Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 600 del 25/11/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 600 Anno 2016
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: TARDIO ANGELA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
APREA PASQUALE, nato il 20/10/1974
avverso l’ordinanza n. 8803/2014 TRIBUNALE SORVEGLIANZA di
ROMA del 22/01/2015;

sentita la relazione fatta dal Consigliere dott. Angela Tardio;
letta la requisitoria del Procuratore Generale dott. Francesco
Salzano, che ha chiesto il rigetto del ricorso con le conseguenze di
legge.

Data Udienza: 25/11/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 22 gennaio 2015 il Tribunale di sorveglianza di Roma
ha dichiarato inammissibile il reclamo proposto da Aprea Pasquale avverso il
decreto ministeriale del 6 novembre 2014, integrativo del regime differenziato ex

Il Tribunale rilevava, a ragione della decisione, che il detenuto aveva chiesto
la disapplicazione della disposizione relativa alla limitazione dei colloqui con i
familiari, sul presupposto che non potessero essere equiparati i colloqui telefonici
e quelli visivi, e che, non essendovi alcuna affermazione né esclusione al
riguardo nel decreto impugnato, non vi fosse alcun elemento sul quale potesse
utilmente pronunciarsi.

2. Avverso detta ordinanza l’interessato ha proposto ricorso per cassazione,
per mezzo del suo difensore avv. Stefania Gottero, chiedendone l’annullamento
sulla base di unico motivo, con il quale denuncia manifesta illogicità della
motivazione ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen.
Secondo il ricorrente, il Tribunale, ritenendo che dalla lettura del decreto
ministeriale impugnato non si evidenziasse la lamentata equiparazione tra
colloqui visivi e telefonici, ha omesso di rilevare che il decreto aveva di fatto
effettuato una equiparazione tra i detti colloqui, prevedendo che il detenuto, ove
avesse effettuato il colloquio prolungato di due ore con i familiari nel mese, non
avrebbe potuto effettuare il colloquio telefonico della durata di dieci minuti.
Né il Tribunale, che ha omesso di prendere in esame tutte le risultanze
potenzialmente utili ai fini del decidere e di approfondire gli argomenti difensivi,
ha esaminato la doglianza afferente alla impossibilità della equiparazione, invece
effettuata di fatto dal Tribunale, tra i diversi tipi di colloquio alla luce della
normativa di cui al d.P.R. n. 230 del 2000, che prevede i colloqui visivi e i
colloqui telefonici rispettivamente all’art. 37 e all’art. 39, senza limitare i colloqui
telefonici ove il detenuto usufruisca di quello prolungato mensile.
Pertanto, il Tribunale avrebbe dovuto non limitarsi a una ordinanza
d’inammissibilità, ma pronunciarsi nel merito della ragionevolezza della
esclusione del colloquio telefonico nel caso indicato.

3. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato requisitoria
scritta concludendo per il rigetto del ricorso.

2

art. 41-bis Ord. Pen., cui lo stesso era sottoposto.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.

2.

L’ordinanza impugnata, nel conclusivo apprezzamento -in risposta al

reclamo proposto dal detenuto personalmente e a mezzo del difensore- della
insussistenza di elementi sui quali fondare una utile pronuncia, è sostenuta da
argomenti plausibili, correlati a un dato di fatto, logicamente rappresentato,

contestata equiparazione dei colloqui visivi e telefonici nel decreto ministeriale
reclamato, integrativo del regime penitenziario differenziato in corso.
2.1. Le doglianze del ricorrente, che nel riepilogare tali considerazioni, dopo
averle specificamente richiamate nella premessa del ricorso, asserisce che il
Tribunale avrebbe nella sostanza ritenuto che

“dalla lettura dell’impugnato

decreto ministeriale non si evidenziasse la lamentata equiparazione tra colloqui
visivi e telefonici”, non corrispondono al requisito della specificità.
Tale requisito, normativamente previsto dall’art. 581 lett. c) cod. proc. pen.,
implica, invero, a carico del titolare del diritto di impugnazione, l’onere di
esprimere le ragioni del dissenso rispetto alla motivazione del provvedimento
impugnato, le quali siano capaci di contrastare quelle in esso contenute, alle
stesse correlandosi in modo preciso e concreto, alla stregua dei condivisi principi
di diritto più volte riaffermati da questa Corte (tra le altre, Sez. 1, n. 395298 del
30/09/2004, dep. 11/10/2004, Burzotta, Rv. 230634; Sez. 2, n. 19551 del
15/05/2008, dep. 19/05/2008, Lo Piccolo, Rv. 240109; Sez. 5, n. 28011 del
15/02/2013, dep. 26/06/2013, Sammarco, Rv. 255568; Sez. 2, n. 11951 del
29/01/2014, dep. 13/03/2014, Lavorato, Rv. 259425).
2.2. Né il ricorrente, che contrappone l’omesso approfondimento di
argomenti difensivi e il mancato esame delle doglianze relative alla impossibilità
della equiparazione tra i diversi tipi di colloquio alla luce della normativa di cui al
d.P.R. n. 230 del 2000, invece di fatto effettuata nel decreto ministeriale
reclamato, ha enunciato e illustrato in ricorso il contenuto delle deduzioni,
correlate argomentativamente ai contenuti del decreto ministeriale integrativo e
rimaste pretermesse, svolgendo rilievi puramente assertivi, che non corredati
neppure dall’allegazione del detto decreto, sono privi della necessaria
autosufficienza, funzionale all’effettivo apprezzamento del vizio dedotto, in
violazione del relativo principio di diritto, costituente

ius receptum

nella

giurisprudenza di legittimità (tra le altre, Sez. 1, n. 6112 del 22/01/2009,
dep. 12/02/2009, Bouyahia, Rv. 243225; Sez. 5, n. 11910 del 22/01/2010,
dep. 26/03/2010, Casucci, Rv. 246552; Sez. 1, n. 25834 del 04/05/2012,
dep. 04/07/2012, P.G. in proc. Massaro, Rv. 253017; Sez. 2, n. 26725 del

3

riguardante l’assenza di riferimenti, in termini affermativi ovvero esclusivi, alla

01/03/2013, dep. 19/06/2013, Natale, Rv. 256723; Sez. 1, n. 23308 del
18/11/2014, dep. 29/05/2015, Savasta, Rv. 263601).

3. Alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso segue di diritto la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché -valutato il
contenuto del ricorso e in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità- al versamento della somma,

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, in data 25 novembre 2015

Il Consigliere estensore

Il Presidente

ritenuta congrua, di euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

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