Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 60 del 10/12/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 60 Anno 2016
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: PELLEGRINO ANDREA

Data Udienza: 10/12/2015

SENTENZA
Sul ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il
Tribunale di Napoli, nel procedimento a carico di Esposito Luca, n. a
Napoli il 11.06.1980, rappresentato e assistito dall’avv. Carmine
Ippolito, avverso l’ordinanza del Tribunale di Napoli, in funzione di
giudice del riesame, n. 831/2015, in data 18.09.2015;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
preso atto dalla ritualità delle notifiche e degli avvisi;
sentita la relazione della causa fatta dal consigliere dott. Andrea
Pellegrino;
udita la requisitoria del Sostituto procuratore generale dott. Stefano
Tocci che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
sentita la discussione del difensore di Esposito Luca, avv. Carmine
Ippolito, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1

1. Con provvedimento del giudice per le indagini preliminari presso il
Tribunale di Napoli in data 06.07.2015, veniva disposto nei confronti
di Esposito Luca il sequestro preventivo della somma di euro
83.500,00 e di n. undici assegni di conto corrente rinvenuti presso
l’abitazione del medesimo.
Invero, nell’ambito dell’indagine condotta a carico di Bosti Patrizio e

di Aieta Rita, indagati in ordine al reato di cui all’art. 416 bis cod.
pen. ed altro, in data 22.01.2014, la polizia giudiziaria eseguiva una
perquisizione d’iniziativa presso l’abitazione di Bosti Maria, figlia dei
sunnominati, che conduceva al rinvenimento ed al sequestro di
quanto descritto nel relativo verbale. Al momento della perquisizione,
era presente in casa Esposito Luca, coniuge della Bosti, all’epoca non
indagato, che consegnava spontaneamente ai verbalizzanti denaro ed
assegni: con decreto in data 23.01.2014, il pubblico ministero
convalidava il sequestro.
2. Avverso detto provvedimento, Esposito Luca proponeva ricorso al
Tribunale del riesame in qualità di terzo interessato, assumendo la
proprietà esclusiva dei beni in sequestro di cui chiedeva la
restituzione, allegando documentazione attestante lo svolgimento di
attività economica-imprenditoriale redditizia.
3. L’istanza di Esposito Luca veniva rigettata: provvedimento che la
Corte di Cassazione annullava con rinvio per nuovo esame.
4. In sede di rinvio, il Tribunale annullava il decreto impugnato dal
ricorrente ritenendo che il pubblico ministero non avesse
adeguatamente indicato le ragioni afferenti la conservazione e/o
l’acquisizione di elementi relativi al

thema probandum

ed in

particolare per non aver esplicitato per quale motivo i beni rinvenuti
a casa della Bosti e nella disponibilità del coniuge, percettore di
reddito autonomo, dovessero ritenersi pertinenti rispetto alle ipotesi
di reato ascritte ai genitori della stessa Bosti.
5. A seguito di nuova informativa della polizia giudiziaria, Esposito
Luca veniva, nell’ambito del medesimo procedimento, veniva iscritto
nel registro degli indagati per i reati di cui agli artt. 629 cod. pen., 7 I.
n. 203/1991 e 416 bis cod. pen. ed il pubblico ministero emetteva un
decreto di sequestro preventivo di urgenza, successivamente
convalidato dal giudice per le indagini preliminari con decreto in data

2

06.07.2015, avente ad oggetto i beni già dissequestrati dal Tribunale.
6. Con atto in data 13.07.2015, la difesa di Esposito Luca proponeva
ricorso avverso il provvedimento del 06.07.2015: il Tribunale del
riesame, con l’ordinanza in data 18.09.2015, in accoglimento del
gravame, annullava il decreto impugnato evidenziando come le
ipotesi delittuose non trovassero corrispondenza nei fatti e che
facessero comunque difetto i requisiti richiesti dalle fattispecie

normative poste a sostegno del sequestro.
7. Avverso detta ordinanza, il Procuratore della Repubblica presso il
Tribunale di Napoli propone ricorso per cassazione lamentando
inosservanza ed erronea applicazione della legge penale.
In particolare, censura il ricorrente la violazione di due profili:
-il primo, per aver il Tribunale applicato un criterio di valutazione
delle condizioni legittimanti il sequestro del tutto errato avendo
proceduto a verificare la ricorrenza dei gravi indizi di colpevolezza
valevoli per le misure cautelari personali e non quella della
sussistenza del fumus del reato che, viceversa, fonda la possibilità del
provvedimento ablativo;
-il secondo, per aver il Tribunale compiuto una valutazione atomistica
delle fonti di prova che collide con le regole ermeneutiche che
impongono di esaminare e di valutare i vari elementi in modo
sinergico e sistemico, attraverso un collegamento razionale e logico
degli indizi.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato e, come tale, va accolto.
2. Va preliminarmente osservato come, in materia di misure cautelari
reali, in sede di legittimità così come in sede di riesame, non sia
consentito verificare la sussistenza del reato ma solo accertare se il
fatto contestato sia configurabile quale fattispecie astratta di reato, in
termini di sommarietà e provvisorietà propri della fase delle indagini
preliminari.
La misura cautelare reale attiene infatti a “cose” che vengono
rappresentate con un tasso di “pericolosità”, collegandosi con un
reato, e la conservazione del sequestro – volto a limitare la “libera
disponibilità” delle stesse – prescinde da qualsiasi verifica in merito

