Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5995 del 30/11/2012


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 5995 Anno 2013
Presidente: BARDOVAGNI PAOLO
Relatore: ROCCHI GIACOMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE
PRESSO TRIBUNALE DI POTENZA
nei confronti di:
1) COZZI FRANCESCA N. IL 12/03/1950 * C/
avverso l’ordinanza n. 95/2012 TRIB. LIBERTA’ di POTENZA, del
24/04/2012
se ita la relazione fatta dal Consigliere
te/sentite le conchini di PG
t.

Uditi dife r Avv.;

ott. GIACOMO ROCCHI.
9•\Ak Pr~
(Nr7a-Và.P.

Data Udienza: 30/11/2012

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 24/4/2012, il Tribunale di Potenza, provvedendo sulla
richiesta di riesame avanzata da Cozzi Francesca avverso l’ordinanza del G.I.P.
presso il Tribunale di Lagonegro che applicava nei suoi confronti la misura della
custodia cautelare in carcere per il reato di omicidio volontario commesso ai
danni di Chiacchio Domenico, annullava l’ordinanza impugnata, disponendo
l’immediata scarcerazione dell’indagata.

vittima di sei colpi in rapida successione alla zona toracica con un coltello
tagliente e acuminato in uso ai macellai, con lama della lunghezza di cm. 15,
colpi che avevano provocato lesioni profonde e in organi vitali.
Il fatto era avvenuto con modalità del tutto particolari: mentre la Cozzi si
trovava nella sua macelleria, intenta a preparare la chiusura del negozio, il
Chiacchio aveva sfondato con la sua autovettura la parete e la vetrina di
ingresso dell’esercizio commerciale, entrandovi all’interno e facendo anche
crollare una parete interna di cartongesso che separava la zona frigoriferi; era
sceso dal mezzo e aveva aggredito la donna, colpendola ripetutamente con
schiaffi e pugni, mentre entrambi si trovavano nella stretta zona dietro il
bancone dell’esercizio.
I testimoni intervenuti avevano visto l’aggressione e notato la Cozzi ripararsi

dai colpi e chiedere aiuto. Alla fine uno di loro era entrato e aveva trascinato via
la donna, solo in quel momento accorgendosi che il Chiacchio giaceva in terra
con un coltello nel petto. Il consulente igd medico legale, in una prima risposta
sommaria (la perizia autoptica non era stata ancora depositata) aveva parlato di
sei colpi inferti con notevole forza dalla donna posta in posizione anteriore
rispetto alla vittima, con direzione dall’alto verso il basso, ad eccezione
dell’ultimo fendente, tirato quasi perpendicolarmente alla superficie toracica, e
aveva espresso l’opinione che questo ultimo colpo fosse stato inferto quando il
Chiacchio era già a terra, con movimento dall’alto verso il basso (la difesa
ipotizza che, al contrario, questo ultimo colpo sia stato inferto dalla donna
quando la vittima le si stava accasciando addosso, così giustificando la direzione
perpendicolare del coltello e la particolare forza con cui il coltello era stato
conficcato nella zona toracica).
Il motivo della condotta del Chiacchio era da rinvenirsi nei suoi disturbi
psichiatrici, negli ultimi tempi acuiti per la mancata assunzione dei farmaci, che
si erano concentrati proprio nei confronti della Cozzi con cui, dieci anni prima,
l’uomo aveva avuto una relazione, malamente interrottasi.

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Il delitto è contestato essere avvenuto il 31/3/2012 mediante l’inflizione alla

Il Tribunale osservava che si verteva senza dubbio nell’ipotesi della legittima
difesa e che, ricorrendo i presupposti del secondo e terzo comma dell’art. 52
cod. pen. introdotti dalla legge n. 59 del 2006, il parametro della proporzionalità
tra offesa e difesa era sottratto alla valutazione del giudice.
Sussistevano, invece, i parametri della attualità della offesa ingiusta e della
inevitabilità della difesa: quanto al primo, l’aggressione era stata violenta ed era
proseguita fino al momento della reazione, ed era suscettibile di determinare
ulteriori e più lesive conseguenze sull’indagata; quanto al secondo, per la

donna non aveva alcuna possibilità di sfuggire all’aggressione, poiché il corpo del
Chiacchio le ostruiva l’unico passaggio per fuggire.
Il Tribunale conclusivamente affermava che, in ogni caso, erano certamente
integrati i presupposti della legittima difesa putativa, dovendosi ritenere che
l’indagata era stata convinta di trovarsi di fronte ad un imminente e non
altrimenti evitabile pericolo per la propria incolumità.

