Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6098 del 19/01/2016


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 6098 Anno 2016
Presidente: IZZO FAUSTO
Relatore: PICCIALLI PATRIZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LOPRETE ANTONIO GIULIO N. IL 17/07/1945
avverso la sentenza n. 10536/2015 CORTE DI CASSAZIONE di
ROMA, del 15/10/2014
sent la relazione fatta dal Consigliere Dott. PATRIZIA PICCIALLI;
e/sentite le conclusioni del PG Dott.
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Data Udienza: 19/01/2016

Ritenuto in fatto

Con sentenza in data 15.10.2014, depositata in data 2.12.2014, la III Sezione di
questa Corte rigettava il ricorso proposto da LOPRETE Antonio Giulio avverso
l’ordinanza della Corte d’Appello di Trieste che aveva dichiarato inammissibile la
richiesta di revisione proposta contro la sentenza del 25.9.2008 con la quale il GUP
di Trento aveva applicato nei suoi confronti ex art. 444 c.p.p. la pena ivi indicata

per i reati di cui agli artt. 2 e 8 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74 ( sentenza che risulta
essere passata in giudicato perché non impugnata).

I giudici di legittimità rilevavano che, contrariamente a quanto sostenuto dal
ricorrente, la sentenza del Tribunale di Roma del 14.3.2012, irrevocabile il
13.6.2012, che aveva assolto l’amministratore di diritto della Hotel Siena srl ( della
quale il Loprete era amministratore di fatto) dal reato di cui 3 d.lgs 10 marzo 2000,
n. 74, aveva per oggetto la corretta imputazione della fattura ( emessa per
operazione inesistente dal ricorrente) secondo l’imputazione, nei libri e registri
contabili della società. La pronuncia del Tribunale di Roma non aveva, pertanto,
riguardato la fittizietà del trasferimento immobiliare ed, in caso contrario, il
ricorrente avrebbe dovuto documentare il vizio di travisamento della prova.

Avverso la sentenza proponeva ricorso per cassazione l’interessato deducendo che
la pronunzia è frutto di errore percettivo, in quanto al ricorso proposto
nell’interesse del Loprete era stata allegata tutta la documentazione che
dimostrava come l’operazione contestata quale operazione non fittizia fosse stata
effettivamente realizzata.
Considerato in diritto
Il ricorso è infondato.

Secondo la giurisprudenza prevalente di questa Corte ( v. da ultimo, Sezione III, 10
novembre 2011, n. 43697, V, rv. 251411), la sentenza avente ad oggetto una
decisione d’inammissibilità d’istanza di revisione di precedente condanna
irrevocabile, esula dai provvedimenti ammessi al regime di cui all’art. 625 bis c.p.p.
non riguardando una pronunzia con la quale il ricorrente sia stato condannato.

Tale conclusione è fondata sul condivisibile rilievo che il ricorso straordinario per
cassazione per errore materiale o di fatto ex art. 625 bis c.p.p.- che circoscrive la

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legittimazione ad agire al solo condannato, oltre che al Procuratore Generale- ha
carattere tassativo e non è suscettibile di interpretazione estensiva od analogica.
Per completezza, deve darsi atto, comunque, di un altro orientamento ( v. Sezione
I, 29 settembre 2014, n. 1776, Narcisio, rv. 261781) secondo il quale il ricorso
straordinario per errore materiale o di fatto è ammissibile contro le decisioni della
Corte di cassazione conclusive di un giudizio di revisione. Tale indirizzo è fondato
sulla considerazione che per “condannato”, a favore del quale è ammessa la

richiesta ex art. 625-bis c.p.p, si intende anche il soggetto titolare della facoltà di
introdurre il procedimento di revisione (art. 632 c.p.p., comma 1, lett. a) nel cui
ambito, in caso di rigetto della domanda, si approda parimenti allo scrutinio di
legittimità, con l’emissione di un provvedimento decisorio che – in caso di rigetto del
ricorso – conferma la condizione giuridica di partenza.
Pur volendo aderire a tale tesi, la richiesta

ex art. 625 bis c.p.p., formulata nella

fattispecie in esame, è infondata, per l’evidente inapplicabilità dell’invocato mezzo
straordinario.

