Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6102 del 15/01/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 6102 Anno 2014
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: GENTILI ANDREA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
LAI Jinchun, nato a Hubei (Rpc) il 24 dicembre 1975
avverso del la sentenza n. 2707 emessa dalla Corte di appello di Firenze il 8 ottobre
2012;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Andrea GENTILI;
sentita la requisitoria del PG Dott. Giuseppe VOLPE, il quale ha concluso chiedendo
la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Firenze, sostanzialmente confermando la precedente
decisione del Tribunale di Firenze, sezione distaccata di Empoli del 5 luglio 2010,
dichiarata la penale responsabilità di Lai Jinchun in relazione al reato di cui agli artt.
81 cod. pen. e 2, comma 3, dlgs n. 74 del 2000, lo condannava, con sentenza del 8
ottobre 2012, alla pena di anni uno e mesi 4 di reclusione, irrogando, altresì, le
sanzioni accessorie previste dall’art. 12 dello stesso dIgs n. 74 per la durata di anni
uno e disponendo il beneficio della sospensione condizionale della pena.
In particolare la Corte di appello si discostava dalla decisione assunta dal
Giudice di prime cure – accogliendo sul punto il ricorso proposto dal competente
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Data Udienza: 15/01/2014

Procuratore generale – disponendo l’applicazione delle summenzionate pene
accessorie, non disposte con la sentenza di primo grado, e, accogliendo al riguardo
l’appello dell’imputato, dichiarando non doversi procedere limitatamente al reato
riferibile all’anno di imposta 2003, per essersi lo stesso estinto per prescrizione.

di titolare di ditta individuale – nelle dichiarazioni dei redditi presentate negli anni
2003, 2004, 2005 e 2006, al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore
aggiunto, poste passive documentate attraverso fatture apparentemente emesse da
altre imprese ma in realtà relative operazioni commerciali inesistenti, sia sotto il
profilo oggettivo che sotto quello soggettivo, in quanto intestate ad imprese
inesistenti e non operanti all’epoca dei fatti, per un complessivo importo di circa
euro 465.000,00, così precisamente ripartito: 93.000,00 euro per l’anno 2003;
72.008,53 euro per l’anno 2004; 92.693,60 euro per l’anno 2005 e 208.184,50
euro per l’anno 2006; il tutto accertato in Empoli 5 giugno 2008
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione, tramite il proprio
difensore di fiducia, l’imputato, deducendo quattro motivi di impugnazione.
Col primo di essi si deduce la nullità del capo di imputazione per genericità,
lamentandosi che nella rubrica contestata non fossero elencate analiticamente le
singole fatture ritenute relative ad operazioni inesistenti, contenendo essa solo un
riepilogo di quelle e dell’importo della imposta evasa. Per effetto di tale
manchevolezza sarebbe stata limitato il diritto dell’imputato a difendersi.
Con secondo motivo l’imputato osserva che la condotta a lui ascritta,
consistente nella creazione, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore
aggiunto, di un documento relativo ad operazioni inesistenti, non dovrebbe
costituire fonte per imputazioni aventi ad oggetto la violazione dell’art. 2 del dlgs n.
74 del 2000, come invece a lui contestato, ma del successivo art. 3. Ad avviso
della ricorrente difesa, infatti, il reato di cui all’art. 2 dlgs n. 74 del 2000 si realizza
allorché un soggetto, realmente emittente di una fattura, la compili falsamente nel
suo contenuto in quanto relativa ad operazioni commerciali inesistenti, laddove il
successivo art. 3 dello stesso dlgs sanziona, secondo l’assunto difensivo, la
condotta di chi emetta una fattura totalmente contraffatta, in quanto mendace non
solo riguardo al suo contenuto rappresentativo di una inesistente transazione
commerciale, ma anche quanto alla indicazione del soggetto emittente; nel primo
caso, secondo il ricorrente, il falso sarebbe solo ideologico, nel secondo si
tratterebbe di un falso materiale. Nel caso che interessa, contestata la emissione di
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L’addebito mosso al prevenuto consisteva nell’aver egli indicato – nella qualità

fatture radicalmente false poiché emesse da soggetti inesistenti, si sarebbe dovuta
contestare la violazione dell’art. 3 del dlgs n. 74 del 2000; la circostanza che,
invece, sia stato contestato l’art. 2, ed applicata la sanzione prevista da tale
disposizione, facendo venire meno la necessaria correlazione fra l’accusa e la

