Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6101 del 09/01/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 6101 Anno 2014
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: AMORESANO SILVIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) Pitarresi Emanuele

nato il 6.6.1952

avverso la sentenza del 18.9.2013
della Corte di Appello di Trieste
sentita la relazione svolta dal Consigliere Silvio Amoresano
sentite le conclusioni del P. G., dr. Angelo Di Popolo , che
ha chiesto rigettarsi il ricorso

Data Udienza: 09/01/2014

1. Con sentenza del 18.9.2013 la Corte di Appello di Trieste confermava la sentenza del
Tribunale di Trieste, in composizione monocratica, emessa in data 16.7.2012, con la quale
Pitarresi Emanuele era stato condannato alla pena di anni 1 di arresto ed euro 4.000,00 di
ammenda per i reati di cui all’art.256 co.1 lett. b) e co.2 D.L.vo 152/2006, ascritti ai capi a) e
c), limitatamente ai rifiuti speciali rinvenuti in data 10.12.2008 in Piazzale delle Puglie e via
Visinada, in data 19.1.2009 in via Miramare ed in data 3.3.2009 in via S.Sabba, riuniti sotto il
vincolo della continuazione.
Assumeva la Corte territoriale, richiamando la condivisibile motivazione della sentenza
impugnata, che la vicenda processuale aveva tratto origine dalla segnalazione di un cittadino,
tale Allegretti, il quale aveva notato un furgoncino posizionato vicino ai cassonetti nei pressi
di Piazzale delle Puglie ed un individuo che, dopo aver prelevato dal veicolo due grandi sacchi
di colore giallo, li aveva gettati all’interno di un cassonetto. L’Allegretti, che aveva notato la
stessa scena qualche giorno prima, aveva annotato il numero di targa come suggerito dalla
Polizia municipale che era stata informata del fatto. Gli agenti municipali, intervenuti sul posto,
avevano trovato i sacchi, al cui interno si trovavano garze e fazzoletti macchiati di sangue,
aghi usati, guanti di lattice e confezioni di vaccini e siringhe.
Attraverso il numero di targa del furgone si risaliva al proprietario, Pitarresi Emanuele, e, a
seguito di perquisizione del veicolo, venivano rinvenuti dei sacchi di colore giallo con la scritta
rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo, nonché alcuni moduli e formulari utilizzati nello
smaltimento dei rifiuti sanitari; si accertava altresì che l’imputato era autorizzato a svolgere
attività di smaltimento di rifiuti sanitari non pericolosi.
Nella stessa giornata del 10.12.2008, nel tardo pomeriggio, all’interno dei cassonetti,
posizionati in via Visinada, venivano rinvenuti altri quattro sacchi di nylon di colore giallo, che
contenevano lo stesso materiale di quelli rinvenuti in Piazzale Duca delle Puglie.
Nel prosieguo delle indagini, in data 19 gennaio 2009, il Pittaresi, che era stato oggetto di
pedinamento e osservazione, era sorpreso mentre, alla guida di altro furgone, dopo essersi
recato presso vari studi medici, uscendone con sacchi gialli, li depositava poi nel cassonetto
dei rifiuti in viale Miramare (anche tali sacchi, sottoposti a sequestro, contenevano rifiuti
sanitari ed in particolare guanti macchiati di sangue ed ovatta imbevuta di sostanza ematic0.
Infine, sempre all’esito di un servizio di osservazione e pedinamento, il Pitarresi veniva
sorpreso mentre depositava due grossi sacchi (contenenti i medesimi rifiuti) nei cassonetti
posizionati in via S.Sabba.
Tanto premesso, la Corte territoriale disattendeva innanzitutto l’eccezione di difetto di
correlazione tra accusa e sentenza; assumeva, poi, che non era necessario alcun accertamento
tecnico, essendo sufficiente la descrizione esteriore del rifiuto per poterlo classificare “sanitario
pericoloso” (nel caso di specie alcuni dei materiali rinvenuti presentavano tracce evidenti di
sostanza ematica).
La testimonianza dell’Allegretti e degli agenti operanti, nonché le risultanze dei verbali di
perquisizione e sequestri) attestavano poi in modo inequivocabile la riferibilità all’imputato del
materiale depositato nei cassonetti. Infine la consapevolezza della tipologia dei rifiuti contenuti
nei sacchi emergeva incontestabilmente dal fatto che era lo stesso Pitarresi a ritirare i rifiuti
medesimi presso gli studi medici ed a compilare i formulari.

