Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6068 del 15/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 6068 Anno 2014
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: BARBARISI MAURIZIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
TUCCIO SERGIO N. IL 07/05/1977
avverso l’ordinanza n. 10561/2012 GIUD. SORVEGLIANZA di
MILANO, del 16/11/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MAURIZIO
BARBARISI;

Data Udienza: 15/10/2013

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – Settima Sezione penate

Osserva
1. — Con ordinanza deliberata in data 16 novembre 2012, il Magistrato di Sorveglianza di Milano rigettava l’istanza avanzata nell’interesse di Tuccio Sergio volta
a ottenere la remissione del debito ai sensi dell’art. 56 L. 26 luglio 1975, n. 354 relativamente all’importo indicato.

ricorso per cassazione Tuccio Sergio chiedendone l’annullamento.
3. — Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere dichiarato inammissibile.
3.1. — La Suprema Corte sul tema oggetto di ricorso ha avuto modo di chiarire
che, ai fini della remissione del debito per spese di giustizia e di mantenimento in
carcere, il requisito delle disagiate condizioni economiche richiesto sia dall’abrogato
art. 56 della legge n. 354 del 1975, che dal vigente art. 6 D.P.R. n. 115 del 2002, è
integrato non solo quando il soggetto si trovi in stato di indigenza, ma anche quando l’adempimento del debito comporti un serio e considerevole squilibrio del suo bilancio domestico, tale da precludere il soddisfacimento di elementari esigenze vitali
e compromettere quindi il recupero e il reinserimento sociale. (Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 14541 del 24 gennaio 2006, rv. 233939, Mangione).
3.2. — Inoltre, in relazione al requisito della buona condotta in tema di remissione del debito, la giurisprudenza di legittimità ha affermato che il periodo da
prendere in considerazione è quello in cui si è scontata la pena, qualora ciò sia avvenuto in carcere, ma quando la richiesta di remissione viene formulata dopo che
l’esecuzione è finita non può non prendersi in considerazione anche il periodo successivo di libertà (Cass., Sez. 1, 2 febbraio 2007 n. 10311, rv. 235995). Non solo
ma è altresì indirizzo prevalente quello che afferma il principio di diritto secondo il
quale ‘ai fini della remissione del debito per condotta costantemente regolare, che
ne costituisce condizione per la concessione, non si intende soltanto quella mantenuta in ambito intramurario, ma anche quella tenuta in ambito esterno nel corso
dell’esecuzione della pena (Cass., Sez. 1, 5 marzo 2004, n. 15528, Rossetti, rv.
227644; cui adde: Sez. 1, 3 luglio 2001, n. 29860, De Pasquale, rv. 220274; Sez.
1, 25 marzo 2003, n. 27724, Palazzo, rv. 225200; Sez. 1, 15 dicembre 2004, n.
2865/2005, Mirabella, rv. 230728; Sez. 1, 15 dicembre 2004, n. 797/2005, Scremin, rv. 230545; Sez. 1, 2 febbraio 2007, n. 10311, Allevi, rv. 235995). Dal coordinamento logico sistematico dei primi due commi dell’art. 6 T.U. cit. è dato di e-

Udienza in camera di consiglio: 15 ottobre 2013 — Tuccio Sergio — RG: 1490/13, RU: 111;

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2. — Avverso il citato provvedimento ha personalmente interposto tempestivo

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – Settima Sezione penale

vincere dunque il più generale criterio normativo della necessità, ai fini della concessione del beneficio, del requisito della ‘regolarità della condotta’ nella espiazione
della pena, comunque eseguita, sia mediante la detenzione intramuraria, che mediante l’applicazione di misure alternative (Cass., Sez. 1, 30 ottobre 2008, n.
42086).
3.3. — Ciò posto, deve rilevarsi che nel caso di specie il magistrato di sorve-

gruente e logico, la violazione commessa dal Tuccio successivamente ai fatti per cui
è intervenuta condanna oltre alla ineludibile considerazione che al prefato è stata di
recente negata la liberazione anticipata per quattro semestri, ritenendo doversi escludere la sussistenza quantomeno del requisito indefettibile della regolarità della
condotta. Le doglianze del ricorrente peraltro sono meramente rivalutative del merito e per questo generiche e inammissibili.
4. — Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità
(Corte Cost. sent. n. 186 del 2000), al versamento a favore della Cassa delle Ammende di una sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in C 1.000,00
(mille), ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.

per questi motivi
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di C 1.000,00 (mille) in favore della
Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 15 ottobre 2013

Il Pre idente

glianza ha seguito tali orientamenti valutando in senso negativo, in modo con-

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