Il ricorrente deduce ancora il difetto di motivazione della sentenza impugnata in
ordine alla sussistenza dell’elemento soggettivo – si tratta di dolo specifico – di cui
alla fattispecie in esame. Infatti, risultando dalla documentazione contabile esibita
dal Lai Jinchun che questi, effettivamente, avrebbe versato le somme di danaro
riportate nelle fatture asseritamente false, la sua difesa fa derivare da ciò che egli
non avrebbe inteso evadere le imposte di cui al capo di imputazione, data la
effettiva sussistenza delle spese portate in deduzione dall’imponibile dichiarato.
Infine, col quarto motivo di ricorso si censura la mancata concessione delle
attenuanti generiche – in assenza, si dice, di elementi valorizzabili a questo titolo,
se non la formale incensuratezza che da sola non può sostenere il beneficio – senza
tenere conto del fatto che si è in presenza di un reato che è tale solo perché,
relativamente ad un solo anno di imposta è superata, e non di molto, la soglia di
punibilità che discrimina la fattispecie aggravata da quella ordinaria; dato questo
che, anche al fine di adeguare la pena al fatto, ne avrebbe giustificato la
concessione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, risultato solo parzialmente fondato, deve essere accolto nei limiti di
quanto di ragione.
Destituito di fondamento è il primo motivo di ricorso.
Premesso, infatti, che non è riscontrabile alcuna genericità in un capo di
imputazione che, in un’ipotesi delittuosa quale quella per cui si procede, non elenchi
specificatamente tutti i documenti che si affermano essere stata falsificati o
contraffatti, laddove essi siano comunque identificabili attraverso il rinvio ad una
categoria di essi che ne renda possibile la determinazione (Corte di cassazione,
Sezione V penale, 9 giugno 2000, n. 8932), osserva questa Corte che, secondo
quanto emerge sia dalla motivazione della sentenza della Corte di appello di Firenze
che da quella del giudice di prime cure, non solo alcune ma tutte le fatture utilizzate
in sede di dichiarazione dei redditi dal prevenuto, emesse dai “fornitori” della ditta
di costui denominati “Confezioni Filici di Hong Li” e “Ditta Bing di Lin Bing Quan”, in

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sentenza, determinerebbe la nullità di quest’ultima.

quanto emesse da soggetti inesistenti o comunque non operanti sul mercato, erano
false.
Non vi è, pertanto, genericità del capo di imputazione né alcuna

con la dovuta precisione, dal contenuto della rubrica quale era stata la condotta a
lui contestata come illecita.
Parimenti destituito di fondamento il secondo motivo di ricorso.
Questa Corte, infatti, ha più volte precisato che il delitto di dichiarazione
fraudolenta mediante l’uso di fatture fittizie, punito dall’art. 2 del dlgs n. 74 del
2000, non presuppone che il documento utilizzato debba necessariamente essere
stato emesso da terzi compiacenti, ben potendo essere creato

ex novo

dall’utilizzatore stesso, facendo apparire la provenienza da terzi; ciò in quanto la
ragione della norma sta nel fatto di punire colui che artificiosamente si
precostituisce dei costi sostenuti, al fine di abbattere l’imponibile, e non presuppone
il concorso di terzi (Corte di cassazione, Sez. III penale 28 dicembre 2011, n.
48498).
Ha, peraltro chiarito la Corte — proprio con specifico riferimento alla distinzione
fra le due fattispecie, entrambe penalmente rilevanti, di cui agli artt. 2 e 3 del dlgs
n. 74 del 2000 – che integra il reato di cui all’art. 2 dlgs cit., e non già la diversa
fattispecie di cui all’art. 3, l’utilizzo, ai fini della indicazione di fittizi elementi
reddituali passivi, di fatture false non solo sotto il profilo ideologico, in quanto
riferite ad operazioni inesistenti, ma anche sotto il profilo materiale, perché emesse
da ditte in realtà inesistenti (Corte di cassazione, Sez. III penale, 9 febbraio 2011,
n. 9673).
L’applicazione dei suesposti condivisi principi conduce al rigetto anche del
secondo motivo di ricorso.
Il terzo motivo, con quale si censura un preteso difetto di motivazione della
sentenza impugnata in ordine alla sussistenza del dolo specifico in capo all’odierno
ricorrente è manifestamente infondato.
A prescindere dal fatto che sullo sfondo della argomentazione spesa dalla difesa
di Lai Jinchun sta la singolare pretesa di poter legittimamente “sterilizzare” gli
effetti fiscalmente negativi di una pratica illecita (eseguire pagamenti privi di
documentazione contabile ex latere accipientis) con la realizzazione di un altro
illecito (la creazione ex latere solventis di falsi documenti contabili da portare in
deduzione per un equivalente valore), si osserva che, diversamente da quanto nel
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compromissione del diritto di difesa ben potendo l’odierno imputato comprendere,

