuto. Con ulteriori motivi deduceva poi doversi derubricare il delitto di cui al capo
a) nell’ipotesi di semplice danneggiamento poiché mancava del tutto la finalità estorsiva nella
condotta, doversi ritenere l’insussistenza di separate condotte di detenzione illecita e porto
abusivo di arma da sparo, posto che non era stato individuato chi dei due imputati avesse
prima detenuto l’arma poi utilizzata per l’attentato ai Consagra.
All’udienza del 29 gennaio 2016 le parti concludevano come in epigrafe
CONSIDERATO IN DIRITTO
2.1 Va premesso che la modifica normativa dell’art. 606 c.p.p., lett. e), di cui alla L. 20
febbraio 2006, n. 46 lascia inalterata la natura del controllo demandato alla Corte di
cassazione, che può essere solo di legittimità e non può estendersi ad una valutazione di
merito. Il nuovo vizio introdotto è quello che attiene alla motivazione, il cui vizio di mancanza,
illogicità o contraddittorietà può ora essere desunto non solo dal testo del provvedimento
impugnato, ma anche da altri atti del processo specificamente indicati. È perciò possibile ora
valutare il cosiddetto travisamento della prova, che si realizza allorché si introduce nella
motivazione un’informazione rilevante che non esiste nel processo oppure quando si omette la
valutazione di una prova decisiva ai fini della pronunzia. Attraverso l’indicazione specifica di
atti contenenti la prova travisata od omessa si consente nel giudizio di cassazione di verificare
la correttezza della motivazione. Ciò peraltro vale nell’ipotesi di decisione di appello difforme
da quella di primo grado, in quanto nell’ipotesi di doppia pronunzia conforme il limite del
devolutum non può essere superato ipotizzando recuperi in sede di legittimità, salva l’ipotesi in
cui il giudice d’appello, al fine di rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame,

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Consagra precedeva di diversi giorni il fatto ed inoltre la vittima aveva numerosi altri contrasti

richiami

atti

a

contenuto

probatorio

non

esaminati

dal

primo

giudice.

Infine il dato probatorio che si assume travisato od omesso deve avere carattere di decisività
non essendo possibile da parte della Corte di cassazione una rivalutazione complessiva delle
prove che sconfinerebbe nel merito. In altri termini, al giudice di legittimità resta tuttora
preclusa – in sede di controllo della motivazione – la rilettura degli elementi di fatto posti a
fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione
e valutazione dei fatti, preferiti a quelli adottati dal giudice del merito perché ritenuti
maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa: un tale modo di

anche nel quadro nella nuova disciplina, è e resta giudice della motivazione.
2.2 Fatta questa doverosa premessa e sviluppando coerentemente i principi suesposti, deve

ritenersi che la sentenza impugnata regge al vaglio di legittimità, non palesandosi assenza,
contraddittorietà od illogicità della motivazione, ovvero travisamento del fatto o della prova.
Difatti, i giudici di primo e secondo grado, con giudizio conforme, hanno rilevato quanto alla
posizione processuale del Marino, l’assoluta rilevanza probatoria dell’esito dell’accertamento
tecnico nella parte in cui concludeva per la presenza di tracce di arma da sparo nelle mani
dell’imputato aggiungendo che, pur dovendosi escludere che tali tracce fossero rimaste
impresse al momento dell’esplosione dei colpi di arma da fuoco posto l’orario in cui veniva
svolto il tampon-kit, le stesse derivavano da contatto con l’arma in momenti temporali
successivi; e poiché l’esame si svolgeva comunque nello stesso giorno dell’accaduto e cioè il 14
luglio 2007 logicamente i giudici ritenevano che Marino avesse continuato a stringere l’arma
con se o comunque a materialmente utilizzarla pur dopo l’uso della stessa in occasione
dell’attentato intimidatorio al Consagra. La conclusione del perito sul punto, richiamata anche
nella sentenza di secondo grado, è infatti inequivocabile attestando che le tracce di arma da
fuoco si rilevavano ” a causa del permanere di qualche contatto con l’arma utilizzata” e ciò
significa, indubitabilmente, che Marino rimase in contatto con la pistola anche dopo avere
esploso i colpi. Ogni altra lettura dell’esito del tampon-kit, così come prospettata in ricorso,
appare pertanto fuorviante e la conclusione circa il permanere del contatto dell’imputato con
l’arma, del tutto logica e non contraddetta da nessun elemento differente, non può essere
posta in dubbio in forza di supposti e dedotti atti di inquinamento poiché gli operatori di Polizia
escussi (Stirpe e Coratza), le cui dichiarazioni sono riportate nella sentenza di secondo grado,
hanno escluso qualsiasi possibilità di accidentale contatto e precisato che il mancato uso dei
guanti del kit utilizzato per il prelievo dal Marino fu dovuto solo alla dimensioni di quelli
presenti a fronte dell’uso di altri guanti sterili tratti da una valigetta di pronto intervento in uso
sempre alle forze di polizia.
Escluso quindi ogni contatto accidentale, rimane provato che Marino utilizzò un’arma il giorno
dei fatti e se a ciò si aggiunge, come segnalato da Tribunale e dalla Corte, che la motocicletta
in uso all’imputato è dello stesso tipo e colore di quella individuata dai familiari del Consagra
proprio quel pomeriggio e che Dando Consagra lo individuava in termini di forte somiglianza

