Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6096 del 08/01/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 6096 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: RAMACCI LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MONINI BRUNO N. IL 26/12/1953
avverso la sentenza n. 2570/2011 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
12/11/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 08/01/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUCA RAMACCI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. it.)
che ha concluso per X1.dt..15<„,Lep Udito, per la parte civile, l'Avv Uditi difensor Avv. R. t Data Udienza: 08/01/2014 RITENUTO IN FATTO 2. Con un primo motivo di ricorso deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione, rilevando che, come pure dedotto nel corso del giudizio di merito, il capo di imputazione sarebbe carente in quanto privo di qualsivoglia riferimento all'elemento essenziale della fattispecie, rappresentato dall'avvenuto rilascio delle certificazioni sulla base delle quali andava effettuato il relativo versamento. Osserva, a tale proposito, che la risposta fornita dai giudici del gravame alla proposta eccezione risulterebbe apodittica, in quanto esclusivamente basata sulla sufficienza del riferimento alla fattispecie astratta prevista dalla disposizione che si assume violata ed alla circostanza che la successiva introduzione di elementi istruttori sarebbe idonea a specificare l'accusa. 3. Con un secondo motivo di ricorso denuncia la violazione di legge ed il vizio di motivazione, lamentando che la Corte del merito avrebbe omesso di valutare con esattezza i profili di colpevolezza dell'imputato, non considerando che gli omessi versamenti sarebbero addebitabili al precedente amministratore della società ora da lui amministrata. 4. Con un terzo motivo di ricorso rileva la mancanza di motivazione in ordine alla richiesta di assunzione di una prova, ritenuta decisiva, consistente nell'escussione del liquidatore della società, il quale avrebbe potuto riferire in merito ai contenuti delle scritture contabili ed alla effettiva cognizione degli stessi da parte dell'imputato. Insiste, pertanto, per l'accoglimento del ricorso. CONSIDERATO IN DIRITTO 5. Il ricorso è infondato. Con riferimento al primo motivo di ricorso occorre ricordare che l'art. 10bis d.lgs. 74\2000 sanziona chiunque non versa, entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta, ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a cinquantamila euro per ciascun periodo d'imposta L'art. 552, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. richiede che il decreto di citazione a giudizio contenga l'enunciazione del fatto, in forma chiara e precisa, delle circostanze aggravanti e di quelle che possono comportare l'applicazione di misure di sicurezza, con l'indicazione dei relativi articoli di legge. Il capo di imputazione riportato nella sentenza impugnata così recita «del reato di cui agli artt. 110 cod. pen. e 10bis del d.lgs. 74{2000(e succ. mod.) perché in concorso con altri, al fine di evadere le imposte sui redditi ed in qualità di legali rappresentanti della Servizi logistici integrati s.r.I., omettevano di versare ritenute alla fonte ad emolumenti erogati e dovuti in base alla dichiarazione annuale 2006 per l'anno 2005 e pari ad euro 158.200,00 e quindi oltre la soglia 1 1. La Corte di appello di Firenze, con sentenza del 12.11.2012 ha confermato la decisione con la quale, in data 18.5.2010, il Tribunale di quella città aveva riconosciuto Bruno MONINI responsabile del reato di cui all'art. 10bis d.lgs. 74\2000 (accertato in Firenze il 20.10.2008). Avverso tale pronuncia il predetto propone ricorso per cassazione. 6. Come è noto, lo scopo della contestazione è quello di consentire all'imputato una difesa adeguata, con la conseguenza che l'imputazione deve ritenersi completa nei suoi elementi essenziali quando il fatto sia contestato in modo da consentire la difesa in relazione ad ogni elemento di accusa (cfr. Sez. IV n. 38991, 4 novembre 2010). E' il caso di precisare, inoltre, che la giurisprudenza di questa Corte ha anche chiarito come, ai fini della valutazione della corrispondenza tra pronuncia e contestazione di cui all'art. 521 cod. proc. pen., deve tenersi conto non solo del fatto descritto in imputazione, ma anche di tutte le ulteriori risultanze probatorie portate a conoscenza dell'imputato e che hanno formato oggetto di sostanziale contestazione, sicché questi abbia avuto modo di esercitare le sue difese sull'intero materiale probatorio posto a fondamento della decisione (Sez. VI n. 5890, 6 febbraio 2013; Sez. III n. 15655, 16 aprile 2008; Sez. IV n. 41663, 21 novembre 2005). 7. Tenuto conto dei summenzionati condivisibili principi, appare evidente che nessuna lesione del diritto di difesa può essere riscontrato nella contestazione come sopra formulata e che correttamente la Corte territoriale ha respinto le deduzioni difensive concernenti la violazione del principio di correlazione fra imputazione e sentenza e la condanna dell'imputato per un fatto diverso da quello contestato. Invero, la Corte del merito ha esattamente rilevato come il puntuale richiamo alla norma violata implichi necessariamente il richiamo alle ritenute certificate che sono le sole contemplate dall'art. 10bis d.lgs. 74\2000. Del resto tale riferimento risulta ulteriormente integrato, nella contestazione, con l'indicazione degli importi non versati e dell'anno di imposta, cosicché la imputazione è stata correttamente ritenuta esaustiva e completa con argomentazioni coerenti e perfettamente in linea con i principi giurisprudenziali richiamati. La sentenza impugnata risulta parimenti corretta laddove precisa che la dedotta assenza di prova in ordine alla effettiva sussistenza delle certificazioni emerge dalla documentazione fiscale acquisita nel corso del giudizio. Deve pertanto disattendersi la dedotta censura. 