Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6012 del 20/12/2012


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 6012 Anno 2013
Presidente: BARDOVAGNI PAOLO
Relatore: SANTALUCIA GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) LA TORRE GIUSEPPE N. IL 08/12/1962
avverso l’ordinanza n. 558/2012 TRIB. LIBERTA’ di BARI, del
07/05/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIUSEPPE
SANTALUCIA;
e/s tite le con

Uditi difensor Avv.ko

Data Udienza: 20/12/2012

RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale del riesame di Bari ha confermato l’ordinanza con cui il giudice per le
indagini preliminari di quel Tribunale ha applicato a Giuseppe La Torre la misura della custodia
cautelare in carcere in riferimento ai reati di concorso, con più azioni esecutive di un medesimo
disegno criminoso, ef imfa v o re ggiamento personale e 41 procurata inosservanza di pena in favore
del latitante Giuseppe Pacilli, avendolo aiutato a sottrarsi all’esecuzione sia della pena irrogata
con più sentenze di condanna definitive che della misura della custodia cautelare in carcere in

agevolare la prosecuzione e la sopravivenza dell’associazione mafiosa di appartenenza del
Pacilli, denominata clan Li Bergolis, la cui esistenza è stata affermata da plurime sentenze.
Il Tribunale del riesame ha rinviato ricettiziamente al provvedimento applicativo della
misura cautelare, sì che le due decisioni si integrano reciprocamente. I gravi indizi di
colpevolezza sono desumibili dalle intercettazioni delle conversazioni tra il latitante Giuseppe
Pacilli e Giuseppe La Torre, dalle intercettazioni delle conversazioni del La Torre con le persone
che davano rifugio al Pacilli, dai risultati delle attività di polizia giudiziaria, che hanno
consentito di accertare la presenza del La Torre nei luoghi dove si era rifugiato il Pacilli.
Il fatto è stato commesso al fine di agevolare l’associazione di tipo mafioso di cui il
Pacilli è elemento di spicco, se pure non con il ruolo di capo; ciò è desumibile dalle modalità di
commissione, specificamente dalla costante frequentazione dell’abitazione della madre

del

latitante Pacilli, luogo in cui avvenivano le conversazioni aventi ad oggetto la prosecuzione
delle illecite attività
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso, per mezzo del difensore avv.to M. Murgo,
Giuseppe La Torre, deducendo:
violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla circostanza
aggravante di cui all’art. 7 d.l. n. 152 del 1991. Il ricorrente ha dato
assistenza al Pacilli solo in ragione dei rapporti di conoscenza con la famiglia
di quest’ultimo e non certo per favorire un’organizzazione mafiosa, e ne è
prova il fatto che il collegamento con il Pacilli è sorto soltanto nell’ultimo
periodo della latitanza. L’ordinanza impugnata, inoltre, è incorsa in un errore
di interpretazione della sentenza emessa dal giudice dell’udienza preliminare
del Tribunale di Bari, n. 409 del 6 settembre 2006, con cui il Pacilli è stato
condannato ad anni otto di reclusione ed C 1200,00 di multa per aver preso
parte ad un’associazione di tipo mafioso, senza però l’attribuzione anche di
una condotta apicale.
Difetto di motivazione in ordine al giudizio di gravità indiziaria e di
sussistenza delle esigenze cautelari. L’ordinanza impugnata, in riguardo ai
gravi indizi, si è limitata a trasporre intere risultanze investigative senza
adeguati supporti critici; in riguardo, poi, alle esigenze cautelari ha fatto
ricorso a formule rituali e di stile, e ha derivato l’esigenza di prevenzione
2

relazione a più provvedimenti cautelari, con l’aggravante costituita dall’aver agito al fine di

speciale esclusivamente dalle specifiche modalità del fatto, senza alcuna
doverosa indagine sulla personalità dell’indagato come desunta da
comportamenti o atti concreti o dai suoi precedenti penali.
CONSIDERATO IN DIRITTO

