Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6106 del 17/01/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 6106 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: RAMACCI LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROVENZANO VINCENZO N. IL 21/05/1950
avverso la sentenza n. 2540/2012 GIUDICE UDIENZA
PRELIMINARE di MESSINA, del 25/01/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/01/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUCA RAMACCI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. (retix2,C,..
che ha concluso per ,Coju..,42.Q.42.1,,,,C0
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Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 17/01/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Messina, con sentenza
del 25.1.2013, emessa all’esito di giudizio abbreviato condizionato, ha
condannato alla pena dell’ammenda Vincenzo PROVENZANO, riconoscendolo
responsabile del reato di cui all’art. 6, legge 161\2006 perché, quale titolare

miscelazione di vernici senza alcuna autorizzazione e, quindi, alterava o
contraffaceva la necessaria etichetta, realizzando così sostanze prive di etichetta
o con etichetta riportante caratteristiche non conformi al prodotto (Taormina, il
17.4.2012).
Avverso tale pronuncia il predetto propone ricorso per cassazione.

2. Con un primo motivo di ricorso deduce la violazione di legge, rilevando
che il giudice del merito lo ha condannato, a fronte di una imputazione
concernente la miscelazione di vernici non autorizzata e l’alterazione o
contraffazione dell’etichettatura, per la violazione prevista dall’art. 6, comma 1
della legge 161\2006, senza che risultasse peraltro dimostrato il necessario
requisito del contenuto di composti organici volatili (COV) superiore ai valori
limite richiesto dalla legge medesima.

3. Con un secondo motivo di ricorso rileva che il mancato accertamento circa
il superamento dei valori limite suddetti evidenzierebbe la carenza di prova in
ordine alla sua responsabilità.
Insiste, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorso è fondato.
Il d.lgs. 27 marzo 2006, n. 161 ha per oggetto la limitazione delle emissioni
di composti organici volatili conseguenti all’uso di solventi in talune pitture e
vernici, nonché in prodotti per la carrozzeria.
Con la sua emanazione è stata data attuazione alla direttiva 2004/42/CE, il
cui scopo è, appunto, quello di garantire un elevato livello di tutela dell’ambiente

1

dell’esercizio commerciale «AUTOPARTICOLOR s.a.s.», effettuava attività di

stabilendo un contenuto massimo di composto organico volatile (COV) per
pitture, vernici e prodotti per carrozzeria, considerato che tali materiali
determinano emissioni significative di COV nell’atmosfera, che contribuiscono
alla formazione a livello locale e transfrontaliero di ossidanti fotochimici nello
strato limite della troposfera.
La direttiva reca modifiche alla direttiva 1999/13/CE dell’Il marzo 1999,
sulla limitazione delle emissioni di composti organici volatili dovute all’uso di
solventi organici in talune attività e in taluni impianti ed è stata a sua volta

2010/79/UE.

5. Il d.lgs. 161\2006, oggetto di ripetuti interventi modificativi (da ultimo, ad
opera del Dm 1 febbraio 2013 «Emissioni dei composti organici volatili – Modifica
dell’allegato III del decreto legislativo 27 marzo 2006, n. 161»), determina, per le
pitture, le vernici e i prodotti per carrozzeria, elencati nell’allegato I, il contenuto
massimo di COV ammesso ai fini dell’immissione sul mercato.
A tale scopo fornisce, nell’art. 2, alcune definizioni, stabilendo le modalità di
immissione sul mercato (art. 3) dei prodotti medesimi e della etichettatura (art.
4), nonché quelle concernenti la raccolta e la trasmissione dei dati e delle
informazioni, previsti all’allegato IV, da trasmettere al Ministero dell’ambiente e
della tutela del territorio e del mare e, da quest’ultimo, alla Commissione
europea (art. 5).
Le sanzioni sono invece contemplate dall’art. 6, il quale, al comma 1,
prevede la pena alternativa dell’arresto e dell’ammenda, salvo che il fatto
costituisca più grave reato, per l’immissione sul mercato di prodotti elencati
nell’allegato I, aventi un contenuto di COV superiore ai valori limite stabiliti
dall’allegato II.
L’immissione sul mercato è definita, dall’art. 2, comma 1, lett. o) come
«qualsiasi atto di messa a disposizione del prodotto per i terzi, a titolo oneroso o
a titolo gratuito», stabilendo che rientrano nella medesima definizione anche «la
messa a disposizione del prodotto per gli intermediari, per i grossisti, per i
rivenditori finali e l’importazione del prodotto nel territorio doganale
comunitario».
La disposizione ha, quale destinatario, il produttore – che l’art.2, comma 1,
lett. p) definisce «colui che produce i prodotti elencati nell’allegato I, pronti
all’uso o non pronti all’uso, o che importa tali prodotti nel territorio doganale
comunitario; chi effettua, su tali prodotti, operazioni di miscelazione si considera
come produttore solo se dall’operazione deriva un prodotto di tipo diverso
secondo le definizioni contenute nell’allegato I» –