RITENUTO IN FATTO

2. Ricorre per cassazione Pitarresi Emanuele, a mezzo del difensore.
Dopo una premessa in fatto, denuncia, con il primo motivo, la violazione di legge in relazione
all’art.521 c.p.p..
L’eccezione di mancanza di correlazione tra accusa e sentenza di condanna era stata sollevata
con i motivi di appello, ma è stata rigettata dalla Corte territoriale con motivazione non
condivisibile. Non vi è infatti alcun riferimento, per il capo a),ai rifiuti dei tre studi medici e
della residenza Polifunzionale Brioni e, per il capo c), ad uno degli 82 studi medici indicati
nell’allegato. Non vi è quindi alcun collegamento tra quanto il Pitarresi avrebbe prelevato e
quanto avrebbe abbandonato nei cassonetti.
Con il secondo motivo denuncia la violazione di legge in relazione agli artt.187 e 192 c.p.p. ed
il vizio di motivazione in ordine alla mancata ammissione di perizia, avendo i Giudici di merito
ritenuto, in modo apodittico, che si trattasse di rifiuti sanitari speciali a rischio infettivo.

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CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.
2. Quanto all’eccepita violazione dell’art.521 c.p.p., è assolutamente pacifico che si ha
violazione del principio di correlazione tra sentenza ed accusa contestata solo quando il fatto
ritenuto in sentenza si trovi rispetto a quello contestato in rapporto di eterogeneità o di
incompatibilità sostanziale, nel senso che si sia realizzata una vera e propria trasformazione,
sostituzione o variazione dei contenuti essenziali dell’addebito.
La verifica dell’osservanza del principio di correlazione va, invero, condotta in funzione della
salvaguardia del diritto di difesa dell’imputato cui il principio stesso è ispirato. Ne consegue che
la sua violazione è ravvisabile soltanto qualora la fattispecie concreta – che realizza l’ipotesi
astratta prevista dal legislatore e che è esposta nel capo di imputazione- venga mutata nei
suoi elementi essenziali in modo tale da determinare uno stravolgimento dell’originaria
contestazione, onde emerga dagli atti che su di essa l’imputato non ha avuto modo di
difendersi (cfr. ex multis Cass.pen.sez.VI, 8.6.1998 n.67539).
Sicchè “non sussiste violazione del principio di correlazione n della sentenza all’accusa
contestata quando nella contestazione, considerata nella sua interezza, siano contenuti gli
stessi elementi del fatto costitutivo del reato ritenuto in sentenza, in quanto l’immutazione si
verifica solo nel caso in cui tra i due episodi ricorra un rapporto di eterogeneità o di
incompatibilità sostanziale per essersi realizzata una vera e propria trasformazione,
sostituzione o variazione dei contenuti essnziali dell’addebito nei confronti dell’imputato, posto,
così, a sorpresa di fronte ad un fatto del tutto nuovo senza aver avuto nessun possibilità
d’effettiva difesa” (cfr.sez.6 n.35120 del 13.6.2003).
Più di recente questa Corte ha ribadito il principio che “si ha violazione del principio di
correlazione tra accusa e sentenza se il fatto contestato sia mutato nei suoi elementi essenziali
in modo tanto determinante da comportare un effettivo pregiudizio ai diritti della difesa”
(cfr.Cass.sez.6 n.12156 del 5.3.2009). Deve cioè trattarsi di una trasformazione sostanziale
dei contenuti dell’addebito, tale da impedire di apprestare la difesa in ordine al fatto ritenuto in
sentenza.
Inoltre “il mutamento di per sé non è sufficiente per ritenere violato il principio di correlazione
tra fatto contestato e ritenuto in sentenza in quanto necessita la ulteriore verifica intesa a
controllare se, comunque, nel corso del processo l’imputato è stato posto in grado di confutare