2. Ricorre per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale
di Lagonegro, deducendo l’inosservanza ed erronea applicazione della legge
penale, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen. e la mancanza,
contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, ai sensi dell’art. 606,
comma 1, lett. e) cod. proc. pen.
Secondo il ricorrente, il collegio era incorso in macroscopico errore quando
aveva interpretato la modifica legislativa del 2006 come estendente senza limiti
il concetto di proporzionalità presunta a qualsiasi azione offensiva compiuta da
un soggetto nei confronti di colui che si è arbitrariamente introdotto nella sua
proprietà. In sostanza la donna – secondo l’interpretazione che il ricorrente
propone dell’ordinanza impugnata – avrebbe “fatto bene” a sferrare al Chiacchio
sei fendenti.
Ma il Tribunale, con omissione grave, non si era posto il problema di come
l’arma fosse stata usata: dopo aver riconosciuto il diritto di difendersi della Cozzi,
aveva ritenuto che la stessa potesse infierire nei confronti del suo aggressore
senza limiti e senza valutare la concreta ed attuale pericolosità dell’azione
dell’uomo, fino a sferrargli l’ultimo colpo quando questi, del tutto inoffensivo e
forse già morto, era supino a terra.
Tale condotta faceva venir meno il requisito dell’attualità del pericolo dopo
che la Cozzi aveva sferrato il primo fendente al Chiacchio che, disarmato, non
aveva neanche tentato di difendersi dai colpi riparandosi con le mani, tanto era
probabilmente rimasto sorpreso da quella inusitata reazione da parte della
donna. La reiterazione dei colpi “spaventava”, alla luce della ferocia dimostrata

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posizione in cui si trovavano i due soggetti (dietro il bancone della macelleria), la

dalla Cozzi verso quel corpo ormai senza vita: eppure il Tribunale aveva ritenuto
quella condotta legittima.
Il P.M. ricorrente contesta, inoltre, la lacunosità della motivazione
dell’ordinanza impugnata nella parte in cui non spiega il motivo per cui quei colpi
erano da ritenersi inevitabili, vale a dire non sostituibili da una reazione meno
dannosa, ugualmente idonea ad assicurare la tutela dell’aggredito.
Il Tribunale non affronta affatto il tema dell’attendibilità dei testimoni, né
quello dell’inevitabilità dell’uso delle armi, concetto che deve essere rapportato

vittima.
Il P.M., ritenendo che non vi sia alcuno spazio per configurare la legittima
difesa, sia reale che putativa, conclude per l’annullamento dell’ordinanza.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.

Preliminarmente occorre osservare che la contestazione da parte del
ricorrente dell’ordinanza impugnata e della tesi giuridica adottata dal Tribunale
appare in due passaggi eccedere l’interpretazione della legittima difesa, così
come riformata dalla legge n. 59 del 2006: il primo è quello in cui, secondo il
P.M., il Tribunale avrebbe ritenuto che la Cozzi “bene avrebbe fatto” a menare
sei fendenti al Chiacchio; ebbene: si discute di applicabilità di una scriminante,
che il codice penale, non a caso, identifica (sia pure non correttamente, secondo
la ricostruzione che viene adottata comunemente) come “circostanza di
esclusione della pena”; il tema non è, quindi, quello di un giudizio positivo o
comunque favorevole rispetto ad un’azione oggettivamente omicidiaria, ma
quello assai più limitato di una liceità o non punibilità della condotta.
In un secondo passaggio, il P.M. considera probabile che l’ultimo colpo di
coltello nei confronti del Chiacchio fosse stato inferto quando l’uomo era già
morto: ebbene, l’enfatizzazione di tale colpo ai fini della valutazione della
sussistenza della scriminante appare fuori luogo perché si tratta di una fase
dell’azione che, secondo la stessa ricostruzione del P.M. ricorrente, è estranea e
successiva all’omicidio.

