Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6 del 26/11/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 6 Anno 2014
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: PETRUZZELLIS ANNA

SENTENZA
sui ricorsi proposti da
1. Vincenzo Acquafredda nato a Senise il 13/04/1967
2. Cristian Casula, nato ad Avigliana il 17/01/1982
3. Alberto Dossena, nato ad Avigliana il 25/10/1987
avverso la sentenza del 28/11/2012 della Corte d’appello di Torino,
visti gli atti, il provvedimento denunziato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere Anna Petruzzellis;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Roberto
thl í‘CV ,2■fRZ.ùòp‘ \),Ixecu.te
Aniello, che ha concluso chiedendoil rigetto del ricorsov e I accertamento -di
inammissibilità dei ricorsi di Casula e Dossena;
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uditi l’avv. Giuseppe Mi= per Acquafredda e l’avv. Gianluca Marzio, in
sostituzione dell’avv. Mauro Carena per Casula, che si sono riportati ai rispettivi
ricorsi chiedendone l’accoglimento;
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d’appello di Torino, con sentenza del 28/11/2012, in parziale
accoglimento degli appelli proposti, ha riconosciuto in favore di Vincenzo
Acquafredda e Cristian Casula l’invocata attenuante di cui all’art. 73 comma 5
d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, ritenendola per entrambi prevalente sulla recidiva
contestata e così provvedendo a rideterminare la pena in anni quattro di
reclusione e C 10.000 di multa per Acquafredda, cui erano state concesse in
primo grado le attenuanti generiche valutate equivalenti all’aggravante
contestata, ed in anni quattro di reclusione C 12.000 di multa per Casula; in
favore di Alberto Dossena ha rideterminato la sanzione in anni uno mesi otto di

Data Udienza: 26/11/2013

reclusione ed € 3000 di multa, ed ha confermato nel resto della sentenza di
primo grado emessa nei confronti dei predetti dal Gip del Tribunale di Torino il
30 marzo 2012.
Le indagini avevano tratto spunto dai controlli eseguiti sulle persone con
le quali è risultato in contatto un trafficante di stupefacenti al momento del suo
arresto, ed avevano consentito di ricostruire l’attività illecita che veniva svolta

2.1.

Vincenzo Acquafredda ha proposto ricorso personalmente,

deducendo inosservanza dell’art. 69 comma 2 cod.pen. nella parte in cui la Corte
ha ritenuto l’attenuante della norma speciale prevalente sulla recidiva,
escludendo invece tale prevalenza con riferimento alle riconosciute attenuanti
generiche di cui è stata valutata l’equivalenza, rapportando tale valutazione al
divieto normativo, che si è ritenuto superato dalla pronuncia della Consulta n.
251/2012 solo con riferimento alla norma speciale in materia di stupefacenti.
In senso contrario si deduce che in forza della disposizione di cui all’art.
69 comma 2 cod.pen. la riconosciuta prevalenza delle attenuanti induce ad
operare soltanto le diminuzioni di pena ad esse relative, sicché l’applicazione
svolta dal Collegio della norma richiamata risulta illegittima.
A sostegno della propria tesi si assume che la pronuncia della Corte
costituzionale citata ha di fatto attribuito ampia discrezionalità giudicante sullo
scrutinio del bilanciamento di tutte le circostanze a cui è correlato il fatto per cui
si procede, ed in ragione di tale valutazione si sollecita l’annullamento della
sentenza sul punto.
3.1. Il difensore di Cristian Casula, propone ricorso deducendo con il
primo motivo mancanza, contraddittorietà ed illogicità della motivazione, nella
parte in cui ha individuato gli elementi di prova in generici richiami a
intercettazioni, citate testualmente ed accompagnati da una didascalia per
illuminare come si intende che si inseriscano nel contesto dei colloqui tra gli
imputati, omettendo di individuare ulteriori elementi a sostegno della tesi
accusatoria.
Si deduce inoltre genericità dell’argomentazione sulla base della quale si
ritiene che l’effettività delle operazioni illecite di cui è dato conto nelle
conversazioni sia stata affermata dalle ammissioni dei coimputati, deduzione
svolta con richiamo generico alla loro attendibilità, e di relazione al cui contenuto
si denuncia l’assenza di riscontri.
4. Alberto Dossena ha proposto ricorso personalmente deducendo illogicità
della motivazione della pronuncia nella parte in cui è escluso per il reato a lui
contestato l’accertamento dell’uso di gruppo di sostanza stupefacente, fattispecie
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Cass. VI sez. pen.r.g.n. 22630/2013

presso un bar sito nel Comune di Borgogne di Susa.

