Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6105 del 18/11/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 6105 Anno 2016
Presidente: FRANCO AMEDEO
Relatore: DI NICOLA VITO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Marchese Giosè, nato a Cosenza il 06-04-1958
avverso la sentenza del 13-11-2014 della Corte di appello di Catanzaro;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Vito Di Nicola;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Pasquali Fimiani che ha
concluso per l’annullamento senza rinvio perché il fatto non è previsto dalla
legge come reato;
Udito per il ricorrente l’avv. Marco Marronare, un sostituzione dell’avv. Ferruccio
Mariani, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

Data Udienza: 18/11/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Giosè Marchese ricorre per cassazione impugnando la sentenza indicata in
epigrafe con la quale la Corte di appello di Catanzaro ha confermato quella
emessa dal tribunale di Cosenza con la quale il ricorrente è stato condannato alla
pena, condizionalmente sospesa, di mesi quattro di reclusione per il reato
previsto dall’articolo 10-bis decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 per non
aver versato entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione

sostituti relativamente ad emolumenti erogati nell’anno di imposta 2006 per un
ammontare superiore ai 50.000,00 Euro (complessivamente euro 85.481,00). In
Cosenza il 30 settembre 2007 (termine per la presentazione del modello 730
semplificato per l’anno di imposta 2006).

2. Per la cassazione dell’impugnata sentenza, il ricorrente solleva, tramite il
difensore, i due seguenti motivi di gravame.
2.1. Il primo motivo il ricorrente lamenta la carenza, la contraddittorietà e la
manifesta illogicità della motivazione su punti decisivi per il giudizio (articolo
606, comma 1, lettera e) codice di procedura penale in relazione all’articolo 192
stesso codice) quanto all’omessa motivazione circa l’avvenuto rilascio delle
certificazioni ai sostituti.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce il vizio di motivazione nonchè
l’inosservanza o l’erronea applicazione della legge penale in relazione agli articoli
10-bis, 12 e 13 decreto legislativo 74 del 2000 (articolo 606, comma 1, lettere
b) ed e), codice di procedura penale).

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato nei limiti e sulla base delle considerazioni che
seguono.

2. Osserva preliminarmente il Collegio, essendo la questione pregiudiziale
all’esame dei motivi, che il d.lgs. 24 settembre 2015, n.158 (pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale – Serie Generale – n. 233 del 7 ottobre 2015, in vigore dal 22
ottobre 2015) ha novellato la fattispecie incriminatrice ex art. 10-bis d.lgs. n. 74
del 2000 attraverso una riformulazione del modello legale e soprattutto elevando
la soglia di punibilità per l’integrazione del fatto di reato da euro 50.000 ad euro
150.000.

\50-Th

annuale di sostituto di imposta, ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai

I

3. Ne consegue che, nel caso di specie, non risulta integrata la soglia di
punibilità richiesta per la configurabilità della fattispecie incriminatrice.
Ritiene il Collegio che, nell’art. 10-bis d.lgs. n. 74 del 2000 e nelle fattispecie
analoghe che condividono la stessa struttura quanto agli enunciati di tipicità che
caratterizzano la fattispecie incriminatrice, la soglia di punibilità rientra tra gli
elementi costitutivi del reato e non tra le condizioni obiettive di punibilità.
Per rendersene conto è fondamentale la considerazione per la quale
l’integrazione o meno della soglia quantitativa necessaria per il perfezionamento
del reato non dipende da un evento futuro ed incerto (ossia da una condizione)
ma dallo stesso comportamento omissivo dell’agente che non versa le ritenute
operate nella qualità di sostituto d’imposta entro il termine previsto per la
presentazione della relativa dichiarazione annuale per un importo che, integrata
la soglia, contribuisce alla realizzazione del fatto tipico.
In definitiva, la soglia di punibilità si traduce nella fissazione di una quota di
rilevanza quantitativa e/o qualitativa del fatto tipico (come avviene, a titolo
esemplificativo, nell’usura, ove il requisito della usurarietà del tasso di interesse
risulta da una complessa operazione di determinazione di esso; avviene nei casi
in cui si ricorre alla fissazione di limiti tabellari che servono a qualificare la
tossicità degli alimenti, o il tasso alcoolemico del conducente di veicoli), con la
conseguenza che, alla mancata integrazione della soglia, corrisponde la
convinzione del legislatore circa l’assenza nella condotta incriminata di una
“sensibilità” penalistica del fatto, sicché il comportamento sotto soglia è ritenuto
non lesivo del bene giuridico tutelato, consistente, nel caso in esame, nella
salvaguardia degli interessi patrimoniali dello Stato connessi alla percezione dei
tributi, anche in ossequio alla necessità di esaltare il principio di offensività,
dovendo alla soglia di punibilità spettare – come si legge nella Relazione di
accompagnamento al decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 – anche il
compito, conformemente alla previsione dell’articolo 9, comma 1, lettera b),
della legge delega, di «limitare l’intervento punitivo ai soli illeciti di significativo
rilievo economico», consentendo di riflesso un conseguente alleggerimento del
carico penale.
E’ il caso poi di segnalare come la Corte costituzionale (sentenza n. 241 del
2004), convalidando siffatte opzioni interpretative, abbia assegnato alle soglie di
punibilità (nel caso dello scrutinio di costituzionalità si trattava delle soglie
contemplate dalla previgente formulazione dell’art. 2621 cod. civ.) il ruolo di
“requisiti essenziali di tipicità del fatto”.
Inoltre, nella stessa relazione di accompagnamento al d.lgs. n. 74 del 2000
è poi significativamente affermato che le soglie di punibilità sono “da considerarsi
alla stregua di altrettanti elementi costitutivi del reato e che in quanto tali
debbono essere investiti dal dolo”.