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Con il terzo motivo denuncia la violazione degli artt.187 e 192 c.p.p. ed il vizio di motivazione
in ordine alla riferibilità dei rifiuti al ricorrente.
I Giudici di merito non hanno tenuto conto che il teste Allegretti è completamente inattendibile
in ordine agli elementi forniti per l’identificazione del Pitarresi e che non vi è alcun
collegamento con il materiale rinvenuto sul furgone (l’identità dei contenitori è un fatto privo
di univocità).
Con il quarto motivo denuncia la violazione di legge in relazione agli artt.187 e 192 c.p.p. ed il
vizio di motivazione in relazione alla riferibilità all’imputato dei sacchi rinvenuti in via Visinada.
La perquisizione ed il sequestro dei sacchi nei cassonetti di via Visinada avvengono alle ore
18,50, mentre la perquisizione ed il sequestro del veicolo del Pittaresi alle ore 16,00. Già tale
incongruenza temporale è sufficiente per affermare che i rifiuti potrebbero essere stati
depositati da chiunque. Né può essere utilizzata la testimonianza dell’operante Dell’Osto
quando riferisce di fatti appresi da soggetti di cui non ricorda il nome ed in ordine alla natura
dei rifiuti.
La motivazione della sentenza è poi illogica in ordine alla consapevolezza, da parte del
ricorrente, della natura dei rifiuti raccolti. La sentenza dà per scontato che il prevenuto fosse a
conoscenza di quanto i medici gli consegnavano.
Con il quinto motivo, infine, denuncia la violazione di legge ed il vizio di motivazione in
relazione all’art.268 c.p.p.
L’art.268 co.7 c.p.p. impone la trascrizione con la forma della perizia delle intercettazioni che si
vogliono utilizzare. Sono stadi, invece, acquisiti e dichiarati utilizzabili i brogliacci trascritti
dagli operatori.

