Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6049 del 15/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 6049 Anno 2014
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: BARBARISI MAURIZIO

Data Udienza: 15/10/2013

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CASTELLI MASSIMO N. IL 31/08/1971
avverso l’ordinanza n. 13/2012 CORTE APPELLO di BOLOGNA, del
10/07/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MAURIZIO
BARBARISI;

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CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – Settima Sezione penale

Osserva
1. — Con ordinanza deliberata in data 10 luglio 2012, la Corte di Appello di Bologna rigettava l’istanza avanzata nell’interesse di Castelli Massimo volta a richiedere l’applicazione della disciplina della continuazione ai sensi dell’art. 671 cod. proc.
pen. in relazione alle condanne ivi indicate.
Il giudice argomentava la propria decisione rilevando l’insussistenza delle condi-

zioni per il riconoscimento dell’unicità del disegno criminoso, stante la non contiguità temporale e la diversità dei fatti accertati di cui alle sentenze recate nell’istanza.
Con memoria 3 ottobre 2013, il ricorrente riprendeva le tematiche già espresse
in ricorso allegando un precedente dì questa stessa Corte relativa a coimputato del
Castelli.
3. — Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere dichiarato inammissibile.
3.1 — Il Giudice dell’esecuzione ha per vero fatto corretta applicazione delle
norme di legge e dei principi più volte affermati da questa Corte (v. Cass., Sez. 1, 7

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aprile 2004, n. 18037, Tuzzeo, rv. 229052) circa l’inidoneità di mere situazioni soggettive ad integrare l’identità del disegno criminoso di cui all’art. 81 cpv. cod. pen.
e che, del pari, è consolidata l’affermazione della radicale diversità dell’identità della spinta criminosa o del movente pratico individuabile alla base di plurime violazioni della legge penale rispetto alla medesimezza del disegno criminoso che deve cementare i vari episodi di un reato continuato; è da ritenersi altresì consolidato il
principio secondo cui all’istante incombe un onere di allegazione di elementi specifici e concreti da cui desumere la fondatezza o meno dell’assunto (Cass., Sez. 5, 4
marzo 2004, n. 18586, rv. 229826; conformi ex plurimis Cass. n. 5518 del 1995;
n. 77 del 1995; n. 4437 del 1994; n. 898 del 1993), irrilevante essendo, in difetto
di tali dati sintomatici, il mero riferimento alla relativa contiguità cronologica od
all’analogia criminogena dei diversi fatti, indici, per lo più, come ritenuto nella specie, di abitualità criminosa e di scelte di vita ispirate alla sistematica e contingente
consumazione di illeciti penali piuttosto che di attuazione di un medesimo progetto
criminoso, unitariamente concepito e deliberato, sia pure nelle sue linee essenziali.
3.2 — Ciò posto, il Collegio osserva che il ricorso, più che individuare singoli aspetti del provvedimento impugnato da sottoporre a censura, tende a provocare
una nuova, non consentita rivalutazione delle circostanze di fatto, che, in quanto

Udienza in camera di consiglio: 15 ottobre 2013 — Castelli Massimo — RG: 1182/13, RU: 81;

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CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – Settima Sezione penale

tale, è insindacabile in sede di legittimità, mentre il provvedimento gravato, nella
carenza di allegazione da parte dell’istante di elementi concreti da cui dedurre la
medesimezza del disegno criminoso, presupposto indefettibile per l’applicazione
dell’istituto invocato, ha correttamente motivato il diniego dell’istanza. Sono stati
altresì evidenziati, tra l’altro, la non contiguità temporale dei fatti illeciti, la differente peculiarità esecutiva e la loro sostanziale disomogeneità, oltre alla carenza,
più in generale, di elementi concreti da cui desumere l’unicità progettuale delle

tenuto delle diverse sentenze indicate in ricorso, applicando i principi esposti nella
decisione allegata alla memoria difensiva (che tuttavia afferisce sì a un coimputato,
ma con una storia giudiziaria non sovrapponibile a quella dell’odierno ricorrente e di
conseguenza non mutuabile), pervenendo così alla conclusione, all’esito della compiuta disamina delle stesse decisioni, con motivazione congrua, adeguata e priva di
erronea applicazione della legge penale e processuale, della sussistenza di una non
superabile ostatività al riconoscimento della continuazione.
4. — Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità
(Corte Cost. sent. n. 186 del 2000), al versamento a favore della Cassa delle Ammende di una sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in C 1.000,00
(mille), ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.

per questi motivi
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di C 1.000,00 (mille) in favore della
Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 15 ottobre 2013

Il Pr idente

condotte illecite perpetrate. Il giudice ha dunque valutato in modo analitico il con-

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