Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5997 del 30/11/2012


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 5997 Anno 2013
Presidente: BARDOVAGNI PAOLO
Relatore: ROCCHI GIACOMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) PASQUALONE ROCCO N. IL 03/10/1969
avverso l’ordinanza n. 83/2012 TRIB. LIBERTA’ di CATANZARO,
del 31/01/2012

;

teta
t la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO ROCCHI;
e/selite le conclus’oni del PG Dott.
FA4449-kc—s\P-

Uditi

nsor Avv.;

Data Udienza: 30/11/2012

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 31/1/2012, il Tribunale di Catanzaro, provvedendo
sulla richiesta di riesame proposta da Pasqualone Rocco avverso l’ordinanza del
G.I.P. dello stesso Tribunale che applicava nei suoi confronti la misura della
custodia cautelare in carcere, confermava l’ordinanza impugnata.
Il Pasqualone è indagato per i reati di cui agli artt. 73 e 74 d.P.R. 309/90. Il
Tribunale rilevava che gli indizi a carico del Pasqualone e dei correi erano

da servizi mirati sul territorio, che avevano permesso di operare numerosi arresti
e sequestri, tra cui quello dei due associati Muscia Gaetano e Fialek Damiano,
trovati in possesso di grammi 205 di cocaina. Il linguaggio criptico usato nelle
conversazioni poteva essere correttamente interpretato sia mediante gli arresti e
i sequestri di droga, sia con l’ausilio delle conversazioni “a cornetta alzata” e
delle conversazioni ambientali, che avevano permesso di ascoltare discorsi del
tutto espliciti.
Secondo il Tribunale le indagini avevano dimostrato l’esistenza, nella zona di
Tropea, di un’associazione per delinquere diretta allo smercio di sostanze
stupefacenti composta, oltre che dai due personaggi sopra ricordati, da
Pasqualone Rocco e da Calciano Giovanna. Pasqualone era l’abituale fornitore e
finanziatore, Muscia e Calciano stabili acquirenti e distributori in due diverse
zone, Fialek braccio destro di Muscia. La nascita dell’associazione risaliva
all’estate del 2007, quando Muscia – stabile acquirente del Pasqualone – faceva
da intermediario tra lui e la Calciano, che era sua acquirente, organizzando
diversi viaggi a Gioia Tauro, dove il Pasqualone risiedeva al fine di
approvvigionarsi e rivendere la droga nelle zone di competenza.
In una fase successiva, il rapporto tra i tre era diventato stabile e duraturo,
così da proseguire per tutta l’estate e fino al gennaio 2008; Fialek collaborava
con Muscia. In una conversazione del 6/12/2007 Muscia, Pasqualone e Calciano
progettavano di incontrarsi presso l’abitazione del secondo per organizzare
l’acquisto e il trasporto di un carico di droga da destinare al mercato lucano e
pugliese. Currà Marina aveva riferito agli inquirenti un viaggio con il Muscia e la
Calciano a casa del Pasqualone per rifornirsi di droga.
Il Tribunale elencava gli elementi da cui ricavare i gravi indizi di
colpevolezza del Pasqualone nei reati fine dell’associazione. Il capo C riguardava,
in particolare, la vendita di grammi 205 di cocaina dal Pasqualone al Muscia e al
Fialek, che avrebbero dovuta portarla alla Calciano e che erano stati arrestati in
flagranza.
Il Tribunale, quanto alle esigenze cautelari, riteneva sussistente il pericolo di

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costituiti soprattutto da intercettazioni telefoniche ed ambientali, accompagnate

reiterazione dei reati della stessa specie di quelli per cui si procede, tenuto conto
delle circostanze oggettive ma anche della personalità dell’indagato,

che ha

precedenti specifici; riteneva che la misura degli arresti domiciliari non potesse
essere concessa, non potendo il Pasqualone ritenersi affidabile alla luce delle
precedenti considerazioni.