ricorso sostenuto, la impugnata sentenza fornisce una motivazione immune da vizi
logici e giuridici intesa a dimostrare che non vi è alcuna prova che la finalità delle
false fatture fosse quella di “andare a coprire forniture in nero”, e quindi a

tutto plausibile, che la mera esistenza di movimenti di danaro in uscita nella
contabilità del prevenuto non sia idonea a far ritenere che essi fossero funzionali al
pagamento degli importi di cui alle fatture contraffatte.
Fondato, è viceversa, il quarto motivo di impugnazione.
Al riguardo osserva questa Corte che il Giudice territoriale ha fondato la sua
decisione di non concedere in favore dell’imputato le attenuanti generiche, sul
rilievo che l’unico elemento a tal fine valorizzabile, cioè lo stato di incensuratezza
del Lai, non è idoneo allo scopo, in quanto “come è noto, (l’incensuratezza) non può
da sola sostenere il beneficio”.
Sul punto occorre precisare che è stato per lunghi anni jus receptum che
“l’incensuratezza dell’imputato costituisce elemento valido di giudizio per concedere
le attenuanti generiche” (Corte di cassazione, Sez. III penale, 10 maggio 1965, n.
1600, si cita volutamente una lontana sentenza onde mettere in luce il radicamento
temporale del detto orientamento); tale indirizzo, coerente con l’allora vigente
assetto normativo, è stato, di recente, superato per effetto dell’espresso dettato
legislativo; infatti l’attuale testo dell’art.

62-bis, comma terzo, cod. pen. prevede

che: “In ogni caso, l’assenza di precedenti condanne per altri reati a carico del
condannato non può essere, per ciò solo, posta fondamento della concessione delle
circostanze di cui al primo comma”.
E’ questo, evidentemente, il vincolo negativo cui si riferisce la Corte territoriale
nell’escludere la concedibilità della circostanze attenuanti generiche nel caso di
specie.
Va, però, precisato che, inserita la predetta disposizione, sotto forma di
novella, nel testo originario dell’art. 62-bis, cod pen., a seguito della entrata in
vigore della legge 24 luglio 2008, n. 125, di conversione del decreto legge 27
maggio 2008, n. 92, essa è applicabile, stante la sua schietta natura di norma di
diritto penale sostanziale, solo per i fatti commessi successivamente alla sua
entrata in vigore (Corte di cassazione, Sez. I penale, 19 maggio 2009, n. 23014).
Nel nostro caso, invece, anche l’ultima in ordine di tempo delle condotte
ascritte al Lai è stata posta in essere in data 24 settembre 2007, cioè al momento

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consentire la deducibilità di esborsi realmente effettuati, ritenendosi, con scelta del

della presentazione della dichiarazione di imposta relativa all’anno 2006, quindi ben
prima della entrata in vigore della citata legge n. 125 del 2008.
Deve ritenersi, pertanto, viziata la sentenza della Corte di appello di Firenze

giudice al riguardo, si afferma che non è possibile riconoscere all’imputato le
attenuanti generiche ove queste siano esclusivamente fondate sul suo stato di
incensuratezza, anche laddove la condotta costituente reato si sia realizzata
anteriormente alla entrata in vigore della legge n. 125 del 2008.
Di conseguenza, previo annullamento della sentenza su questo solo punto, si
rinvia ad altra Sezione della Corte di appello di Firenze, la quale dovrà ex novo
decidere, in applicazione dell’esposto principio e facendo uso della propria prudente
discrezionalità, sulla concessione o meno al prevenuto della attenuanti generiche,
rideterminando, altresì, se del caso, la irroganda pena.
PQM

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla concedibilità delle attenuanti
generiche e rinvia ad altra Sezione della Corte di appello di Firenze;
rigetta quanto al resto il ricorso.
Così deciso in Roma, il 15 gennaio 2014
Il Consigliere stensor
1A

Il P sidente

nella parte in cui in essa, negandosi la sussistenza di alcun potere discrezionale del

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