Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6108 del 17/01/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 6108 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: RAMACCI LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MAISTO BRUNO N. IL 22/12/1968
avverso la sentenza n. 1771/2009 TRIBUNALE di NOLA, del
11/04/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/01/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUCA RAMACCI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. tel-7–ci-eic9.Q5Lz
che ha concluso per jek_

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 17/01/2014

RITENUTO IN FATTO

1.

Il Tribunale di Noia, in composizione monocratica, con sentenza

dell’11.4.2013 ha condannato

Bruno MAISTO

alla pena dell’ammenda

riconoscendolo colpevole della contravvenzione di cui all’art. 5, lett. b) della
legge 283\1962, per aver detenuto per la vendita 3 cassette di verdure di vario

Avverso tale pronuncia il predetto propone ricorso per cassazione.

2. Con un unico motivo di ricorso deduce la violazione di legge ed il vizio di
motivazione, lamentando che il giudice del merito sarebbe pervenuto
all’affermazione di penale responsabilità sulla base di una motivazione
meramente apparente, valorizzando la sola collocazione all’aperto degli alimenti,
ritenuti esposti agli agenti atmosferici e senza considerare la presenza di segni
evidenti della cattiva conservazione o l’inosservanza di particolari prescrizioni
finalizzate alla preservazione delle sostanze alimentari.
Insiste, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è infondato.
Come è noto, la contravvenzione in esame vieta l’impiego nella produzione,
la vendita, la detenzione per la vendita, la somministrazione, o comunque la
distribuzione per il consumo, di sostanze alimentari in cattivo stato di
conservazione.
Secondo le Sezioni Unite di questa Corte (SS.UU. n. 443, 9 gennaio 2002,
citata anche nella sentenza impugnata) si tratta di un reato di danno, perché la
disposizione è finalizzata non tanto a prevenire mutazioni che nelle altre parti
dell’art. 5 legge 283\1962 sono prese in considerazione come evento dannoso,
quanto, piuttosto, a perseguire un autonomo fine di benessere, assicurando una
protezione immediata all’interesse del consumatore affinché il prodotto giunga al
consumo con le cure igieniche imposte dalla sua natura. Conseguentemente, si è
escluso che la contravvenzione si inserisca nella previsione di una progressione

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tipo in cattivo stato di conservazione (in Pomigliano d’Arco, 29.3.2009).

criminosa che contempla fatti gradualmente più gravi in relazione alle successive
lettere indicate dall’art. 5, perché, rispetto ad essi, è figura autonoma di reato,
cosicché, ove ne ricorrano le condizioni, può anche configurarsi il concorso (in
senso conforme, Sez. III n. 35234, 21 settembre 2007; difforme Sez. III n. 2649,
27 gennaio 2004).
Le Sezioni Unite, sempre nella decisione in precedenza richiamata, hanno
anche precisato che, ai fini della configurabilità del reato, non vi è la necessità di
un cattivo stato di conservazione riferito alle caratteristiche intrinseche delle

estrinseche con cui si realizza, che devono uniformarsi alle prescrizioni
normative, se sussistenti, ovvero, in caso contrario, a regole di comune
esperienza (conf. Sez. III n. 15094, 20 aprile 2010; Sez. III n. 35234, 21 settembre
2007, cit.; Sez. III n. 26108, 10 giugno 2004; Sez. III n.123124, 24 marzo 2003;
Sez. IV n. 38513, 18 novembre 2002; Sez. III n. 37568, 8 novembre 2002; Sez. III
n. 5, 3 gennaio 2002).
Conformandosi al primo dei principi appena ricordati, altra pronuncia (Sez. III
n. 35828, 2 settembre 2004) ha successivamente chiarito che la natura di reato
di danno attribuita dalle Sezioni Unite alla contravvenzione in esame non richiede
la produzione di un danno alla salute, poiché l’interesse protetto dalla norma è
quello del rispetto del cd. ordine alimentare, volto ad assicurare al consumatore
che la sostanza alimentare giunga al consumo con le garanzie igieniche imposte
per la sua natura.
Si è inoltre affermato che è comunque necessario accertare che le modalità
di conservazione siano in concreto idonee a determinare il pericolo di un danno o
deterioramento delle sostanze (Sez. III n. 439, 11 gennaio 2012; Sez. III n. 15049,
13 aprile 2007) escludendo, tuttavia, la necessità di analisi di laboratorio o
perizie, ben potendo il giudice di merito considerare altri elementi di prova, come
le testimonianze di soggetti addetti alla vigilanza, quando lo stato di cattiva
conservazione sia palese e, pertanto, rilevabile da una semplice ispezione (Sez.
III n. 35234, 21 settembre 2007, cit.) ed affermando che il cattivo stato di
conservazione dell’alimento può assumere rilievo anche per il solo fatto
dell’obiettivo insudiciamento della sola confezione, conseguente alla sua custodia
in locali sporchi e quindi igienicamente inidonei alla conservazione (Sez. III
n.9477, 10 marzo 2005) ed è configurabile anche nel caso di detenzione in
condizioni igieniche precarie (Sez. III n.41074, 11 novembre 2011).

4. Considerati tali principi, che il Collegio condivide pienamente, deve
rilevarsi che, nella fattispecie, ad un corretto richiamo della giurisprudenza delle
Sezioni Unite, il giudice del merito ha fatto seguire l’altrettanto corretta

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sostanze alimentari, essendo sufficiente che esso concerna le modalità

affermazione secondo la quale la messa in commercio di frutta all’aperto ed
esposta agli agenti inquinanti costituisca una violazione dell’obbligo di assicurare
l’idonea conservazione delle sostanze alimentari e rispettare l’osservanza di
disposizioni specifiche integrative del precetto.
Il giudice fonda il proprio convincimento in base a quanto riferito dal teste
escusso, il quale ha evidenziato che tre cassette di verdura erano esposte
all’aperto e, pertanto, a contatto con agenti atmosferici e gas di scarico dei
veicoli in transito.

sufficiente a giustificare l’affermazione di penale responsabilità, evidenziando
una situazione di fatto certamente rilevante a tal fine la cui sussistenza risulta
peraltro confermata dallo stesso ricorrente, laddove, nell’atto di impugnazione
(pag. 2 del ricorso), si riconosce che la verdura era esposta per la vendita sul
marciapiede antistante l’esercizio commerciale.

5. Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con le consequenziali statuizioni
indicate in dispositivo..

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento.
Così deciso in data 17.1.2014

Tale diretto accertamento da parte della polizia giudiziaria risulta del tutto

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