di cui è esclusa la punibilità, poiché si ritiene che tale inquadramento giuridico
non possa escludersi in ragione della mancata individuazione dei destinatari finali
degli acquisti dei quantitativi loro destinati e delle somme messe a disposizione.
In senso opposto si richiamano le risultanze dell’istruttoria, sulla base delle
quali risultava possibile operare un collegamento tra l’acquisto di stupefacente
ed una precedente colletta in danaro eseguita dagli utilizzatori, situazione

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso proposto nell’interesse di Acquafredda è fondato, mentre i
ricorsi proposti nell’interesse di Casula e Dossena sono inammissibili per
genericità.
2. La sentenza d’appello, intervenuta a seguito della pronuncia della Corte
Costituzionale, che ha statuito la possibilità di valutazione di prevalenza della
sola attenuante oggettiva di cui all’art. 73 comma 5 d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309
sulla recidiva contestata, ha coniugato tale indicazione, con il già intervenuto
riconoscimento delle attenuanti generiche equivalenti alla contestata recidiva,
provvedendo a determinare la sanzione in forza della diminuente invocata,
prevalente, ma ha poi escluso l’ulteriore riduzione della pena, per effetto delle

attenuanti generiche, ritenendone l’equivalenza rispetto all’aggravante
accertata.
In realtà un tal modo di procedere risulta aver ignorato il principio
inderogabile fissato dalla legge in punto di valutazione delle circostanze del
reato nell’art. 69 cod.pen. che presuppone una valutazione complessiva degli
elementi circostanziali, siano essi aggravanti o attenuanti, imposta dalla
necessità di giungere ad una determinazione del disvalore dell’azione
delittuosa nel suo complesso, sul piano oggettivo e soggettivo, al fine di
accedere alla quantificazione della pena secondo la modalità più aderente al
caso concreto ( in senso conforme Sez. 6, Sentenza n. 39456 del
09/10/2003, dep. 20/10/2003, imp. Cotugno , Rv. 227433), essendo inibito
al giudice di diminuire la pena solo per effetto dell’attenuante speciale e
mantenere il giudizio di equivalenza tra attenuanti generiche e recidiva (v.,
tra le tante, Sez. 4, Sentenza n. 1901 del 07/02/1995, dep. 24/02/1995,
imp. Betti, Rv. 200897).
È stato invero più volte già affermato che in tema di concorso di
circostanze del reato, il giudizio di bilanciamento ha carattere unitario e riguarda
tutte le circostanze coinvolte nel procedimento di comparazione, sia quelle
comuni che ad effetto speciale, in quanto la disciplina differenziata per queste
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rispetto alla quale doveva ritenersi l’intento unitario del gruppo.

ultime riguarda solo l’applicazione degli aumenti o delle diminuzioni di pena e
non il concorso di circostanze attenuanti ed aggravanti (Sez. 3″, 9.5.2008, n.
28258, Cecchini, m. 240820). Pertanto, nel caso di concorso di circostanze
aggravanti e ed attenuanti -c.d. concorso eterogeneo- si segue, salva diversa
disposizione di legge, il criterio di bilanciamento delle circostanze di cui all’art. 69
cod. pen., e non si può invece far luogo all’applicazione congiunta dei singoli
aumenti o diminuzioni di pena prevista dall’art. 63 c.p., per il caso di concorso

omogeneo (Sez. 4, Sentenza n. 2282 del 23/01/1998, dep. 23/02/1998, imp.
Borgia, Rv. 210580).
La correttezza di tale ricostruzione non è posta in crisi dalla previsione del

