Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6098 del 09/01/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 6098 Anno 2014
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: GAZZARA SANTI

Data Udienza: 09/01/2014

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SEDDA PIERANGELO N IL 051 l 1958
a\ verso la sentenza n. 51 201 I TRIB.SEZ.DIST. di 1ACOMER, del
29:01 2013
\:15IIgliatti, la sentenza e il ricorso
udita in 111313LICA UDIENZA del ()9 01 2014 la relazione ratta dal
Consigliere Dott. SANTI GAZZARA
Udito il Procuratore Geyralc in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte ci\ ilc. l’.A \ \
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RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Oristano, sezione distaccata di Macomer, con sentenza del
29/1/2013, ha dichiarato Pierangelo Sedda responsabile del reato di cui
agli artt. 5, lett. b), e 6, co. 2, L. 283/62, per avere, in qualità di legale
formaggi fusi spalmabili altrettanti formaggi in cattivo stato di
conservazione, e lo ha condannato alla pena di euro 25.000,00 di
ammenda.
La difesa dell’imputato ha proposto appello, che, qualificato quale ricorso
per cassazione ex art. 568 co. 5 cod.proc.pen., è stato trasmesso a questa
Corte, formulando le seguenti censure:
-inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dal teste Paganotto, rese in
violazione dell’art. 195 cod.proc.pen.;
-insussistenza di prove sulla concretizzazione del reato contestato e
travisamento delle emergenze istruttorie acquisite in atti;
-erronea applicazione dell’art. 5 lett. b), L. 283/62, sotto il profilo
dell’offesa e dell’elemento psicologico del reato;
-eccessività del trattamento sanzionatorio e mancata concessione delle
attenuanti generiche;
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Il vaglio di legittimità, a cui è stata sottoposta l’impugnata pronuncia,
permette di rilevare la logicità e la correttezza della argomentazione
motivazionale, adottata dal decidente, in relazione alla concretizzazione
del reato e alla ascrivibilità di esso in capo al prevenuto.

rappresentante della TO.S.FORM. s.r.I., impiegato nella preparazione di

Con il primo motivo di annullamento si eccepisce la inutilizzabilità della
deposizione di Samuel Paganotto, Maresciallo dei NAS, che procedette al
sopralluogo nei locali della Tos.Form. s.r.I., presso i quali fu rinvenuta la
merce in cattivo stato di conservazione, in quanto il detto teste avrebbe
stesso direttamente accertati, sui quali, di poi, il Tribunale avrebbe
fondato il giudizio di colpevolezza del Sedd di detti containersa.
La censura è del tutto infondata, poiché la tesi difensiva è smentita dal
discorso giustificativo svolto dal giudice di merito: i Carabinieri
rinvenivano due containers refrigerati, all’interno dei quali erano riposti
formaggi di vario tipo, visibilmente alterati, invasi da muffa e confezionati
con la data di scadenza superata da tempo. Sul contenuto veniva
acquisito agli atti il fascicolo fotografico predisposto dagli stessi agenti,
dal quale emerge la cattiva conservazione dei prodotti e la destinazione
degli stessi alla fusione. Conseguentemente, a giusta ragione, il decidente
ha ritenuto di potere affermare la sussistenza del reato ex artt. 5 lett. b),
6 co. 2, L. 283/62, e la penale responsabilità dell’imputato, il quale non
aveva ottemperato agli obblighi connessi al controllo del rispetto delle
condizioni igienico-sanitarie dei prodotti alimentari.
Da quanto rilevato balza evidente la inconferenza della contestazione
mossa, visto che, pur se si accedesse alla tesi difensiva della inutilizzabilità
delle dichiarazioni del predetto teste Paganotto, risulterebbe ugualmente
pienamente provata la concretizzazione della contravvenzione contestata
nei suoi elementi oggettivo e soggettivo.
Di poi, non può trovare ingresso la doglianza mossa con il secondo motivo
di annullamento, perché con essa si tende ad una rianalisi degli elementi

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riferito fatti appresi dal personale dipendente della società e non dallo

costituenti la piattaforma probatoria, sui quali al giudice di legittimità è
precluso di procedere a nuovo esame estimativo, in quanto esula dai
poteri di questa Corte quello di una rilettura degli elementi di fatto, posti
a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva,

Rilevasi, altresì, che il cattivo stato di conservazione, determinante la
violazione contestata, non afferisce all’intrinseco del prodotto, che
dovrebbe essere accertato nei suoi aspetti degenerativi, quanto alle sue
modalità di conservazione, ossia alle condizioni esteriori in cui lo stesso
viene tenuto. Ciò significa che per la integrazione del reato è sufficiente
che detto prodotto sia destinato al consumo in condizioni che ne mettano
in pericolo l’igiene e la commestibilità, senza necessità che esse risultino
concretamente compromesse ( Cass. S.U. 19/12/2001, n. 443; Cass.
5/2/2009, n. 13535).
Manifestamente infondato è da ritenere il motivo con il quale si censura
la mancata concessione delle attenuanti generiche e l’omessa
giustificazione della quantificazione del trattamento sanzionatorio: in
primis, per la genericità assoluta della richiesta di applicazione del
beneficio ex art. 62 bis cod.pen.; secondariamente, in attinenza alla
dosimetria della pena, perché il giudice di merito, per adempiere
all’obbligo di motivazione nel determinare la sanzione da applicare,
esercita una tipica facoltà discrezionale e, quindi, non è tenuto ad una
analitica enunciazione di tutti gli elementi presi in considerazione,
potendosi limitare alla sola enunciazione dell’elemento o degli elementi

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riservata al giudice di merito.

resisi determinanti per la soluzione adottata. Di tal chè l’uso di
espressioni come “pena congrua” o “pena equa” è sufficiente a fare
ritenere che il giudice abbia tenuto presente, sia pure globalmente, i
criteri dettati dall’art. 133 cods.pen. (ex multis Cass. 11/4/1995, n. 6034 ).

Costituzionale, e rilevato che non sussistono elementi pe ritenere che il
Sedda abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità, lo stesso, a norma dell’art.
616 cod.proc.pen., deve, altresì, essere condannato al versamento di una
somma, in favore della Cassa delle Ammende, equitativamente fissata, in
ragione dei motivi dedotti, nella misura di euro 1.000,00.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e
condanna il ricorrente al pagamento della spese processuali e al
versamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di euro
1.000,00.
Così deciso in Roma il 9/1/2013.

Tenuto conto della sentenza del 13/6/2000, n. 186, della Corte

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