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nel caso in cui il prodotto non

modificata dal Regolamento 1137/2008/CE e dalle direttive 2008/112/CE e

abbia subito operazioni di miscelazione o se tali operazioni sono state effettuate
in modo conforme alle istruzioni per l’uso fornite dal produttore medesimo (art. 6,
comma 1, lett. a), mentre, in caso di miscelazione, è chiamato a rispondere della
violazione colui che la effettua se il superamento dei valori limite è stato
determinato da successive operazioni di miscelazione attuate in modo conforme
alle istruzioni per l’uso fornite dal produttore (art. 6, comma 1, lett. b), ovvero in
modo difforme dalle istruzioni per l’uso fornitegli o in assenza di tali istruzioni
(art. 6, comma 1, lett. c).

applica se il prodotto, secondo le istruzioni per l’uso che lo accompagnano, non è
pronto all’uso e si applica, invece, in caso di immissione sul mercato di prodotti
che, secondo le istruzioni per l’uso che li accompagnano, e indipendentemente
dal proprio contenuto di COV, non sono pronti all’uso e che, a seguito
dell’aggiunta di altri prodotti, quali solventi o miscele contenenti solventi,
prevista dall’articolo 3, comma 2, effettuata in modo conforme alle istruzioni
stesse, presentano un contenuto di COV superiore ai valori limite stabiliti
dall’allegato II.
L’art. 3, comma 2 stabilisce, infatti, che se i prodotti elencati nell’allegato I
richiedono, per essere pronti all’uso, l’aggiunta di altri prodotti, quali solventi o
miscele contenenti solventi, anche diversi da quelli elencati nell’allegato I, i valori
limite previsti nell’allegato Il si applicano soltanto al prodotto divenuto pronto
all’uso a seguito di tale aggiunta.
Il comma 3 dell’art. 6 prevede le medesime sanzioni, salvo che il fatto
costituisca più grave reato, per chiunque altera o contraffà l’etichetta da
applicare ai prodotti elencati nell’allegato I, ovvero appone un’etichetta
riportante caratteristiche non conformi al prodotto.
La disposizione contiene un esplicito richiamo all’art. 4, il quale stabilisce
(comma 1), per i prodotti elencati nell’allegato I, inclusi quelli non pronti all’uso,
che la loro immissione sul mercato possa avvenire soltanto se provvisti di
un’etichetta, nella quale siano indicati, in modo chiaro e leggibile, il tipo di
prodotto, secondo le definizioni contenute nell’allegato l ed il relativo valore
limite, previsto dall’allegato II, espresso in gli, nonché il contenuto massimo di
COV, espresso in gli, nel prodotto pronto all’uso.
All’etichettatura devono provvedere il produttore e chi trasferisce il prodotto
da una confezione ad una o più confezioni differenti (comma 2).
L’immissione sul mercato di prodotti elencati nell’allegato I privi di etichetta,
o con etichetta incompleta o evidentemente alterata o contraffatta è, invece,
punito, salvo che il fatto costituisca reato, con sanzione amministrativa
pecuniaria all’irrogazione della quale provvede la Regione competente per