2. Ciò premesso, il Tribunale ha esattamente applicato gli artt. 59, commi 2
e 3, cod. pen. con motivazione completa e corretta.

La norma prevede che, nei casi previsti dall’art. 614, primo e secondo

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all’azione della donna di avere inferto ben sei colpi in parti vitali del corpo della

comma cod. pen., sussiste il rapporto di proporzionalità di cui al primo comma se
taluno, legittimamente presente in uno dei luoghi indicati, usa un’arma
legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere la propria o
altrui incolumità o i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è
pericolo di aggressione.
La disposizione si applica anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto
all’interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un’attività commerciale,
professionale o imprenditoriale.
Il P.M. ricorrente, per la verità, non contesta affatto la sussistenza dei
presupposti di fatto indicati dai due commi: la violazione di domicilio operata dal
Chiacchio, la presenza legittima della Cozzi nel locale, l’aggressione alla sua
incolumità, l’uso di un’arma legittimamente detenuta (si trattava di uno dei
coltelli presenti nella macelleria); non contesta nemmeno che, nella fase iniziale,
la Cozzi sia stata costretta a difendersi dall’aggressione del Chiacchio, né la
ricostruzione del Tribunale in ordine all’impossibilità di fuggire, trovandosi dietro
il banco della macelleria ed essendo ostruita la via di fuga dal corpo dell’uomo;
concentra la sua contestazione sulla reiterazione dei colpi dopo il primo, che
avrebbe fatto venir meno l’attualità del pericolo.
In sostanza, alla Cozzi sono addebitati dal P.M. il secondo, terzo, quarto e
quinto colpo (perché, appunto, il sesto è stato probabilmente inflitto quando
l’uomo era già morto). Altre contestazioni sono palesemente generiche, come
quella relativa all’attendibilità dei testimoni e all’inevitabilità dell’uso dell’arma,
atteso che non viene spiegato in che modo la ricorrente avrebbe dovuto
difendersi da un’aggressione così violenta.
Ebbene: si tratta, pur sempre di contestazione della sussistenza del requisito
della proporzione tra offesa e difesa, su cui la riforma del 2006 è intervenuta.
Nei casi in cui il secondo e il terzo comma dell’art. 52 cod. pen. non sono
applicabili, questa Corte ha affermato che il requisito della proporzione tra offesa
e difesa viene meno nel caso di conflitto fra beni eterogenei, allorché la
consistenza dell’interesse leso (la vita della persona) sia molto più rilevante, sul
piano della gerarchia dei valori costituzionali, di quello difeso (l’integrità fisica),
ed il danno inflitto con l’azione difensiva (la morte dell’offensore) abbia
un’intensità e un’incidenza di gran lunga superiore a quella del danno minacciato
(lesioni personali, neppure gravi al momento dell’inizio dell’azione omicida) (Sez.
1, n. 47117 del 26/11/2009 – dep. 11/12/2009, Carta, Rv. 245884). La
pronuncia appena riportata (conforme alla giurisprudenza costante di questa
Corte) aveva ad oggetto una fattispecie assai simile a quella oggetto del

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procedimento: si era verificata una colluttazione a mani nude di breve durata,
seguita poi dall’uso del coltello da parte dell’aggredito, il quale aveva colpito
l’aggressore ripetutamente mentre costui indietreggiava.