Va, infatti, osservato, in via assorbente, che il rimedio previsto dall’art. 625 bis
c.pp. non rappresenta uno strumento per ottenere mere rivalutazioni di quanto
deciso dalla Corte di legittimità.

Come è stato evidenziato (v. Sezioni unite,27 marzo 2002, n. 16103, Basile), lo
strumento in questione è teso a porre riparo alla particolare patologia estrinseca
dello “sviamento” del giudizio, solo quando la decisione oggetto del rimedio sia
fondata – in modo decisivo – sulla supposizione di un fatto la cui verità è
incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l’inesistenza di un fatto la
cui verità sia positivamente stabilita e ciò possa desumersi ictu ocull.
O ancora, lì dove per una vera e propria svista materiale (disattenzione di ordine
meramente percettivo) sia stato omesso l’esame di uno specifico motivo di ricorso,
dotato del requisito della decisività.
Si tratta, come è stato efficacemente sostenuto, di vizi dì percezione e non di
ragionamento.

Da ciò deriva che non possono trovare ingresso, in tale contesto, tutte le censure di
tipo valutativo, pur in presenza di interpretazioni delle norme o dei contenuti delle
decisioni di merito che si prestino a critiche.

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Ciò premesso, appare evidente che nel caso in esame, non vi è alcun profilo
riconducibile ad una delle ipotesi prima richiamate, risolvendosi la doglianza in una
non consentita richiesta di rivalutazione dei contenuti della decisione impugnata.

Il giudice di legittimità ha escluso che il fatto per il quale il ricorrente ha riportata
condanna (ancorchè patteggiata) sia lo stesso per il quale l’amministratore legale
della Hotel Siena s.r.l. è stato a sua volta assolto.

Sul punto è stato rimarcato che la condanna ha avuto per oggetto l’emissione di
fattura per operazione inesistente mentre l’assoluzione ha riguardato la corretta
imputazione della medesima fattura nei libri e registri contabili della Hotel Siena srl,
prescindendo del tutto dall’accertamento circa la corrispondenza al vero della
operazione documentata in atti.
E la valutazione espressa da questa Corte nella decisione impugnata, dunque, non
trascura in alcun modo i contenuti rappresentativi del ricorso, che non aveva
denunciato il vizio di travisamento della prova, né la documentazione allegata, che
solo in questa sede, si sostiene inammissibilmente dimostrare il travisamento della
prova da parte del giudice di merito.
Come emerge dallo stesso ricorso, infatti, la documentazione idonea a dimostrare il
travisamento della prova, secondo l’impostazione difensiva, era allegata alla
richiesta di revisione e non al ricorso proposto nell’interesse del Loprete avverso
l’ordinanza di inammissibilità della richiesta di revisione.
Sul punto va richiamata la consolidata giurisprudenza di questa Corte (v. tra le
altre, Sezione IV, 10 novembre 2015, n. 46979, Bregamotti, rv. 265053) secondo
la quale in tema di ricorso per cassazione, sono inammissibili, per violazione del
principio di autosufficienza e per genericità, quei motivi che, deducendo il vizio di
manifesta illogicità o di contraddittorietà della motivazione, e, pur richiamando atti
specificamente indicati, non contengano la loro integrale trascrizione o allegazione
Il motivo di ricorso in esame, pertanto, difetta di autosufficienza.

Occorre inoltre osservare che il ricorrente aveva patteggiato la pena, sicchè per sua
scelta non si era proceduto alla verifica dibattimentale dell’accusa.

In proposito vale rilevare che non è invocabile la revisione ex art. 630, comma 1,
lett.a) c.p.p., della sentenza di applicazione della pena sul solo presupposto
dell’intervenuta successiva sentenza di assoluzione all’esito di giudizio ordinario nei
confronti del coimputato non patteggiante, diverso essendo il criterio di valutazione
proprio dei due riti, di per sé tale da condurre fisiologicamente agli esiti opposti ( v.
Sez. III, 18 dicembre 2013, n. 13032, Tosi, rv. 258687).

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/

In conclusione, il ricorso va rigettato con la conseguente condanna del ricorrente ex
art. 616 c.p.p. al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in data 19 gennaio 2016

Il P sidente

Il Consigliere estensore

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