divieto di prevalenza delle attenuanti sull’aggravante della recidiva, di cui al
comma 4 della medesima disposizione, in quanto, non avendo tale previsione
mutato la precedente, che attiene alla necessaria globalità della valutazione
circostanziale, il sopraggiungere della dichiarazione di illegittimità costituzionale
dell’art. 69 comma 4 cod. pen. con riferimento all’attenuante dell’art. 73 comma
5 d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, impone una deroga concreta al divieto
nell’ipotesi, quale quella in esame, di ricorrenza di due attenuanti, non essendo
prevista, nel complesso normativo dettato sul punto, una valutazione autonoma
delle circostanze.
La modifica normativa in tema di valutazione di circostanze non risulta
aver imposto una deroga all’applicazione dei principi previsti nella disposizione di
cui all’art. 69 comma 2 cod. pen., risultando l’eccezione formulata limitata alla
determinazione valoriale delle circostanze, non alle modalità, necessariamente
complessive, del loro apprezzamento.
Del resto, la valutazione svolta dal giudice di merito al riguardo, risulta
contrastante anche con la logica, in quanto, operata una valutazione di
prevalenza dell’attenuante speciale sull’aggravante della recidiva, non può
ipotizzarsi la sopravvivenza di efficacia di quest’ultima, ed il divieto di prevalenza
normativa delle attenuanti generiche può al più suggerire nel concreto la
limitazione massima della riduzione a tal fine, non la reviviscenza dell’effetto
dell’aggravante, già superato dalla richiamata valutazione di prevalenza.
In tal senso deve, in accoglimento del ricorso proposto sul punto,
disporsi l’annullamento della sentenza nei confronti di Acquafredda Vincenzo,
limitatamente alla determinazione della sanzione, dovendo adeguarsi il giudice in
sede di rinvio indicato in dispositivo, al principio di diritto che prevede in caso di
un reato circostanziato, la necessità di una valutazione comparativa svolta con
riferimento al complesso delle circostanze, aggravanti ed attenuanti, dovendosi
escludere quindi la correttezza della valutazione di prevalenza di un’attenuante
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rispetto all’aggravante della recidiva, e la difforme valutazione di equivalenza
della medesima aggravante rispetto alle attenuanti generiche.
3. Risultano inammissibili per genericità i ricorsi proposti nell’interesse
degli altri ricorrenti, poiché in essi si reiterano le osservazioni contenute nel
gravame di merito, ignorando le argomentazioni svolte sul punto nella sentenza
impugnata, senza segnalarne insufficienze o contraddizioni logiche, ma
sottoponendo a questa Corte una riproposizione della propria chiave di lettura

dei fatti, finalizzata esclusivamente a sollecitare una nuova valutazione del
merito, estranea a questa fase processuale.
In particolare, con riferimento alla valutazione degli elementi di prova a
carico di Casula, la sentenza impugnata dà conto dell’ammissione da parte
dell’interessato delle saltuarie cessioni di sostanza stupefacente da lui assicurate
in favore di terzi, finalizzate ad acquisire la provvista economica per finanziare il
proprio consumo, ammissione rispetto alla cui effettiva sussistenza nulla viene
contestato in ricorso, ed il cui portato dimostrativo viene arricchito dal richiamo
ad alcune, più significative risultanze intercettative, già valutate nella sentenza
di primo grado, il cui significato non risulta in alcun modo contestato nel grado di
merito, alla cui valenza dimostrativa vanno aggiunte le dichiarazioni accusatorie
dei coimputati, il che esclude anche la fondatezza dell’assunto di unicità delle
risultanze intercettative.
4. Ad analoghe conclusioni deve pervenirsi anche riguardo al ricorso
proposto nell’interesse di Dossena, in quanto la sentenza impugnata risulta aver
argomentato, coerentemente con i principi di diritto affermati più volte in
materia da questa Corte, escludendo la ricorrenza del consumo di gruppo, sia
per le risultanze opposte derivanti dalle dichiarazioni degli acquirenti, che per la
genericità

dell’allegazione

difensiva,

priva

dell’essenziale

requisito

dell’individuazione specifica dei componenti del gruppo, oltre che del mandato
all’acquisto, e del consumo collettivo e contestuale da parte del gruppo,
permanendo tutta l’illiceità della condotta nell’ipotesi di acquisto per conto terzi
non previamente individuati, in cui non rientri con certezza anche la finalità di
consumo personale dell’acquirente, elementi di fatto che la sentenza chiarisce
non essere emersi dalle prove assunte.
Sulla base di tali argomentazioni risulta evidente la sufficienza
argomentativa della sentenza impugnata sul punto, in relazione alla quale quindi
le contestazioni contenute nel ricorso in esame, risulta solo una ripetizione di
deduzioni argomentative già contrastate, che non si confrontano con quando
illustrato in argomento dalla Corte territoriale.

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4. L’accertamento di inammissibilità dei ricorsi proposti da Casulo e
Dossena comporta la condanna degli stessi al pagamento delle spese processuali
e ciascuno della somma in favore della Cassa delle ammende, indicata in
dispositivo, in applicazione dell’art. 616 cod. roc. pen.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla misura della pena, nei

sezione della Corte d’appello di Torino.
Dichiara inammissibili i ricorsi di Casula Cristian e Dossena Alberto che
condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000
ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 26/11/2013.

confronti di Acquafredda Vincenzo, e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra

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