Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6081 del 09/12/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 6081 Anno 2016
Presidente:
Relatore: FUMO MAURIZIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CARBONARI MAURIZIO N. IL 06/05/1960
avverso la sentenza n. 2101/2012 CORTE APPELLO di ANCONA, del
07/11/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 09/12/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MAURIZIO FUMO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. 4. • 0 ’11 ■*
che ha concluso per

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I’ (4.2-eità

Data Udienza: 09/12/2015

1. Con la sentenza di cui in epigrafe, la CdA di Ancona ha confermato la pronunzia di
primo grado, con la quale Carbonari Maurizio fu condannato a pena di giustizia in quanto
ritenuto responsabile del delitto di diffamazione aggravata e continuata “per avere, in qualità
di legale rappresentante della società NEW RELAX srl…..,con più condotte esecutive di
medesimo disegno criminoso e in tempi diversi, offeso la reputazione commerciale e
l’immagine della società POLTRONIFICIO RC srl…., diretta concorrente nel settore della
produzione di poltrone, mediante fax inviati a clienti e fornitori dello stesso poltronificio per
informarli che la predetta ditta verosimilmente utilizzava, nella realizzazione di poltrone,
congegni elettromeccanici prodotti in Cina con materiali altamente nocivi e dannosi per la
salute e non conformi alle normative europee vigenti in materia di qualità e sicurezza,
esponendo al rischio di sequestro cautelativo tutti coloro che avessero prodotto, esposto,
commercializzato tali poltrone”.
2. Ricorre per cassazione il difensore ed articola cinque censure.
3. Con la prima, ribadisce la eccezione di incompetenza per materia del tribunale,
sostenendo che non ricorre l’aggravante contestata, atteso che il fax non può considerarsi
mezzo di stampa. Invero la definizione giuridica di stampa e di stampato deriva dalla legge
47/1948 che fa riferimento alla riproduzione tipografica o comunque ottenuta con mezzi
meccanici o fisico-chimici in qualsiasi modo destinata alla pubblicazione. Tale non può
considerarsi il fax.
4. Con la seconda, deduce erronea applicazione dell’art. 595 cp, atteso che il fax in
questione non è stato inviato, come si sostiene, a un numero indeterminato (o comunque
molto elevato) di destinatari, atteso che poi solo quattro persone si sono poste in contatto con
il POLTRONIFICIO RC per chiedere spiegazioni. Contrariamente a quel che afferma la presunta
PO, poi, risponde al vero che esistono indagini ed analisi chimiche in corso sui materiali
predetti.
5. Con la terza, deduce violazione dell’art. 595 cp con riferimento all’art. 43 comma 2
cp per assoluta insussistenza del dolo, atteso che intenzione del Carbonari non era certo quella
di denigrare la azienda concorrente, quanto quella di tutelare il made in Italy dalla
importazione di prodotti stranieri scadenti e nocivi. Dunque il Carbonari ha solo esercitato un
suo diritto.
6. Con la quarta, si lamenta la mancata assunzione di prova testimoniale.
7. Con la quinta, si deduce illogicità della motivazione. A) con riferimento alla “risposta”
della CdA in relazione alla contestata incompetenza del tribunale, B) perché la stessa PO ha
parlato di un semplice “disturbo” per la diffusione della notizia a torto ritenuta diffamatoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso merita rigetto, per essere infondata la prima censura e inammissibili le
altre. Il ricorrente va condannato alle spese del grado.
2. Non è dubbio che la produzione di un documento a mezzo fax non sia assimilabile
alla procedura della stampa. Come correttamente sostiene il ricorrente, l’ordinamento
recepisce una accezione tecnica e restrittiva di stampa desunta dal dettato normativo. Non
dimeno ricorre l’aggravante di cui al terzo comma dell’art. 595 cp, essendo il fax uno di quegli
aggravato il delitto di
“altri mezzi di pubblicità” (sid. di trasmissione), che rendono
diffamazione, radicando la competenza nel tribunale e non nel GdP. Ciò a voler tacere del fatto

RITENUTO IN FATTO

3. La seconda censura è manifestamente infondata in quanto, per la consumazione del
reato in questione, basta la diffusione ad almeno due persone della notizia denigratoria. In
realtà, non si deve confondere la diffusività (che attiene alle potenzialità del mezzo di
comunicazione) con la diffusione, vale d ire la effettiva divulgazione della notizia. La
diffamazione, come è noto, si consuma quando (almeno) due persone siano raggiunte dalla
notizia denigratoria..
4. Manifestamente infondata è anche la terza censura, atteso che, per la integrazione
del delitto di diffamazione, è sufficiente il dolo generico, vale a dire la coscienza e volontà di
diffondere una notizia denigratoria e non occorre affatto l’animus diffamandi
5. Generica è la censura con la quale si lamenta la mancata assunzione di prova
testimoniale, in quanto non se ne chiarisce l’incidenza in un processo in cui la prova è scaturita
per tabulas..
6. Manifestamente infondata, infine, è l’ultima censura, atteso che la diffamazione
consiste nella lesione della reputazione (nel caso in esame, della reputazione commerciale),
mentre il “disturbo” è stato il riflesso soggettivo subito dai titolari dell’azienda, “vittime” di
numerose richieste telefoniche di chiarimenti da parte di clienti e fornitori cui il fax denigratorio
era stato destinato.
PQM
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

Così deciso in Roma in data 9. XII. 2015.

che, quando un reato di competenza di un giudice, viene giudicato da un giudice
sovraordinato, non vi è lesione alcuna della posizione soggettiva dell’imputato (salva la
applicabilità delle sanzioni di pertinenza del giudice “inferiore”), atteso che le garanzie sostanziali e processuali – non sono certo minori. E tuttavia, nel caso di specie – si ripete correttamente (anche se per motivi diversi da quelli ritenuti in sentenza) è stata ravvisata la
competenza del tribunale in composizione monocratica e non quella del GdP. Con ciò, la prima
censura (e la conseguente prima parte della quinta censura) vanno qualificate, appunto, come
infondate.

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