I motivi di ricorso sono manifestamente infondati per le ragioni di seguito esposte.
L’affermazione della sussistenza della circostanza aggravante di cui all’art. 7 d.l. n. 152
del 1991 è corretta e adeguatamente motivata. Il Tribunale del riesame ha dato atto di come a
(fl. 8 del provvedimento impugnato), ma ha compiutamente argomentato circa le ragioni che,
ciò nonostante, sostengono l’affermazione secondo cui la condotta posta in essere dal
ricorrente non fu finalizzata soltanto ad aiutare la singola persona, appunto il latitante Pacilli,
ma fu connotata per la finalità di agevolazione dell’intero gruppo criminale di tipo mafioso. Ha
preso in esame alcuni dati di fatto – indicati compiutamente a f1.9 del provvedimento
impugnato – (consapevolezza, in ragione dell’appartenenza alle Forze dell’Ordine, del ruolo
criminale ricoperto dal Pacilli; intrattenimento di rapporti anche con sconosciuti come il
Prencipe, che favorì la latitanza del Pacilli; costante recapito della corrispondenza al Pacilli;
frequentazione dell’abitazione della madre del Pacilli, in cui si svolgevano discussioni aventi ad
oggetto la prosecuzione delle illecite attività estorsive del gruppo criminale, con piena
consapevolezza dei contenuti di tali discussioni tra più soggetti; conoscenza del nascondiglio
del latitante, persino taciuto ai familiari del Pacilli; conoscenza superficiale di alcuni familiari
del Pacilli della persona del ricorrente, a dimostrazione che questi non aveva legami amicali di
tipo personale con il nucleo familiare del latitante) ed ha coerentemente e logicamente
concluso la ricostruzione in fatto nel senso che la condotta del ricorrente fu oggettivamente
agevolatrice dell’attività dell’organizzazione criminale, di cui il Pacilli era componente di spicco
ancora in stato di libertà mentre i capi dello stesso sodalizio erano ristretti in carcere,
impegnato nella prosecuzione delle illecite attività facenti capo all’intera associazione.
Ancora, l’ordinanza impugnata ha avuto cura di fare rinvio ricettizio, per ragioni di
economia espositiva, al provvedimento applicativo della misura, per evitare “inutili duplicazioni
ricostruttive e pedisseque iterazioni argomentative”; ha precisato che la difesa “non ha
contestato l’esistenza dei gravi indizi di colpevolezza …”; ha comunque affermato che in più
significative occasioni fu registrata la presenza del ricorrente nei luoghi ove il Pacilli trovava
rifugio e furono intercettate conversazioni intercorse tra loro; ha richiamato i dati intercettativi
da cui si trae che il ricorrente ebbe contatti anche con altre persone che aiutavano la latitanza
del Pacilli; ha desunto dalle lunghe e particolareggiate conversazioni tra il ricorrente e la madre
e le sorelle del Pacilli il grado di partecipazione del primo nelle dinamiche criminali che erano in
atto; ha infine richiamato, con specifica indicazione delle pagine rilevanti, gli elementi valutati
dal provvedimento applicativo della misura (fl. 3 e 5 dell’ordinanza impugnata). Non può allora
dirsi, anche considerando quanto argomentato sulla sussistenza della menzionata circostanza
aggravante, che non abbia proceduto, con la necessaria accuratezza, alla formulazione del
3

Giuseppe Pacilli non possa essere riconosciuto il ruolo di capo del gruppo criminale Li Bergolis

Trasmessa copia ex art. 23
n. 1 ter L. 8-8-95 n. 332
Rola, n b1 FEB.2O13
.

giudizio di gravità indiziaria. Per quel che poi attiene all’affermazione delle esigenze cautelari, il
Tribunale, nonostante la presunzione legislativa di sussistenza, ha argomentato sulle ragioni
poste a fondamento del paventato pericolo di reiterazione criminosa (fl. 9-10 dell’ordinanza
impugnata) e ciò ha fatto con logico e adeguato sforzo di motivazione.
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna alle
spese e a una somma, che si reputa equa nella misura di C 1000,00, in favore della Cassa delle
ammende, non sussistendo alcuna ipotesi di carenza di colpa del ricorrente nella
Costituzionale con la sentenza n. 186 del 2000.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento e della somma di C 1000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al direttore
dell’istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94, comma 1-ter, disp. att. c.p.p.

Così de iso il 20 dicembre 2012

determinazione della causa d’inammissibilità, secondo l’orientamento espresso dalla Corte

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