Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 605 del 14/11/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 605 Anno 2014
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: DE MARZO GIUSEPPE

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Castoro Filippo, nato a Piazza Armerina in data 11/07/1981
awerso la sentenza del 28/06/2012 della Corte d’appello di Caltanissetta R.G. n. 634/2010
visti gli atti, il prowedimento impugnato ed il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione svolta dal Consigliere Dott. Giuseppe De Marzo;
udito il Procuratore Generale, in persona del Dott. Giuseppe Volpe, che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso.

Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 28/06/2012 la Corte d’appello di Caltanissetta ha confermato la
decisione di primo grado che aveva condannato alla pena ritenuta di giustizia Filippo
Castoro, per avere in concorso con altri, sottratto sei capitelli del Chiostro dell’Ospedale
vecchio di Piazza Armerina, tentato di sottrarre altri due capitelli, danneggiato, al fine di
commettere i reati sopra indicati, il medesimo Chiostro.
La Corte territoriale ha valorizzato, ai fini dell’affermazione di responsabilità, i seguenti
elementi: a) il fatto che l’imputato presentava un ematoma sulla schiena e delle escoriazioni
sulle braccia, compatibili con il crollo della volta del chiostro provocata dalle modalità
esecutive del furto; b) il fatto che i capitelli trafugati e successivamente rinvenuti
presentavano tracce di vernice rossa dello stesso tipo di quella ritrovata sulla sponda del
motoape dell’imputato e che all’interno dei frammenti di vernice erano stati rinvenuti
frammenti di legno aderenti allo strato pittorico della stessa natura di quelli provenienti dal
menzionato motoape; c) il fatto che sulla sponda anteriore del motoape erano state
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Data Udienza: 14/11/2013

rinvenute tracce di sfregamento compatibile con il materiale costituente i capitelli (granuli di
quarzo), talché il consulente del P.M. aveva espresso il parere che il motoape avesse
trasportato materiale roccioso costituito da calcarenite; d) il fatto che l’imputato, convocato
nei locali del Commissariato, unitamente ad altri originari coimputati, aveva assunto un
atteggiamento sospetto ed era stato colto nell’atto di invitare gli altri convocati a mantenere
il silenzio; e) il fatto che all’esito degli accertamenti dibattimentali era emerso che nessuno
dei veicoli, indicati dalla difesa come circolanti all’epoca dei fatti in Piazza Armerina, potesse
essere considerato funzionante.

motivi.
2.1. Con il primo motivo, si lamenta la mancata acquisizione, da parte della Corte territoriale,
di un documento destinato a dimostrare che l’imputato, con il suo veicolo, aveva trasportato
materiale di risulta, in tal modo vanificando l’efficacia dimostrativa della perizia esperita dal
P.M.
2.2. Con il secondo motivo, si lamenta violazione dell’art. 192 cod. proc. pen., sottolineando
l’inconsistenza degli indizi valorizzati dai giudici di merito e l’omessa considerazione delle
giustificazioni idonee a ricondurre gli stessi ad accadimenti diversi.
2.3. Con il terzo motivo, si lamenta violazione dell’art. 163 cod. pen., dal momento che il
ridotto allarme sociale destato dal reato e la giovane età dell’imputato avrebbero consentito
di concedere la sospensione condizionale della pena.
Considerato in diritto
1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile, dal momento che il documento del quale era
stata chiesta l’acquisizione con l’atto di appello non assume alcuna decisività, sia perché si
sostanzia nella comunicazione al sindaco di Piazza Armerina, da parte del ricorrente, che egli
stava eseguendo lavori di riempimento di voragini “con materiale gessoso ed arenareo”,
senza che ciò si accompagni neppure alla affermazione dell’utilizzo del veicolo di proprietà
dello stesso, sia perché, in ogni caso si tratta di elemento inidoneo a scalfire la pluralità di
elementi valorizzati dalla decisione di merito, cui è dedicato il secondo motivo di ricorso.
2. Quest’ultimo è, del pari, inammissibile.
Al riguardo, va rilevato che la tesi difensiva mira sostanzialmente a frazionare la rilevanza
probatoria degli elementi unitariamente valorizzati dalla Corte territoriale, con argomenti
che, anche in sé, appaiono inidonei a palesare una manifesta illogicità della motivazione.
Ed, infatti, con riferimento alla presenza di un ematoma sulla schiena e di escoriazioni sulle
braccia, compatibili con il crollo della volta del chiostro provocata dalle modalità esecutive
del furto, il ricorrente sostiene che, in sede di interrogatorio di garanzia, aveva chiarito di
essersi procurato tali lesioni con l’attività di trasporto di materiali di risulta. Tuttavia, non si
specifica come siffatta attività, ove pure svolta unitamente a quella di venditore ambulante
di angurie, possa aver provocato il riscontrato ematoma sulla schiena (pag. 10 della
sentenza di primo grado).

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2. Nell’interesse dell’imputato è stato proposto ricorso per cassazione, affidato ai seguenti

Analogamente, con riferimento al fatto che i capitelli trafugati e successivamente rinvenuti
presentavano tracce di vernice rossa dello stesso tipo di quella ritrovata sulla sponda del
motoape dell’imputato e che all’interno dei frammenti di vernice erano stati rinvenuti
frammenti di legno aderenti allo strato pittorico della stessa natura di quelli provenienti dal
menzionato motoape, il ricorrente sottolinea il carattere assai comune della vernice, senza
peraltro indicare su quali elementi processuali quest’ultima conclusione riposi.
In ogni caso, la critica trascura il profilo — ugualmente valorizzato dai giudici di merito, con
motivazione che non palesa alcuna manifesta illogicità – che nessuno dei veicoli, indicati dalla

o per non essere considerato funzionante (v., quello targato EN 19224 o quello targato EN
15897 non casualmente abbandonati: pag. 8 e 9 della sentenza di primo grado) o perché,
all’epoca dell’accertamento effettuato dal personale del Commissariato di P.S., non era di
colore rosso, ma verde (veicolo targato EN 15428: pag. 8 della sentenza di primo grado). E
ciò senza dire della singolarità, sottolineata dal giudice di primo grado, secondo cui, al
momento della consulenza effettuata nell’interesse dell’imputato, tutti i motoape si
presentavano perfettamente verniciati, senza scalfitture o scoloriture.
Del pari, privo di un puntuale riferimento agli atti processuali è la considerazione, secondo
cui il materiale calcarenitico è estremamente diffuso nel territorio interessato dalla vicenda.
In definitiva, esclusa la decisività degli argomenti riproposti in questa sede al fine di
dimostrare la manifesta illogicità della motivazione, deve rilevarsi che le critiche del
ricorrente aspirano ad una rivalutazione delle risultanze istruttorie, inammissibile in sede di
legittimità.
3. Infondato è il terzo motivo di ricorso.
Al riguardo, va ribadito che il giudice di appello non è tenuto a concedere d’ufficio la
sospensione condizionale della pena quando l’interessato non ne formuli, come nella specie,
alcuna richiesta di applicazione né nell’atto di impugnazione, né in sede di discussione,
sicché il mancato riconoscimento del beneficio non costituisce violazione di legge e non
configura mancanza di motivazione (Sez. 4, n. 43113 del 18/09/2012, Siekierska, Rv.
253641).
4. Alla pronuncia di rigetto consegue, ex art. 616 cod. proc. pen, la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 14/11/2013

Il Componente estensore

Il Presidente

difesa come circolanti all’epoca dei fatti in Piazza Armerina, poteva essere ricondotto al furto

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