Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6006 del 14/01/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 6006 Anno 2016
Presidente: DI TOMASSI MARIASTEFANIA
Relatore: CENTONZE ALESSANDRO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CANNATA LUCIANO N. IL 14/12/1964
GRECO AGOSTINO N. IL 27/11/1944
avverso la sentenza n. 7/2015 CORTE ASSISE APPELLO di
PALERMO, del 13/07/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRO
CENTONZE;

Data Udienza: 14/01/2016

RITENUTO IN FATTO
ct.ssì
Con sentenza emessa il 13/07/2015 la Corte cTrì appe lo di Palermo,
decidendo sul rinvio disposto dalla Corte di cassazione con sentenza
dell’08/01/2014, riformava la sentenza emessa dal G.U.P. del Tribunale di
Termini Imerese il 22/12/2009, rideterminando la pena irrogata a Luciano
Cannata e Agostino Greco in anni sedici di reclusione.
Tale pronuncia di appello, dunque, faceva seguito all’annullamento con

Cassazione che aveva annullato la sentenza emessa in data 19/07/2011 dalla
Corte di Assise di Appello di Palermo nei confronti, tra gli altri, di Cannata
Luciano e Greco Agostino, che erano stati condannati alla pena di trenta anni di
reclusione ciascuno per la compartecipazione all’omicidio di Pietro D’Amore
Pietro, che si assumeva commesso a Lercara Friddi 1’08/07/2007.
L’annullamento, in particolare, riguardava il solo trattamento sanzionatorio
irrogato al Cannata e al Greco, con particolare riferimento al diniego delle
circostanze attenuanti generiche, che erano state invocate in favore degli
imputati ed erano state negate nei sottostanti giudizi di merito, rinviando per
nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di assise d’appello di Palermo.
Avverso tale sentenza gli imputati, a mezzo del loro difensore, ricorrevano
per cassazione, deducendo violazione di legge e mancanza di motivazione del
provvedimento impugnato, evidenziando che la sentenza in esame aveva
disatteso il principio di diritto affermato nella sentenza di annullamento con
rinvio disposto da questa Corte, evidenziando a tal proposito l’assoluta
marginalità del ruolo esecutivo svolto dai ricorrenti nel progetto criminoso
all’esito del quale veniva ucciso Pietro D’Amore, che veniva sminuita dalla Corte
di appello di Palermo con un percorso argomentativo incongruo e
manifestamente contraddittorio.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è inammissibile, risultando basato su motivi manifestamente
infondati.
Deve, in proposito, rilevarsi che il controllo affidato al giudice di legittimità è
esteso, oltre che all’inosservanza di disposizioni di legge sostanziale e
processuale, alla mancanza di motivazione, dovendo in tale vizio essere
ricondotti tutti i casi nei quali la motivazione stessa risulti del tutto priva dei
requisiti minimi di coerenza, completezza e di logicità, al punto da risultare
meramente apparente o assolutamente inidonea a rendere comprensibile il filo
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rinvio disposto con sentenza dell’08/01/2014 dalla questa Sezione della Corte di

logico seguito dal giudice di merito, ovvero quando le linee argomentative del
provvedimento siano talmente scoordinate e carenti dei necessari passaggi logici
da fare rimanere oscure le ragioni che hanno giustificato la decisione (cfr. Sez.
U, n. 25080 del 28/05/2003, Pellegrino, Rv. 224611).
Nel caso di specie, il ricorrente, pur denunziando formalmente violazione di
legge, non critica in realtà la violazione di specifiche regole inferenziali da parte
della Corte territoriale – tenendo conto del giudizio di rinvio all’esito del quale
interveniva la sentenza impugnata – ma postulando incongrue carenze

della vicenda processuale. Tuttavia, tale riesame è inammissibile in sede
d’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione, quando la
struttura razionale della sentenza impugnata abbia una sua chiara e puntuale
coerenza argomentativa e sia saldamente ancorata al principio di diritto
affermato nella sentenza di rinvio, risultando correttamente correlata al
compendio probatorio acquisito e alle evidenze probatorie, che veniva
correttamente richiamato nel provvedimento impugnato.
Nel caso di specie, la Corte di assise di appello di Palermo, all’esito del
giudizio di rinvio, concedeva agli imputati Luciano Cannata e Agostino Greco le
circostanze attenuanti generiche, ritenendole equivalenti alla contestata
aggravante, all’esito di una complessa ricostruzione della vicenda delittuosa e del
disvalore delle condotte degli appellanti – effettuata tenuto conto della
complessità del progetto criminoso elaborato per uccidere l’Amore – nell’ambito
di un percorso argomentativo ineccepibile, sviluppato nelle pagine 4-9 del
provvedimento impugnato, nel quale si evidenziavano le connotazioni di
particolare intensità del dolo sotteso alle condotte delittuose degli stessi
imputati.
Ne discende che, nel caso di specie, il giudice di rinvio si conformava
correttamente al principio di diritto posto a fondamento della sentenza di
annullamento dell’08/01/2014, escludendo la prevalenza delle circostanze
attenuanti generiche sull’aggravante della premeditazione sulla base di un
percorso motivazionale esente da discrasie processuali, nel quale si ponevano in
rilievo l’efferatezza e la brutalità dell’omicidio oggetto in contestazione.
In tale ambito, nel provvedimento impugnato, si evidenziava anche che la
premeditazione assumeva un ruolo determinante rispetto all’esecuzione del
progetto omicida organizzato in danno dell’Amore, atteso l’ambiente criminale
nel quale tale progettazione criminosa andava inserito e la meticolosa
preparazione dell’azione delittuosa, che andavano ulteriormente correlate alle
attività poste in essere nella fase successiva all’omicidio, finalizzata a depistare
le indagini.
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motivazionali, chiede la rilettura del quadro probatorio e il riesame nel merito

Per queste ragioni, i ricorsi proposto nell’interesse di Luciano Cannata e
Agostino Greco devono essere dichiarati inammissibile, con la conseguente
condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo
ipotesi di esonero, ciascuno di essi al versamento di una somma alla Cassa delle
ammende, determinabile in 1.000,00 euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.

P.Q.M.

processuali e ciascuno al versamento della somma di 1.000,00 euro alla Cassa
delle ammende.
Così deciso in Roma il 14 gennaio 2016.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese

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