3

Il comma 2 del medesimo articolo 6 stabilisce, inoltre, che la sanzione non si

territorio o la diversa autorità indicata dalla legge regionale (art. 6, comma 4)
I commi 5 e 6 dell’art. 6 prevedono, infine, ulteriori limitazioni all’applicabilità
delle sanzioni penali indicate nei commi precedenti.
In particolare, nel comma 5 è stabilito che le sanzioni previste dai commi 1 e
2 non si applicano se i prodotti sono destinati, fin dal primo atto di immissione sul
mercato, ad un’attività prevista dall’articolo 3, comma 4, il quale stabilisce, a sua
volta, che i valori limite previsti nell’allegato II non si applicano ai prodotti
elencati nell’allegato I che vengono utilizzati nelle attività effettuate presso gli

che, se presso tali impianti si effettuano attività di restauro o manutenzione dei
veicoli di cui al comma 5, il gestore non deve ottenere l’autorizzazione ivi
prevista.
Sempre nel comma 5 dell’art. 6 l’applicazione della sanzione è esclusa se i
prodotti sono destinati ad un’operazione autorizzata ai sensi dell’articolo 3,
comma 5 (restauro e manutenzione degli edifici d’epoca o dei veicoli tutelati
come beni culturali dal d.lgs. 42\2004, restauro o la manutenzione dei veicoli
d’epoca o di interesse storico o collezionistico di cui al d.lgs. 285\1992) e per chi,
prima di immettere il prodotto sul mercato, acquisisce dal soggetto che lo
utilizzerà una dichiarazione scritta in merito al possesso dei requisiti previsti
dall’articolo 3, comma 4, o una copia dell’autorizzazione prevista dall’articolo 3,
comma 5.
Infine il comma 6 dell’art. 6 esclude l’applicabilità delle sanzioni in caso di
immissione sul mercato dei prodotti di cui all’articolo 7, commi 1 e 2, effettuata
nei termini ivi previsti.
L’art. 7 contiene, infatti, disposizioni transitorie e finali e stabilisce che i
prodotti elencati nell’allegato I, aventi un contenuto di COV superiore ai valori
limite previsti nell’allegato II, possono essere immessi sul mercato nei dodici mesi
successivi alla data di applicazione del valore limite superato se si dimostra che
gli stessi sono stati prodotti prima di tale data (comma 1) e che i valori limite
previsti dall’allegato II non si applicano ai prodotti elencati nell’allegato I che, fin
dal primo atto di immissione sul mercato, sono destinati ad essere oggetto di
miscelazione o di utilizzazione esclusivamente in Stati non appartenenti
all’Unione europea (comma 2).

6. Così sommariamente delineato l’ambito di operatività del decreto
legislativo 161\2006, occorre rilevare, con riferimento alla violazione individuata
dall’art. 6, comma 1, che essa presuppone, per la sua configurabilità,
l’immissione sul mercato di un prodotto tra quelli elencati all’allegato 1 (la
definizione di «prodotto», contenuta nell’art. 2, lett. q), si riferisce alle «pitture, le

4

impianti autorizzati ed eserciti in conformità all’articolo 275 del d.lgs. 152\06 e

vernici e i prodotti per carrozzeria elencati nell’allegato l») ed il superamento dei
limiti di COV stabiliti dall’allegato II ed individua quali soggetti attivi, come si è
detto, il produttore e chi effettua operazioni di miscelazione.

