Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5990 del 23/01/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 5990 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: DI MARZIO FABRIZIO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da Pipino Vincenzo, nato il 22.7.1943 avverso la
ordinanza del Tribunale di Venezia, del 25.10.2013. Sentita la relazione della
causa fatta dal consigliere Fabrizio Di Marzio; udite le conclusioni del sostituto
procuratore generale Sante Spinaci, sulla inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il ricorrente ha avanzato richiesta di rimessione del procedimento ad altro
giudice per legittimo sospetto ai sensi degli artt. 45 s. c.p.p. fondando la
propria richiesta su una critica serrata all’operato delle forze di polizia con
riguardo alla richiesta di applicazione della sorveglianza speciale nei confronti
del ricorrente e su comportamenti definiti “strani” da parte di alcuni magistrati
del tribunale di Venezia, svolgendo una lunga critica fattuale con riguardo alle
annotazioni di polizia riguardanti il ricorrente e in realtà senza nulla
precisamente contestare a magistrati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
La richiesta è manifestamente infondata.
Innanzitutto, perché la stessa non risulta essere stata notificata dal pubblico

Data Udienza: 23/01/2014

ministero, cosicché ne risulta violato il disposto dell’art. 46 cod. proc. pen.
secondo cui la richiesta è notificata a pena di inammissibilità entro 7 giorni dal
deposito in cancelleria a cura del richiedente alle altre parti. Inoltre, per le
ragioni che seguono.
L’istituto della rimessione è finalizzato a salvaguardare i principi della
imparzialità e della indipendenza del giudice da un lato, e della inviolabilità del
diritto di difesa dall’altro. L’istituto della rimessione – come pure evidenzia il

deroga al principio costituzionale del giudice naturale precostituito per legge:
ha dunque natura eccezionale (cfr. Cass. Sez. 1, 10 marzo 1997, n. 1952;
Sez. 1, 7 febbraio 1995, n. 740; Sez. 1, 10 marzo 1997, n. 1952; Sez. 1, 20
settembre 1995, n. 4462).
Questa Corte ha avuto modo di precisare che “Per grave situazione locale che
può determinare la rimessione deve intendersi un fenomeno esterno alla
dialettica processuale e riguardante l’ambiente territoriale nel quale il
processo si svolge, connotato da tale abnormità e consistenza da dover essere
ritenuto un concreto pericolo per la imparzialità del giudice – inteso come
l’ufficio giudiziario della sede in cui si svolge il processo di merito – e possibile
pregiudizio alla libertà delle persone che partecipano al processo. I motivi di
legittimo sospetto possono configurarsi solo in presenza di questa grave
situazione locale e come conseguenza di essa. In tal senso i comportamenti
del giudice ed i provvedimenti da questo assunti rilevano solo in quanto
dipendano dalla situazione esterna ed assumano valore sintomatico di una
mancanza di imparzialità dell’intero ufficio giudiziario” (Cass. sez. I,
12.10.2011, n. 41715).
Dei tre profili sotto cui l’art. 45 c.p.p. attribuisce rilievo alle situazioni locali pregiudizio per la libera determinazione delle persone che partecipano al
processo; pregiudizio per la sicurezza o l’incolumità pubblica; motivi di
legittimo sospetto – nulla nel caso di specie rileva l’ultimo.
Sempre questa Corte, nella sentenza da ultimo citata, ha chiarito che “il
legittimo sospetto è costituito dal ragionevole dubbio che la gravità di
un’obiettiva situazione locale giustifichi la rappresentazione di un concreto
pericolo di non imparzialità del giudice – inteso come l’ufficio giudiziario della
sede in cui si svolge il processo di merito – e possa portare il giudice a non
essere, comunque, imparziale o sereno”.
“Va ulteriormente precisato” – prosegue la sentenza ricordata – “che
connotato del sospetto deve essere la “legittimità”, così da ancorarne la

presupposto su cui si fonda: la gravità della situazione locale – esprime una

ricorrenza solo in presenza di dati obiettivi e concreti che consentano di
asserire il venir meno della imparzialità del giudice che, con la sua naturalità,
assicura il “giudice giusto”. La nozione di “legittimo sospetto” è, quindi, più
ampia rispetto alla formula “libertà di determinazione delle persone che
partecipano al processo”, in quanto pone l’accento sull’effetto, cioè sul
pericolo concreto che possano essere pregiudicate la imparzialità o la serenità,
e non richiede che quell’effetto sia conseguenza della impossibilità per il

psichicamente”.
Nel caso di specie il ricorrente allega fatti palesemente irrilevanti oppure
critica decisioni a lui sfavorevoli, pretendendo di fondare anche su tale critica
il legittimo sospetto verso l’operato della polizia, e quindi dei giudici. In tal
modo non evidenzia sotto nessun aspetto la sussistenza dell’elemento di
fattispecie della gravità della situazione locale in punto di legittimo sospetto
sulla imparzialità del Tribunale di Venezia.
Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della
Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa
emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in euro 1000.
PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di Euro 1000 in favore della Cassa delle
ammende.

Roma, li 23.1.2013
Il Consigliere estensore
Fabrizio Di Marzio

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Il Presidente

giudice di essere imparziale per essere stato coartato fisicamente o

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