Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6121 del 20/01/2016


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 6121 Anno 2016
Presidente: RAMACCI LUCA
Relatore: LIBERATI GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Peci Edmond, nato a Shkoder (Albania) il 27/12/1979
avverso la sentenza del 27/5/2015 della Corte d’appello di Torino
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Giovanni Liberati;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Marilia
Di Nardo, che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso;
udito per l’imputato l’avv. Lorenzo Giva, che ha concluso chiedendo accogliersi il
ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 27 maggio 2015 la Corte d’appello di Torino ha respinto
l’impugnazione proposta da Edmond Peci nei confronti della sentenza del
Tribunale di Cuneo del 9 dicembre 2014 che, in esito a giudizio abbreviato, lo
aveva condannato alla pena di anni cinque e mesi quattro di reclusione ed euro
18.000 di multa, per il reato di cui all’art. 73, comma 1, d.P.R. 309/90 (per la
detenzione illecita di due involucri di sostanza stupefacente del tipo cocaina del
peso di grammi 72,63 e grammi 26,40, con un contenuto di principio attivo di 15
grammi, pari a 100 dosi medie droganti).
La Corte d’appello di Torino, nel disattendere il gravame dell’imputato, ha
escluso la destinazione ad uso personale dello stupefacente sequestrato

Data Udienza: 20/01/2016

all’imputato e la ravvisabilità dell’ipotesi attenuata di cui al comma 5 dell’art. 73
d.P.R. 309/90, in considerazione del quantitativo di sostanza stupefacente
detenuto, ed ha ritenuto corretto il giudizio di bilanciamento, in termini di
equivalenza, tra la recidiva specifica e le circostanze attenuanti generiche.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso personalmente l’imputato,
deducendo vizio di motivazione, in relazione alla esclusione della destinazione
della sostanza stupefacente sequestratagli ad uso personale e della ipotesi

adeguatamente conto della prevalente destinazione della sostanza stupefacente
ad uso personale, del suo stato di tossicodipendente e della conseguente
modesta e relativa incidenza del quantitativo di sostanza stupefacente che gli era
stato sequestrato.
Ha prospettato, inoltre, vizio di motivazione anche in ordine alla misura della
pena ed al giudizio di bilanciamento tra le circostanze attenuanti generiche e la
recidiva.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile, in ragione della genericità dei motivi cui è stato
affidato.
A fronte dell’ampia ed approfondita motivazione della sentenza impugnata,
che ha logicamente spiegato le ragioni della esclusione della destinazione ad uso
personale della sostanza stupefacente detenuta dall’imputato, evidenziando la
mancanza di elementi di riscontro alle dichiarazioni dell’imputato di essere
tossicodipendente e la contraddittorietà con quanto successivamente dallo stesso
riferito circa la sua disintossicazione in pochi mesi, oltre che il dato quantitativo
di tale sostanza, tale da escludere anche la lieve entità del fatto, in accordo con
la consolidata giurisprudenza di legittimità, secondo cui la fattispecie autonoma
di cui al comma quinto dell’art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990 è configurabile
nelle ipotesi di cosiddetto piccolo spaccio, che si caratterizza per una complessiva
minore portata dell’attività dello spacciatore e dei suoi eventuali complici, con
una ridotta circolazione di merce e di denaro nonché di guadagni limitati e che
ricomprende anche la detenzione di una provvista per la vendita che, comunque,
non sia superiore – tenendo conto del valore e della tipologia della sostanza
stupefacente – a dosi conteggiate a “decine” (Sez. 6, Sentenza n. 15642 del
27/01/2015, Rv. 263068), il ricorrente si è limitato a ribadire tale asserita
destinazione a prevalente uso personale, con la conseguente ridotta offensività
della condotta, senza in alcun modo censurare con argomenti specifici la
motivazione della sentenza impugnata.

2

attenuata di cui al comma 5 dell’art. 73 d.P.R. 309/90, non essendo stato tenuto

Ne consegue l’inammissibilità della censura, priva della necessaria
specificità, intesa come critica, di legittimità o di merito, chiaramente
identificabile (Sez. 3, Sentenza n. 12355 del 07/01/2014, Palermo, Rv. 259742),
con la precisa indicazione dei punti censurati e delle questioni di fatto e di diritto
da sottoporre al giudice del gravame (Sez. 1, Sentenza n. 32993 del
22/03/2013, Adorno, Rv. 256996), specificità nella specie del tutto assente, non
essendo stati criticati gli argomenti posti a sostegno della esclusione dell’uso
personale e della ravvisabilità della fattispecie attenuata di cui al comma 5

la destinazione a (prevalente) uso personale dello stupefacente.
Analogo ordine di considerazioni può essere svolto per ciò che concerne le
censure relative al bilanciamento delle circostanze (in termini di equivalenza tra
le attenuanti generiche e la recidiva, in considerazione della modestia della
collaborazione prestata dall’imputato a seguito del suo arresto) e la
determinazione della misura della pena (per la quale sono stati presi a base di
computo il minimo della pena detentiva ed una pena di poco superiore al minimo
per quella pecuniaria), giacché anche a questo proposito, ed a fronte della
puntuale motivazione della sentenza impugnata, nella quale sono state
evidenziate le ragioni della correttezza del suddetto giudizio di bilanciamento e
della determinazione della misura della pena, il ricorrente si è limitato a ribadire
le stesse censure già proposte con l’atto d’appello, senza in alcun modo criticare
le chiare spiegazioni contenute nella motivazione della sentenza impugnata, con
la conseguente inammissibilità anche di questa profilo di censura.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 cod.
proc. pen., non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente
(Corte Cost. sentenza 7 – 13 giugno 2000, n. 186), l’onere delle spese del
procedimento, nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle
Ammende, che si determina equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella
misura di euro 1.000.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso il 20/1/2016

dell’art. 73 d.P.R. 309/90, ma solo genericamente ed apodditticamente ribadita

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