Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5993 del 23/01/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 5993 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: CASUCCI GIULIANO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
STANCHI CIRO N. IL 14/12/1973
avverso l’ordinanza n. 1027/2013 TRIB. LIBERTA’ di BARI, del
09/08/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIU4,,..1
IANO CASUCCI I.
lotte/sentite le conclusioni del PG Dott. .5 ukt.
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Data Udienza: 23/01/2014

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ordinanza in data 9 agosto 2013, il Tribunale di Bari, sezione feriale per il
riesame, ha confermato l’ ordinanza del GIP in sede , con la quale era stata
disposta la misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di Stanchi Ciro,
perché gravemente indiziato di concorso nei delitti di tentata estorsione (aggravata
anche dall’ art. 7 DL 152/91) in danno di Zammarano Raffaele (capo E) e di
Fattibene Renato (capo E-1).
Il Tribunale confermava il giudizio di sussistenza della gravità indiziaria perché

intercorse tra Tolonese Raffaele e Ariostini Savino, i cui riferimenti coincidevano con
le denunce degli atti di intimidazione subiti dalle dette persone offese e davano
conto che uno dei “tre uaglioni” che avevano provveduto a curarne l’ esecuzione
materiale doveva essere identificato nello Stanchi, in quanto genero di Giovanni
(cioè Giovanni Russo) e nipote di Tolonese nonché persona che abitualmente
frequentava gli altri due indicati da Ariostini nelle citate conversazioni, cioè Lanza
Alessandro e Clemente Mario. Le esigenze cautelari erano ravvisate nel pericolo di
recidiva desunto dai gravi precedenti penali.
Contro tale decisione ha proposto tempestivo ricorso l’ indagato, a mezzo del
difensore, che ne ha chiesto l’ annullamento per i seguenti motivi:
– violazione dell’ art. 606 c. 1 lett. b) ed e) in relazione agli artt. 292 lett. c) cod.
proc. pen. per non avere il Tribunale preso in considerazione le doglianze difensive
che attenevano alla violazione dell’ obbligo di motivazione del provvedimento
genetico, non assolto stante la tecnica di redazione del “copia e incolla” con
riferimento alla richiesta della misura da parte del P.M., senza curare lo specifico
riferimento alla posizione del ricorrente, trattata unitariamente agli altri indagati e
per essersi di conseguenza il Tribunale completamente sostituito al giudice della
cautela;
– violazione dell’ art. 606 c. 1 lett. b) ed

e) in relazione agli artt. 125, 546, 192

commi 1 e 2 cod. proc. pen. per essersi la motivazione del Tribunale risolta nel
semplice ed acritico rinvio per relationem al provvedimento del GIP, essendosi
limitato ad assemblare circostanze e dati disomogenei e disorganici, senza
esplicitare le ragioni di rilevanza delle singole circostanze fattuali richiamate a
sostegno dell’ impianto accusatorio, con sistemi di deduzioni inferenziali su dati
dubbi ed equivoci quali il soprannome dei presunti concorrenti e la loro ritenuta
frequentazione, partendo da premessa incerta posto che Russo Giovanni ha tre
figlie sposate;
– violazione dell’ art. 606 c. 1 lett. b) ed

e) in relazione agli artt. 125, 546, 274,

275 cod. proc. pen. e 133 cod. pen. per difetto assoluto di motivazione in ordine
alla sussistenza delle esigenze cautelari.

fondato sul contenuto delle conversazioni oggetto di intercettazione ambientale

MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile, perché né con l’ istanza né con
memorie difensive o rilievi a verbale era stata sviluppata la doglianza dell’
apparenza della motivazione dell’ ordinanza del GIP, sicché correttamente il
Tribunale non fa cenno alla questione.
In ogni caso vale ribadire che ove l’ordinanza cautelare coercitiva del G.I.P. sia
motivata “per relationem”, richiamando integralmente e facendo motivatamente

motivazione del provvedimento promanante solo dal G.I.P. sia inadeguata per la
sua eccessiva stringatezza e mancanza di approccio critico rispetto alla richiesta del
P.M., non può prescindere dall’esame del materiale indiziario riepilogato dal P.M.,
avendo il potere-dovere di integrare la motivazione del provvedimento genetico
(Cass. Sez. 2, 20.4.2012 n. 30694).
Non si versa quindi in ipotesi di motivazione meramente apparente, perché la difesa
è stata messa in condizione di poter verificare quali fossero le ragioni poste a
fondamento del provvedimento genetico e quindi di approntare le proprie difese.