7. Nel caso in esame, come emerge chiaramente dal provvedimento
impugnato, le condotte contestate all’imputato, in precedenza descritte,
riguardano l’effettuazione di attività di miscelazione in assenza di autorizzazione
e l’alterazione o contraffazione dell’etichettatura.

accertamenti espletati presso l’azienda del ricorrente, ha espressamente escluso
la sussistenza dei presupposti per ritenere configurata l’ipotesi contravvenzionale
di cui all’art. 6, lett. b), non essendo stato accertato il superamento dei valori
limite di COV e di quella di cui al comma 3 della medesima disposizione,
mancando la prova dell’alterazione o della contraffazione dell’etichettatura,
escludendo, nel contempo, la rilevanza in sede penale dell’eventuale immissione
sul mercato di prodotti privi di etichettatura, stante la previsione della sola
sanzione amministrativa nell’art. 6, comma 4.
All’esito di tale verifica, ha tuttavia ritenuto che la miscelazione di vernici, in
quanto effettuata in forma artigianale e senza il rispetto delle precauzioni minime
richieste, fosse avvenuta senza il rispetto delle istruzioni fornite allo scopo,
ponendo quindi in essere la condotta sanzionata dall’art. 6, comma 1, lett. c), che
ha ritenuto ricompresa nell’ambito dell’imputazione contestata.
Ritiene però il Collegio che, come correttamente rilevato dal ricorrente, le
conclusioni cui è pervenuto il giudice del merito siano errate.

8. Risulta in primo luogo evidente, dalla semplice lettura dell’imputazione
riportata nella sentenza impugnata, che la stessa contiene un generico richiamo
all’art. 6 del d.lgs. 161\06 (peraltro erroneamente indicato come «legge» tanto
nell’imputazione che nel corpo della motivazione) senza alcun richiamo ai commi
che prevedono le singole condotte e, ciò che maggiormente rileva, che, nella
descrizione delle condotte, essa richiama esclusivamente un’attività che sarebbe
stata posta in essere in assenza di titolo abilitativo e l’assenza, alterazione o
contraffazione dell’etichettatura.
Manca, quindi, qualsiasi riferimento all’effettuazione di operazioni di
miscelazione in modo difforme dalle istruzioni per l’uso o in assenza di tali
istruzioni di cui tratta il comma 1, lettera c) dell’art. 6.
E’ pertanto evidente la totale mancanza di correlazione tra accusa e
sentenza, che, tuttavia, il ricorrente non rileva in ricorso, lamentando, però, che
mancherebbe comunque la prova certa della condotta sanzionata.

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Il giudice del merito, dopo aver compiutamente riportato gli esiti degli

9.

L’assunto è comunque fondato, poiché il giudice del merito ha

apoditticamente ritenuto l’inosservanza delle istruzioni nell’effettuazione della
miscelazione sulla base di una mera presunzione, assumendo che l’esecuzione
della miscelazione in maniera artigianale e senza l’adozione di elementari
precauzioni costituisca dato sufficiente a dimostrare tale evenienza.
Sembra peraltro, dal tenore complessivo della motivazione, che il giudice del
merito abbia ricavato tale convinzione da quanto riferito dalla dirigente

sentenza, in parte anche testualmente, ma quanto affermato dalla testimone, la
quale ha parlato di emissioni che avrebbero dovuto essere convogliate, di
autorizzazioni necessarie a tale scopo, di esalazioni e della necessità di utilizzare
mascherine protettive nella lavorazione, sembra piuttosto riferibile a situazioni
rientranti nell’ambito di operatività di altre disposizioni normative, quali il d.lgs.
152\06 e quelle sulla sicurezza e salubrità degli ambienti di lavoro e non anche
alle disposizioni contenute nel d.lgs. 161\2006.

10. Ma, al di là di tutto questo, ciò che maggiormente evidenzia l’erronea
conclusione cui è pervenuto il giudice del merito è l’ulteriore motivo di ricorso
ove correttamente viene richiamata l’attenzione sul fatto che difetterebbe, nel
caso in esame, il presupposto del superamento dei valori limite di COV,
comunque necessario per la configurabilità della violazione contemplata dall’art.
6, comma 1 d.lgs. 161\2006.
A tale evenienza la sentenza impugnata non fa alcun rifermento laddove
ritiene applicabile l’art. 6, comma 1, lett. c) e la circostanza che, nel richiamare i
dati fattuali valorizzati ai fini della decisione, il giudice del merito abbia
sommariamente ricordato come la teste escussa avesse precisato di non aver
effettuato alcun controllo sulla «qualità ed intensità delle emissioni presenti
presso i locali» non disponendo di idonea strumentazione, deve far ritenere che
abbia ritenuto configurabile la violazione di cui all’art. 6, comma 1, lett. c) d.lgs.
161\2006 indipendentemente dal superamento dei valori limite di COV che non
sarebbe, altrimenti, minimamente provato.
Una tale lettura della disposizione richiamata deve, però, ritenersi errata.