2. Ricorre per cassazione il difensore di Pasqualone Rocco, deducendo la
violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen. in relazione agli

Il Tribunale aveva omesso di considerare che, nel periodo in cui il Muscia
cercava il fornitore, Pasqualone si trovava agli arresti domiciliari e, quindi, non
aveva nessuna possibilità di reperire la materia prima che il Muscia cercava. Il
Muscia veniva ascoltato dagli inquirenti proporre a varie persone affari di diversa
natura, anche lecita, e quindi avrebbe potuto proporre al Pasqualone la chiusura
in bonis di vecchi affari intercorsi tra di loro mediante la dazione di partite di
abbigliamento o di scarpe.
In realtà, poiché a carico del ricorrente vi erano solo intercettazioni
telefoniche, gli investigatori avrebbero dovuto verificare chi fosse davvero la
persona che il Muscia contattava ripetutamente e con cui era legato da vincoli di
profonda amicizia. Il G.I.P. non aveva, poi, considerato che, il giorno dell’arresto
insieme al Fialek, il Muscia aveva fatto numerosi e tortuosi viaggi, cosicché non
era possibile attribuire al Pasqualone la responsabilità della cessione.
Quanto all’interpretazione del contenuto delle telefonate, poi, essa non era
affatto così univoca come l’ordinanza pretendeva; inoltre le conversazioni
relative alla progettata fornitura non fornivano la prova certa che la fornitura
fosse effettivamente avvenuta, anche tenendo conto che il Muscia aveva sempre
problemi a trovare denaro.
Il ricorrente lamentava che nessun accertamento fosse stato fatto
nell’abitazione del Pasqualone, così mancando gli indizi della effettiva consegna,
ma anche dei quantitativi, della qualità, dei prezzi, delle modalità di consegna e
delle modalità di pagamento.
Non sussistendo, quindi, i gravi indizi di colpevolezza per i delitti fine, non si
poteva ritenere provato che il ricorrente fosse lo stabile fornitore del Muscia e
della Calciano e che, quindi, sussistesse la contestata organizzazione.

Il ricorrente conclude per l’annullamento dell’impugnata ordinanza.

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artt. 73 e 74 d.P.R. 309 del 1990.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.

Il sindacato del giudice di legittimità sulla motivazione del provvedimento
impugnato deve essere volto a verificare che quest’ultima: a) sia “effettiva”,
ovvero realmente idonea a rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a
base della decisione adottata; b) non sia “manifestamente illogica”, perché

errori nell’applicazione delle regole della logica; c) non sia internamente
“contraddittoria”, ovvero esente da insormontabili incongruenze tra le sue
diverse parti o da inconciliabilità logiche tra le affermazioni in essa contenute; d)
non risulti logicamente “incompatibile” con “altri atti del processo” (indicati in
termini specifici ed esaustivi dal ricorrente nei motivi posti a sostegno del
ricorso) in misura tale da risultarne vanificata o radicalmente inficiata sotto il
profilo logico. Gli atti del processo invocati dal ricorrente a sostegno del dedotto
vizio di motivazione non devono semplicemente porsi in contrasto con particolari
accertamenti e valutazioni del giudicante, ma devono essere autonomamente
dotati di una forza esplicativa o dimostrativa tale che la loro rappresentazione
risulti in grado di disarticolare l’intero ragionamento svolto dal giudicante,
determinando al suo interno radicali incompatibilità, così da vanificare o da
rendere manifestamente incongrua o contraddittoria la motivazione. (Sez. 1, n.
41738 del 19/10/2011 – dep. 15/11/2011, Pmt in proc. Longo, Rv. 251516)

Alla luce di questi principi, risulta evidente che il ricorrente effettua una
contestazione in punto di fatto della ampia ricostruzione delle vicende attinenti il
traffico di stupefacente addebitate al Pasqualone, senza, peraltro, né indicare
passaggi manifestamente illogici della motivazione, né indicare altri atti od
evidenze che ne evidenzino la contraddittorietà: tale non è, ad esempio, la
circostanza che il Pasqualone si trovasse agli arresti domiciliari all’epoca delle
forniture di stupefacente, circostanza da cui il ricorrente fa discendere
l’affermazione – niente affatto indiscutibile – che egli non aveva alcuna
possibilità di reperire stupefacente da cedere ad altri soggetti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000 alla Cassa delle ammende.

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sorretta, nei suoi punti essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti

Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al
direttore dell’Istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94, comma 1-ter, disp. att.
cod. proc. pen.

Così deciso il 30 novembre 2012

Il Presidente

Il Consigliere estensore

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