2.1. All’imputato erano stati, originariamente, contestati al capo a) plurimi episodi di
smaltimento di rifiuti sanitari, da aprile a dicembre 2008, sulla base di quanto conferito in quel
periodo dagli studi medici indicati nell’imputazione e della circostanza che il centro di
smaltimento della Acegas (al quale avrebbe dovuto rivolgersi il prevenuto) a partire dal
gennaio 2008 non aveva più registrato conferimenti da parte del Pitarresi (cfr.pag. 7
sent.Trib.).
La medesima cosa è a dirsi per il reato di cui al capo c), facendosi riferimento nell’imputazione
a tutti i rifiuti raccolti, nel periodo a partire dal febbraio 2007, da Pitarresi presso 82 studi
medici (pag.7 sent.Trib.)
Il Tribunale ha mandato assolto l’imputato dalle imputazioni relative agli episodi per i quali la
prova della responsabilità era fondata su “presunzioni”.
Nel capo di imputazione sub a) si faceva, però, anche preciso riferimento a quanto accaduto in
data 10.12.2008 vale a dire al deposito nei cassonetti della raccolta dei rifiuti solidi urbani e
cioè nel “cassonetto di piazzale delle Puglie in cui venivano abbandonati due grandi sacchi; il
cassonetto di via Visinada n.7 in cui venivano abbandonati 4 grandi sacchi”.
A prescindere quindi dal “collegamento” con gli studi medici, presso cui erano stati raccolti,
l’imputazione descriveva precisamente (per quel che rileva ai fini della configurabilità del reato
contestato) la condotta di abbandono di rifiuti sanitari pericolosi, con espresso riferimento al
luogo del deposito.
Anche in relazione al reato di cui al capo c), sia con riguardo al tempo del commesso reato che
al luogo, è specificamente indicata la condotta (“..il cassonetto di via Miramare 331 in cui
venivano abbandonati 4 sacchi, il cassonetto di via San Sabba in cui venivano abbandonati due
sacchi..”).
Del resto il Pittaresi, presente nel giudizio di primo grado (cfr. sent.), ha avuto ampiamente
modo di difendersi in ordine a siffatte contestazioni ed a tutte le emergenze processuali che
venivano ad acquisirsi in ordine ai tre episodi per i quali è stata pronunciata sentenza di
condanna.
3. In relazione alla riferibilità al ricorrente delle condotte, va ricordato che è pacifico, anche alla
luce della formulazione dell’art.192 c.p.p., che, come costantemente affermato da questa
Corte, “… l’apprezzamento unitario degli indizi per la verifica della confluenza verso una
univocità indicativa che dia la certezza logica dell’esistenza del fatto da provare, costituisce
un’operazione logica che presuppone la previa valutazione di ciascuno singolarmente, onde
saggiarne la valenza qualitativa individuale. Acquisita la valenza indicativa, sia pure di portata
possibilistica e non univoca di ciascun indizio deve allora passarsi al momento metodologico
successivo dell’esame globale ed unitario, attraverso il quale la relativa ambiguità indicativa di
ciascun elemento probatorio può risolversi, perché nella valutazione complessiva ciascun
indizio si somma e si integra con gli altri, di tal che l’insieme può assumere quel pregnante ed
univoco significato dimostrativo che consente di ritenere conseguita la prova logica del fatto…”
(cfr.ex multis Cass.pen.sez.un.4.6.1992 n.6682).
3.1. La Corte territoriale, con argomentazioni precise, dettagliate ed immuni da vizi logici, si è
attenuta agli esposti principi, esaminando, da un lato, tutte le circostanze indizianti a carico
del Pitarresi nella loro gravità precisione e concordanza, e, dall’altro, sottolineando come le
stesse, valutate complessivamente, risultavano convergenti nella prova di colpevolezza
dell’imputato.
Richiamando anche la sentenza di primo grado e confutando adeguatamente i rilievi difensivi,
ha indicato gli elementi indiziari da cui emergeva la riferibilità all’imputato anche
dell’abbandono dei rifiuti in data 10.12.2008 (per le condotte relative al 19.1.2009 e
3.3.2009, il Pitarresi, oggetto di pedinamento e osservazione, veniva addirittura sorpreso in
flagranza di reato).
In tal senso deponevano, in modo univoco, in una valutazione globale e non parcellizzata
(come pretende il ricorrente), la testimonianza dell’Allegretti che, a prescindere dall’eventuale
errore sull’orario, aveva concentrato la sua attenzione sulla targa del veicolo (certamente
corrispondente a quello in titolarità dell’imputato), la successione cronologica degli

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e difendersi concretamente anche sulla parte di condotta non formalmente inserita nel capo di
imputazione” (cfr. Cass.pen. Sez. 3 n. 21584 del 17.3.2004).