11. La stessa formulazione letterale del comma 1 dell’art. 6 chiarisce, infatti,
che le condotte descritte nelle lettere a), b) e c) riguardano comunque
l’immissione sul mercato di prodotti elencati nell’allegato I, aventi un contenuto
di COV superiore ai valori limite stabiliti dall’allegato II.
La premessa effettuata dal legislatore nella prima parte del comma 1 è

6

dell’A.R.P.A., escussa ai sensi dell’art. 441, comma 5 cod. proc. pen. e riportato in

inequivocabile ed il richiamo ulteriore al superamento dei limiti contenuto nella
lettera b) assolve, evidentemente, ad una funzione meramente esplicativa della
condotta descritta, collegando il superamento dei limiti a successive operazioni
di miscelazione effettuate in modo conforme alle istruzioni per l’uso fornite dal
produttore
Del resto, se così non fosse, non avrebbe alcun senso, ad esempio, il
contenuto della lettera a), laddove, volendo attribuire rilevanza all’assenza di un
riferimento esplicito al superamento dei valori limite, si andrebbe

prodotto che non ha subito operazioni di miscelazione, o rispetto al quale tali
operazioni sono state effettuate in modo conforme alle istruzioni per l’uso da
costui fornite, mentre la mera inosservanza delle istruzioni per la miscelazione
sarebbe sanzionata penalmente, in base a quanto indicato nella lettera c),
rispetto alla immissione sul mercato di prodotti privi di etichetta o con etichetta
incompleta o evidentemente alterata o contraffatta, soggetta, come si è detto,
alla sola sanzione amministrativa di cui al comma 4.
Invero, il rispetto dei valori limite di COV costituisce una delle priorità della
disciplina in esame, come si ricava, ad esempio, dall’art. 3 della direttiva
2004/42/CE, laddove stabilisce che «gli Stati membri provvedono affinché i
prodotti di cui all’allegato I siano immessi sul mercato nel loro territorio a partire
dalle date stabilite nell’allegato Il solo se hanno un contenuto di COV non
superiore ai valori limite fissati nell’allegato Il e se sono conformi all’articolo 4» e
dallo stesso d.lgs. 161\2006, il quale specifica, nell’art. 1, che esso
«…determina, per le pitture, le vernici e i prodotti per carrozzeria, di seguito
unitariamente denominati prodotti, elencati nell’allegato I, il contenuto massimo
di COV ammesso ai fini dell’immissione sul mercato» richiamando, nell’art. 3,
comma 1, quanto indicato dalla direttiva comunitaria e prevedendo i valori limite
di cui nell’allegato Il e l’applicazione, per la loro verifica, dei metodi analitici di cui
all’allegato III.

12. Deve in definitiva affermarsi il

principio

secondo il quale

la

contravvenzione prevista e punita dall’art. 6, comma 1 d.lgs. 16112006
richiede, con riferimento a tutte le condotte, attribuibili al produttore
ed a colui che effettua la miscelazione, di cui alle lettere a), b) e c),
l’immissione sul mercato di uno dei prodotti di cui all’Allegatol al
medesimo decreto ed il superamento dei limiti di COV (composto
organico volatile) stabiliti dall’Allegato II.

13. Da ciò consegue l’insussistenza, nel caso in esame, del fatto attribuito

7

paradossalmente a sanzionare il produttore per aver immesso sul mercato un

all’imputato, cosicché la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio.

P.Q.M.

Così deciso in data 17.1.2014

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.

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