Ma, appunto, il legislatore del 2006 ha stabilito che la proporzione sussiste
quando ricorrono i presupposti richiesti: la legge 13 febbraio 2006, n. 59 ha
stabilito la presunzione della sussistenza del requisito quando sia configurabile la
violazione di domicilio dell’aggressore, ossia l’effettiva introduzione del soggetto

presenza. (Sez. 1, n. 12489 del 16/02/2007 – dep. 26/03/2007, Amoroso e altro,
Rv. 236366)

Il P.M. ricorrente sostiene, tuttavia, che, così interpretata la norma
permetterebbe qualunque azione offensiva: in realtà la causa di giustificazione
prevista dall’art. 52, comma 2, cod. pen. non consente un’indiscriminata
reazione nei confronti del soggetto responsabile del reato di cui all’art. 614 cod.
pen., ma presuppone un attacco, nell’ambiente domestico, alla propria o altrui
incolumità, o quanto meno un pericolo di aggressione (Sez. 1, n. 12466 del
21/02/2007 – dep. 26/03/2007, Sampino, Rv. 236217).

3. Con valutazioni in fatto e, per di più, richiamando un giudizio provvisorio
del perito medico legale, il ricorrente sostiene che, dopo il primo colpo, il pericolo
di aggressione era venuto meno, pretendendo quindi – nonostante lo stesso
perito faccia riferimento a colpi inferti in rapida successione – di scindere la
condotta dell’indagata in due fasi: la Cozzi avrebbe dovuto rendersi conto, dopo
avere sferrato il primo colpo, che l’aggressione era terminata e che, quindi, ella
non avrebbe dovuto sferrarne altri.

Si tratta, ovviamente, di ricostruzione del fatto che non spetta a questa
Corte e su cui, comunque, l’ordinanza impugnata non mostra alcuna illogicità
manifesta o contraddittorietà; del resto la ricostruzione del P.M. è probabilistica,
tenuto conto che il medico legale (come risulta dal verbale interamente prodotto
in ricorso) non ha saputo indicare con certezza la successione cronologica dei sei
colpi (quale di essi, ad esempio, aveva colpito il cuore).
Si deve, tuttavia ricordare la regola di esperienza che insegna che colui che
è reiteratamente aggredito reagisce come può, secondo la concitazione del
momento, e non è tenuto a calibrare l’intensità della reazione, finalizzata ad
indurre la cessazione della avversa condotta lesiva, salva l’ipotesi di eventuale
manifesta sproporzione della reazione. (Sez. 5, n. 25608 del 24/02/2011 – dep.

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nel domicilio altrui, contro la volontà dei soggetti legittimati ad escluderne la

27/06/2011, Faraci, Rv. 250396)
La valutazione della condotta non può, quindi, che essere condotta con un
giudizio ex ante; si tratta della stessa ottica che deve essere adottata anche per
valutare la sussistenza della legittima difesa putativa: un accertamento delle
circostanze di fatto, cronologicamente rapportato al momento della reazione e
dimensionato nel contesto delle specifiche e peculiari circostanze concrete al fine
di apprezzare solo in quel momento – e non a posteriori – l’esistenza dei canoni
della proporzione e della necessità di difesa, costitutivi, ex art. 52 cod. pen.,

27/01/2010, Siviglia e altro, Rv. 245843): in sostanza, affermare ex post che un
colpo di coltello era sufficiente ad allontanare il pericolo e, quindi, faceva venir
meno la necessità per la Cozzi di difendersi, non permette di escludere che la
donna, in quei momenti concitati durante i quali era riuscita a reagire alla
aggressione da parte del Chiacchio, ritenesse che tale necessità vi fosse ancora.

Si ricordi, ancora, quanto alla presunzione di proporzionalità posta dalla
riforma del 2006, che essa opera anche nell’ipotesi di legittima difesa putativa
incolpevole. (Sez. 1, n. 11610 del 09/02/2011 – dep. 23/03/2011, Qaloun, Rv.
249875)

Il ricorso deve, quindi, essere respinto.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso il 30 novembre 2012

Il Consigliere estensore

Il Presidente

dell’esimente della legittima difesa (Sez. 5, n. 3507 del 04/11/2009 – dep.

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