3.1.1. Le censure sollevate dal ricorrente non tengono conto che il controllo demandato alla
Corte di legittimità va esercitato sulla coordinazione delle proposizioni e dei passaggi
attraverso i quali si sviluppa il tessuto argomentativo del provvedimento impugnato, senza la
possibilità di verificare se i risultati dell’interpretazione delle prove siano effettivamente
corrispondenti alle acquisizioni probatorie risultanti dagli atti del processo.
In questa sede è, cioè, necessario solo accertare se nell’interpretazione delle prove siano state
applicate le regole della logica, le massime di comune esperienza e i criteri legali dettati in
tema di valutazione delle prove stesse, in modo da fornire la giustificazione razionale della
scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (cfr.ex multis Cass.pen.sez.1
RV214567). Esula dai poteri della Corte di cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di
fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al
giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una
diversa e per il ricorrente più adeguata, valutazione delel risultanze processuali
(Cass.sez.un.30.4.1997 n.6402). In particolare, in tema di processi indiziari, alla Corte di
Cassazione compete solo la verifica della correttezza logico-giuridica dell’iter argomentativo
seguito per qualificare le circostanze emerse come indiziarie, ma non certo un nuovo
accertamento sulla effettiva gravità, precisione e concordanza degli indizi medesimi
(cfr.Cass.sez.1, 10.2 1995 n.1343).
Anche la giurisprudenza successiva ha ribadito che “Nel giudizio di legittimità il sindacato sulla
correttezza del procedimento indiziario non può consistere nella rivalutazione della gravità,
precisione e concordanza degli indizi, in quanto ciò comporterebbe inevitabilmente
apprezzamenti riservati al giudice di merito, ma deve tradursi nel controllo logico e giuridico
della struttura della motivazione, al fine di verificare se sia stata data applicazione ai criteri
legali dettati dall’art.192 comma secondo cod.proc.pen. E se siano state coerentemente
applicate le regole della logica nell’interpretazione dei risultati probatori” ( Cass.pen.sez.1
n.42993 del 25.9.2008). Il sindacato di legittimità è, cioè, limitato alla verifica della
correttezza del ragionamento probatorio del giudice di merito, che deve fornire una
ricostruzione non inficiata da manifeste illogicità e non fondata su base meramente
congetturale in assenza di riferimenti individualizzanti, o sostenuta da riferimenti palesemente
inadeguati (Cass.sez. 4 n.48320 del 12.11.2009).
4. Quanto alla natura dei rifiuti rinvenuti, già il Tribunale aveva correttamente rilevato che in
base alla normativa vigente “la presenza di sangue sia da sola sufficiente a far rientrare i
rifiuti in questione tra i rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo..” e che, come risultava dai
verbali di sequestro e dalle testimonianze degli operanti, il materiale rinvenuto era visibilmente
sporco di sangue (pag.5 sent. trib.).
La Corte territoriale, nel ritenere non necessario un accertamento tecnico in proposito, ha
evidenziato che pienamente utilizzabile era la testimonianza del m.11o Dallosto, il quale non
aveva espresso certo valutazioni tecniche, essendosi limitato a riferire l’aspetto esteriore dei
rifiuti, che erano stati peraltro anche visti e riconosciuti dai medici (pag.5 sent.).

avvenimenti, il sequestro nell’immediatezza del materiale rinvenuto nel veicolo, il successivo
comportamento del Pittaresi che aveva continuato a procedere con le stesse modalità allo
smaltimento dei rifiuti (cfr. pag. 3 sent. Trib..( pag. 4-5 sent.App.).

5. Infine anche in ordine alla consapevolezza da parte dell’imputato della natura dei rifiuti
abbandonati, la motivazione è adeguata ed immune da vizi logici, avendo la Corte territoriale
evidenziato che era lo stesso Pitarresi a procedere alla raccolta dei rifiuti ed a compilare i
formulari (i sanitari si limitavano alla firma del modulo compilato dall’imputato).
6. Quanto ai brogliacci delle intercettazioni, la Corte territoriale ha evidenziato che essi sono
stati acquisti, senza che la difesa abbia mai fatto alcuna opposizione, né richiesta di integrale
trascrizione. Peraltro tali intercettazioni non sono state utilizzate ai fini della decisione.
7. Il ricorso va pertanto rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Va solo aggiunto che non è maturata la prescrizione neppure in relazione ai fatti commessi in
data 10.12.2008, dovendosi aggiungere al termine massimo di prescrizione di anni 5 il periodo

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di sospensione pari a giorni 34 (rinvio dell’udienza del 7.10.2011 per legittimo impedimento
del difensore (la prescrizione pertanto sarebbe maturata il 13.1.2014).
P. Q. M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 9.1.2014

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