3

.,

Ne consegue che deve rientrare nel fuoco del dolo anche la soglia di
punibilità (ora di Euro centocinquantamila a seguito del d.lgs. n. 158 del 2015),
che è un elemento costitutivo del fatto di reato, con la sottolineatura che il dolo è
generico (Sez. U, n. 37425 del 28/03/2013, Favellato, in motiv.) e che la prova
del dolo è insita in genere nella presentazione della dichiarazione annuale o da
quanto risulta dalle certificazioni rilasciate ai sostituiti, emergendo da tali atti
l’importo dovuto a titolo sostituto di imposta e che deve, quindi, essere versato o
almeno contenuto non oltre la soglia, ora, di Euro centocinquantamila, entro il

4. Da ciò deriva che la formula assolutoria da utilizzare in ipotesi di mancata
integrazione della soglia di punibilità nel delitto previsto dall’art.

10-bis d.lgs. n.

74 del 2000, vuoi perché, contestato un fatto integrante la soglia, lo stesso è
invece risultato, a seguito dell’accertamento processuale, sotto-soglia oppure
perché, come nel caso di specie, la soglia di punibilità è stata elevata a seguito
dello ius superveniens, è di semplice soluzione, avendo le Sezioni Unite penali
affermato che nel caso in cui manchi un elemento costitutivo, di natura
oggettiva, del reato contestato, l’assoluzione dell’imputato va deliberata con la
formula «il fatto non sussiste», non con quella «il fatto non è previsto dalla legge
come reato», che riguarda la diversa ipotesi in cui manchi una qualsiasi norma
penale cui ricondurre il fatto imputato (Sez. U, n. 37954 del 25/05/2011,
Orlando, Rv. 250975; Sez. U, n. 40049 del 29/05/2008, Guerra, un motiv.).
Pertanto, l’adozione della formula «il fatto non è previsto dalla legge come
reato» dipende dal tenore formale dell’imputazione, dalla circostanza cioè che
con esso si assume la riconducibilità della fattispecie concreta ad una fattispecie
astratta mai esistita, abrogata o dichiarata in toto costituzionalmente illegittima.
Mentre, quando il fatto storico, così come ricostruito, non è idoneo, come nella
specie, ad essere sussunto nella fattispecie astratta, per la mancanza di un
elemento costitutivo del reato, occorre adottare la formula «il fatto non sussiste»
(Sez. U, n. 37954 del 25/05/2011, Orlando, cit.).

5. Resta soltanto da chiarire che l’insussistenza del fatto dichiarata, come
nel caso in esame, per la mancata integrazione della soglia di punibilità, attiene
all’inconfigurabilità della fattispecie incriminatrice quanto all’accertamento che
non sussiste il fatto che sia stata raggiunta una soglia pari o superiore a quella
prevista per la realizzazione del reato, con la conseguenza che è esclusivamente
rispetto a tale fatto che, ai sensi dell’art. 652 cod. proc. pen., la sentenza penale
irrevocabile di assoluzione pronunciata, come in questo caso, a seguito di
dibattimento ha efficacia di giudicato, restando impregiudicata, per assenza di
accertamento in sede penale, l’eventuale mancato versamento delle ritenute
4

termine di legge previsto.

,

operate n misura inferiore alla soglia di punibilità e potendo l’amministrazione
finanziaria procedere in via amministrativa all’accertamento della violazione e
all’irrogazione delle relative sanzioni in relazione all’imposta dovuta e non
versata, purché sotto soglia.
Ne deriva l’annullamento senza rinvio dell’impugnata sentenza perché il
fatto non sussiste.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.
Così deciso il 18/11/2015

..

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