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procedere trasformerebbe, infatti, la Corte nell’ennesimo giudice del fatto. Pertanto la Corte,

anche per corporatura ed altezza nel guidatore della moto, la conclusione cui pervenivano i
giudici di merito circa la sussistenza di un quadro probatorio dotato di certezza, non appare
certamente illogica ovvero basata su prove travisate.
2.3 Correttamente pertanto i giudici di merito escludevano che gli elementi di prova favorevoli

all’imputato potessero scalfire tale complessivo quadro probatorio e la ricostruzione contenuta
in ricorso circa la possibile riconducibilità dell’attentato ad altro soggetto si profila del tutto
congetturale ed ipotetica e perciò solo non deducibile nella presente sede; difatti va ricordato
come il dubbio ragionevole non può fondarsi su un’ipotesi alternativa del tutto congetturale

soggetto indicato in ricorso quale possibile autore dei fatti sia stato riconosciuto in uno degli
attentatori né soprattutto, che lo stesso, al contrario del Marino, sia risultato positivo all’esito
del tampon-kit.
2.4 Quanto agli ulteriori motivi si osserva che:

la sussistenza di preesistenti richieste formulate dall’imputato all’indirizzo della parte
offesa e la successiva attività intimidatoria, appaiono svolgersi in un unico contesto
temporale sicchè la motivazione che riconduce l’episodio delittuoso alla fattispecie più
grave di tentata estorsione appare poggiare su una lettura dell’accaduto conducente e
logica che vede l’imputato porre in essere gravi fatti di danneggiamento e minaccia con
armi per costringere il Consagra ad esaudire le sue richieste, peraltro di contenuto non
lecito; sul punto la Corte palermitana ha compiuto un’accurata ricostruzione dei fatti a
pagina 13 della sentenza impugnata ravvisando stretta connessione tra la richiesta
mossa all’indirizzo del Consagra appena due giorni prima, le percosse allo stesso inferte
ed il successivo attentato;
la prova della distinta responsabilità per i delitti di detenzione illecita e porto abusivo di
arma da sparo, trova giustificazione ad avviso dei giudici di merito, nell’interpretazione
del contenuto di alcune intercettazioni ambientali dall’analisi delle quali si ricava la
preesistenza del possesso dell’arma rispetto alla sua utilizzazione in occasione
dell’esplosione dei colpi di arma da fuoco; tale giudizio conforme non può essere
ritenuto inficiato dalle considerazioni svolte dal ricorso ove si osservi che la condotta di
detenzione appare confermata dalle stesse risultanze della perizia, oltre che dalle
conversazioni richiamate dalla Corte, osservandosi anche come alcuna giustificazione
sul punto sia pervenuta dall’imputato che ha negato in radice i fatti.
In conclusione, l’impugnazione deve ritenersi inammissibile a norma dell’art. 606 comma
terzo cod.proc.pen., per manifesta infondatezza; alla relativa declaratoria consegue, per il
disposto dell’art. 616 cod.proc.pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che,
ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in C
1.000,00.

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seppure plausibile e nel caso in esame non risulta in alcun modo provato né che il differente

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di € 1.000,00 alla Cassa delle ammende.
Roma, 29 gennaio 2016
I CONSIGLIERE ES
i Pardo
t I

IL PRESIDENTE

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