Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6040 del 15/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 6040 Anno 2014
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI
FIRENZE
nei confronti di:
HOU XIAOHUANG N. IL 05/08/1978
avverso la sentenza n. 892/2010 GIUDICE DI PACE di PRATO, del
10/03/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA
SILVIO BONITO;

Data Udienza: 15/10/2013

1. Con sentenza pronunciata il 10 marzo 2011 il Giudice di pace di
Prato condannava Hou Xiaohuang, imputata del reato di cui all’art.
10-bis d. lgs. 286/1998, alla pena di euro 3500,00 di ammenda.
Motivava il giudice territoriale che l’imputata era stata controllata
dagli organi di polizia sul territorio dello Stato senza essere in
possesso di documenti validi per il soggiorno in Italia e che tanto
integrava il reato contestato.
2. Avverso la sentenza detta ricorre per cassazione il Procuratore
della repubblica di Firenze denunciandone l’illegittimità per
violazione di legge in particolare deducendo: la norma
incriminatrice ed il soggiorno clandestino con essa sanzionato
vanno posti in relazione alla direttiva europea 115/2008 e della
legge nazionale ad essa collegata (L. 129/2011 di conv. D.1.
89/2011) comunque applicabile al caso in esame; tale disciplina
privilegia (art. 12 co. 4) la ipotesi della espulsione con
accompagnamento alla frontiera ed in caso di impraticabilità di
essa, la possibilità per l’interessato di chiedere al prefetto la
concessione di un periodo di tempo entro il quale partire
volontariamente; tanto confligge con la sanzione penale applicabile
in via prioritaria ai sensi dell’art. 10-bis d. lgs. 286/1998; di qui
l’esigenza di sollevare questione pregiudiziale alla CEDU; sotto
altro profilo deve evidenziarsi che nessun accertamento
personalizzato risulta eseguito al fine di accertare la situazione
complessiva dell’imputato e cioè le ragioni del suo trovarsi in Italia,
il tempo dell’ingresso, quello di permanenza, la sussistenza di
rapporti familiari; la direttiva citata impone, viceversa
l’accertamento caso per caso della situazione del soggetto da
espellere e nella fattispecie la condanna penale consente la
convertibilità della pena pecuniaria con l’espulsione a titolo di
sanzione sostitutiva; deve infine rilevarsi che il giudicante non ha
accertato se tra l’accertamento della ritenuta clandestinità e la
pronuncia della condanna sia o meno intervenuta l’espulsione
dell’interessato; di qui la violazione della disposizione di cui all’art.
10-bis co. 5 d. lgs.; di qui la richiesta di disapplicazione della norma
incriminatrice per contrasto con la direttiva europea, ovvero di
formulazione di pregiudiziale europea, ovvero ancora di
annullamento con rinvio della sentenza impugnata.

\\\

La Corte, ritenuto in fatto e considerato in diritto

P. T. M.
la Corte, dichiara inammissibile il ricorso.
In Roma, addì 15 ottobre 2013
Il cons. estens.

Il Preidente

3. Il ricorso è manifestamente infondato.
Per quel che attiene alla compatibilità con la normativa
sovranazionale, in particolare con la direttiva CE n. 115 del 2008, si
è di recente registrato l’intervento risolutivo della Corte di giustizia
con la decisione del 6 dicembre 2012 sulla domanda di pronuncia
pregiudiziale proposta, ai sensi dell’art. 267 TFUE, dal Tribunale di
Rovigo, nel procedimento penale a carico di Md Sagor. Ed è appena
il caso di ricordate che già questa Corte aveva statuito che «la
fattispecie contravvenzionale prevista dall’art. 10-bis d.lgs n. 286
del 1998, che punisce l’ingresso e soggiorno illegale nel territorio
dello Stato, non viola la c.d. direttiva europea sui rimpatri (direttiva
Commissione CEE 16 dicembre 2008, n. 115), non comportando
alcun intralcio alla finalità primaria perseguita dalla direttiva
predetta di agevolare ed assecondare l’uscita dal territorio nazionale
degli stranieri extracomunitari privi di valido titolo di permanenza e
non è in contrasto con l’art. 7, par. 1 della medesima, che, nel porre
un termine compreso tra i 7 e 30 giorni per la partenza volontaria
del cittadino di paese terzo, non per questo trasforma da irregolare a
regolare la permanenza dello straniero nel territorio dello Stato» —
Sez. 1, n. 951 del 22/11/2011 (dep. 13/1/2012), Gueye, Rv. 251671.
Tanto premesso, nessuna delle conclusioni del ricorso proposto dal
P.M. nell’interesse della legge può trovare accoglimento, giacchè
delibata in ogni sede giurisdizionale di superiore rango la legittimità
della disciplina incriminatrice.

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