8. A considerazioni non dissimili deve pervenirsi con riferimento al secondo motivo di ricorso. Il reato in esame, come si è detto, si consuma con il mancato versamento, per un ammontare superiore ad euro cinquantamila, delle ritenute complessivamente risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti entro la scadenza del termine finale per la presentazione della dichiarazione annuale. La condotta comporta, sostanzialmente, la indebita appropriazione di somme altrui di cui si ha la detenzione e tale evenienza, come pure si è ricordato ritenendo manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della disposizione in esame per asserito contrasto con l'art. 3 Cost. (Sez. III n. 10120, 11 marzo 2011), rende irrilevanti - salvo casi eccezionali - eventuali difficoltà economiche impreviste. La prova delle certificazioni attestanti le ritenute operate dal datore di lavoro, quale sostituto d'imposta, sulle retribuzioni effettivamente corrisposte ai sostituiti, può essere fornita dal pubblico ministero mediante documenti, quali i modelli 770 provenienti dallo stesso datore di lavoro, testimoni o indizi (Sez. III n. 1443, 11 gennaio 2013). Inoltre, quanto all'elemento soggettivo, questa Corte ha già avuto modo di affermare che il reato è punibile a titolo di dolo generico, richiedendo la mera consapevolezza della condotta omissiva (sez. III n. 25875, 7 luglio 2010). 2 di euro 50.000,00. Fatti commessi in Firenze nel 2006 (data di scadenza del termine) ed accertati in Firenze il 20.10.2008». 10. Per ciò che concerne, infine, il terzo motivo di ricorso , deve ricordarsi il carattere eccezionale dell'istituto della rinnovazione dibattimentale, che richiede una motivazione specifica solo nel caso in cui il giudice disponga la rinnovazione, poiché in tal caso deve rendere conto del corretto uso del potere discrezionale derivante dalla acquisita consapevolezza di non poter decidere allo stato degli atti, mentre in caso di rigetto è ammessa anche una motivazione implicita, ricavabile dalla stessa struttura argomentativa posta a sostegno della pronuncia di merito nella quale sia evidenziata la sussistenza di elementi sufficienti per per una valutazione in senso positivo o negativo sulla responsabilità, con la (Sez. III n. conseguente mancanza di necessità di rinnovare il dibattimento 24294, 25 luglio 2010; Sez. V n. 15320, 21 aprile 2010; Sez. IV n. 47095, 11 dicembre 2009). Inoltre, nel giudizio di appello, il diritto alla prova attribuito alle parti dagli articoli 190 e 495 cod. proc. pen. opera soltanto con riferimento alle prove sopravvenute o scoperte dopo la pronunzia di primo grado, con la conseguenza che, se non ricorre tale ipotesi, la mancata assunzione della prova è censurabile in cassazione solo per mancanza o manifesta illogicità della motivazione come risultante dal testo del provvedimento impugnato, ai sensi dell'articolo 606, lettera e) cod. proc. pen., del provvedimento che rigetta la relativa richiesta e non anche ai sensi dell'articolo 606, lettera d), cod. proc. pen. e sempre che la prova negata, confrontata con le ragioni addotte a sostegno della decisione, sia di natura tale da poter determinare una diversa conclusione del processo. (Sez. V n.34643, 4 settembre 2008; Sez. IV n.4675, 6 febbraio 2007; Sez. H n. 44313, 5 dicembre 2005; Sez. VI n.26713, 19 giugno 2003; Sez. V n.6924, 20 febbraio 2001; Sez. V n.10858, 19 dicembre 1996; Sez. III n.11034, 2 dicembre 1993). 11. Ciò posto, deve rilevarsi che, nella fattispecie, l'apparato motivazionale appare comunque del tutto adeguato, avendo la Corte territoriale ampiamente giustificato, attraverso la esaustiva analisi del compendio probatorio, la sostanziale inutilità, ai fini della decisione, della assunzione della richiesta testimonianza. Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con le consequenziali statuizioni indicate in dispositivo. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. Così deciso in data 8.1.2014 9. Ciò posto, deve rilevarsi come la Corte territoriale abbia ritenuto in fatto che la consumazione del reato è avvenuta allorquando il ricorrente aveva già assunto la carica di amministratore della società, tanto che fu egli a firmare il modello 770, osservando anche che l'assunzione della carica imponeva all'imputato di informarsi sulla situazione contabile della società e comportava l'accettazione del rischio di non riuscire ad adempiere al versamento nel termine di legge. Si tratta, anche in questo caso, di argomentazioni del tutto corrette e conformi alla giurisprudenza di questa Corte, atteso che la condotta posta in essere effettivamente potrebbe comportare, come ritenuto dai giudici del gravame, la configurabilità, quanto meno, del dolo eventuale.

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