2. Anche il secondo motivo di ricorso è inammissibile. Il Tribunale non si è limitato
a rinviare in maniera acritica alle argomentazione dell’ ordinanza genetica, ma ha
proceduto ad autonoma rivisitazione del materiale indiziario, sulla scorta dei rilievi
difensivi, in particolare in ordine alla individuazione soggettiva delle persone che
nelle conversazioni oggetto di intercettazione ambientale erano stati indicati come
“i tre ‘uaglioni”. L’ ordinanza impugnata ha specificamente preso in considerazione
le critiche difensive e i documenti posti a fondamento delle stesse, rilevandone l’
inidoneità a scalfire l’ inferenza accusatoria. Ha rilevato cioè che mentre il
certificato di famiglia prodotto dal P.M. ha attestato in maniera incontrovertibile che
Stanchi è il genero di Giovanni Russo, quello “storico” prodotto dalla difesa ha solo
documentato che un’ altra delle figlie del Russo (Cristina) ha formato famiglia a sé
ma senza attestare la sua convivenza o coniugio con altri, mentre la terza figlia è
andata a far parte del nucleo familiare di Corvino Agostino a far data dal 1993, ma
senza ulteriore specificazione dei rapporti familiari. Ha quindi aggiunto, a
completamento del ragionamento probatorio, che solo Stanchi (sicuramente genero
di Russo) frequentava gli altri compartecipi dell’ episodio delittuoso, cioè Lanza
Alessandro e Clemente Mario. A fronte di tali compiute argomentazioni, il ricorrente
critica genericamente la metodologia inferenziale adottata, con il ricorso ad un
riferimento di natura fattuale (quale l’ incerta riferibilità del soprannome
“bussolotto” a Lanza Alessandro) non verificabile in questa sede, posto che il
ricorrente non fa alcun riferimento a passaggi dell’ istanza del riesame o di memorie
difensive nelle quali tale riferibilità sia stata messa in discussione.

propria la richiesta del P.M., il Tribunale del riesame, anche ove ritenga che la

3. Ad analoghe conclusioni deve pervenirsi per il terzo motivo di ricorso. Il Tribunale
ha esplicitamente giustificato il convincimento di persistenza delle esigenze
cautelari, individuate puntualmente nel pericolo di reiterazione, pericolo desunto
non solo dalla gravità del fatto ma anche dalla personalità dell’ indagato, già
condannato per gravi delitti. L’ alternativa valutazione di tali dati fornita dal
ricorrente finisce con il sollecitare una valutazione alternativa, come tale non
consentita in questa sede. L’ indagine di legittimità sul discorso giustificativo della

cassazione essere limitato – per espressa volontà del legislatore – a riscontrare l’
esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione
impugnata, senza possibilità di verificare l’ adeguatezza delle argomentazioni di cui
il giudice di merito si è avvalso per sostenere il suo convincimento o la loro
rispondenza alle acquisizioni processuali. Esula infatti dai poteri della Corte di
cassazione quello della “rilettura” degli esclusiva, riservata al giudice del merito,
senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una
diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali
(Cass. S.U. 30.4/2.7.97 n. 6402, ric. Dessimone e altri; Cass. S.U. 24.910.12.2003 n. 47289, ric. Petrella).

4. Il ricorso deve in conseguenza essere dichiarato inammissibile, con condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e di somma in favore della Cassa
delle ammende che, in ragione dei profili di colpa rinvenibili nelle rilevate cause di
inammissibilità, si quantifica in mille/00 euro.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento di C 1000,00 alla Cassa delle ammende.

decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di

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