3

alla fondatezza dell’accusa, la quale introdurrebbe nel procedimento
incidentale un

“thema decidendi”

coinvolgente l’oggetto del

procedimento principale (cfr., ex multis, Sez. U, sent. n. 7 del
23/02/2000, dep. 04/05/2000, Mariano, Rv. 215840; Sez. 3, sent. n.
23214 del 10/02/2004, dep. 18/05/2004, P.M. in proc. Persico, Rv.
228807).
2.1. È sufficiente al riguardo ricordare – in via di principio – che, in

tema di sequestro preventivo, la verifica delle condizioni di legittimità
della misura cautelare, da parte del tribunale del riesame (e di questa
Corte), non può tradursi in un’anticipata decisione della questione di
merito concernente la responsabilità del soggetto indagato in ordine
al reato oggetto di investigazione, ma deve limitarsi al controllo di
compatibilità tra la fattispecie concreta e quella legale ipotizzata,
mediante una valutazione prioritaria della antigiuridicità penale del
fatto (cfr.: Sez. U, sent. n. 6 del 27/03/1992, dep. 07/11/1992,
Midolini, Rv. 191328).
2.2. Invero, le condizioni generali per l’applicabilità delle misure
cautelari personali, indicate nell’art. 273 cod. proc. pen., non sono
estensibili, per la loro peculiarità, alle misure cautelari reali, e da ciò
deriva che, ai fini della verifica in ordine alla legittimità del
provvedimento mediante il quale sia stato ordinato il sequestro
preventivo di un bene pertinente ad uno o più reati, è preclusa ogni
valutazione riguardo alla sussistenza degli indizi di colpevolezza, alla
gravità di essi e alla colpevolezza dell’indagato (cfr. Sez. U, sent. n. 4
del 25/03/1993, dep. 23/04/1993, Gifuni, Rv. 193117).
2.3. Diversamente – come si è accennato in premessa – si finirebbe
con lo utilizzare surrettiziamente la procedura incidentale di riesame
per una preventiva verifica del fondamento dell’accusa, con evidente
usurpazione di poteri che sono per legge riservati al giudice del
procedimento principale (cfr., ex multis, Sez. 6, sent. n. 316 del
04/02/1993, dep. 07/04/1993, Francesconi, Rv. 193854; Sez. 3,
sent. n. 1970 del 26/04/1996, dep. 24/05/1996, Beltrami, non mass.
sul punto).
3. Nella fattispecie, il Tribunale è rimasto inosservante al principio,
mal interpretando i limiti del proprio compito di controllo ad esso
devoluto, atteso che, invece di valutare su di un piano di astrattezza
l’antigiuridicità dei fatti sostanzianti l’accusa, limitandosi alla verifica

4

di compatibilità tra la enunciata ipotesi accusatoria e le emergenze
esistenti nonché alla attribuibilità del prospettato illecito all’indagato,
ha compiuto una vera e propria indagine di merito esaminando
questioni che, in concreto, involgono la responsabilità dell’indagato ed
esplorano, in modo del tutto ingiustificato, il tema della fondatezza
della pretesa punitiva, di per sé esulante dai limiti del procedimento
incidentale di cui trattasi.

In particolare, il Tribunale ha compiuto un’analisi dei molteplici
elementi posti a fondamento del provvedimento impositivo della
cautela reale (intercettazioni, dichiarazioni dei collaboratori di
giustizia) operando con un metro di valutazione tipico degli artt. 275
e 192, commi 2 e 3 cod. proc. pen. e, attraverso una valutazione
parcellizzata delle fonti di prova, ha finito – in un epilogo rapportabile
all’esito del giudizio di merito – per ritenere la mancanza di riscontri
all’accusa.
4. Il provvedimento impugnato va quindi annullato con rinvio al
Tribunale di Napoli per nuovo esame. Il giudice del rinvio dovrà
attenersi al seguente principio: “considerato che la verifica delle
condizioni di legittimità della misura cautelare, da parte del tribunale
del riesame non può tradursi in un’anticipata decisione della
questione di merito concernente la responsabilità del soggetto
indagato in ordine al reato oggetto di investigazione, ma deve
limitarsi al controllo di compatibilità tra la fattispecie concreta e quella
legale ipotizzata, mediante una valutazione prioritaria della
antigiuridicità penale del fatto essendo in quella sede preclusa ogni
valutazione riguardo alla sussistenza degli indizi di colpevolezza, alla
gravità di essi e alla colpevolezza dell’indagato, valuti il tribunale, su
di un piano di astrattezza, l’antigiuridicità dei fatti sostanzianti
l’accusa, limitandosi – ai fini del controllo della ricorrenza dei
presupposti per l’applicazione della misura cautelare reale del
sequestro preventivo – alla verifica di compatibilità tra la enunciata
ipotesi accusatoria e le emergenze esistenti nonché alla attribuibilità
del prospettato illecito all’indagato”

PQM

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Napoli per

5

nuovo esame.
Così deliberato in Roma, udienza in camera di consiglio del
10.12.2015

Il Consigliere estensore

Il Presidente

Dott. Andrea /pellegrino

Dott. Mario Gentile

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