Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 599 del 25/11/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 599 Anno 2016
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: CENTONZE ALESSANDRO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:
1) Dainotti Giuseppe, nato il 18/02/1950;

Avverso l’ordinanza n. 16/2014 emessa il 29/09/2014 dalla Corte di assise
di appello di Palermo;

Sentita la relazione svolta dal Consigliere dott. Alessandro Centonze;

Lette le conclusioni del Procuratore generale, in persona del dott. Oscar
Cedrangolo, che ha concluso per l’annullamento con rinvio dell’ordinanza
impugnata;

Data Udienza: 25/11/2015

RILEVATO IN FATTO

1. Con ordinanza emessa il 29/09/2014 la Corte di assise di appello
Palermo, quale giudice dell’esecuzione, in accoglimento delle richieste di
unificazione di pene concorrenti presentate dalla Procura generale presso la
Corte di appello di Palermo, in relazione ai procedimenti riuniti n. 2014/SIGE e n.
2014/21 SIGE, adottava le seguenti determinazioni esecutive: riduceva la pena
accessoria dell’interdizione legale già irrogata a Giuseppe Dainotti in quella

concesso ai sensi del d.P.R. 22 dicembre 1990, n. 394 dalla Corte di appello di
Palermo con ordinanza emessa il 16/04/1993, con riguardo alla maggior pena
irrogata al Dainotti con sentenza emessa dalla Corte di appello di Palermo il
24/09/1991, divenuta irrevocabile il 18/06/1992; applicava allo stesso Dainotti
l’indulto previsto dalla legge 31 luglio 2006, n. 241, nella misura di anni tre di
reclusione e 10.000,00 euro di multa, sulla maggior pena risultante dal cumulo
materiale del 25/02/2014, in esso non considerate le condanne riportate per i
reati di cui agli artt. 416 bis e 648 bis cod. pen.
Venivano, invece, rigettate le istanze formulate dal difensore di Giuseppe
Dainotti, finalizzate a ottenere il riconoscimento della custodia cautelare già
sofferta per i periodi compresi tra il 1983 e il 1988 compiutamente indicati nelle
istanze medesime e il riconoscimento del beneficio della liberazione anticipata
già concessa dal Tribunale di sorveglianza di Napoli con ordinanza del
18/06/1993.
Tale provvedimento veniva adottato sul presupposto della sostituzione della
pena dell’ergastolo con quella di anni trenta di reclusione stabilita dalla Corte di
cassazione con sentenza del 10/01/2014 – con riferimento alla sentenza di
condanna irrevocabile emessa dalla Corte di assise di appello di Palermo il
20/11/2013 – alla quale conseguiva la rideterminazione complessiva della pena
da espiare effettuata dalla Procura generale presso la Corte di appello di
Palermo.

2. Avverso questa ordinanza il Dainotti, a mezzo del suo difensore, ricorreva
per cassazione, deducendo due motivi di ricorso.
Con il primo motivo di ricorso, si deduceva violazione di legge e vizio di
motivazione, in relazione al, mancato riconoscimento del periodo di liberazione
anticipata già concesso, riguardante un periodo di detenzione antecedente
all’inizio della carcerazione trentennale. Tale periodo di detenzione, in
particolare, decorreva a partire dal 30/01/1992 e riguardava il reato più grave
tra quelli contestati al Dainotti, commesso 1’01/06/1989.
2

dell’interdizione leale durante l’esecuzione della pena; revocava l’indulto

Con il secondo motivo di ricorso, si deduceva violazione di legge e vizio di
motivazione, in relazione all’applicazione dell’indulto previsto dalla legge n. 241
del 2006, nella misura di anni tre di reclusione, sulla maggior pena risultante dal
cumulo materiale del 25/02/2014. Si deduceva, in particolare, che il giudice
dell’esecuzione, senza esplicitarne le ragioni argomentative, aveva erroneamente
applicato al Dainotti l’indulto nella misura triennale sopra richiamata i mht 0

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Queste ragioni processuali imponevano l’annullamento dell’ordinanza

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.
Deve, in proposito, rilevarsi che il beneficio penitenziario della liberazione
anticipata speciale richiamato dal ricorrente era stato concesso dal Tribunale di
sorveglianza di Napoli per i periodi carcerazione riguardanti le frazioni temporali
comprese tra il 14/01/1983 e il 17/07/1985, tra il 09/11/1985 e il 09/04/1986 e
tra il 10/12/1987 e il 15/12/1988, che precedevano la commissione dei reati in
relazione ai quali il Dainotti chiedeva il computo della custodia cautelare
precedentemente sofferta.
Nel caso di specie, dunque, non si verificava alcuna sovrapposizione del
beneficio della liberazione anticipata di cui all’art. 54 Ord. Pen., così come
richiamato dal ricorrente, con il limite previsto dall’art. 657, comma 4, cod. proc.
pen., a tenore del quale, nella rideterminazione della pena da eseguire «sono
computate soltanto la custodia cautelare subita o le pene espiate dopo la
commissione del reato per il quale deve essere determinata la pena da
eseguire».
Ne discende che la posteriorità dei fatti giudicati rispetto alla carcerazione
sofferta dal Dainotti, rispetto ai quali veniva richiesta la fungibilità, imponeva
l’applicazione al caso in esame del divieto di cui all’art. 657, comma 4, cod. proc.
pen., conformemente alla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui: «Il
riconoscimento della continuazione tra più reati in sede esecutiva, con la
conseguente determinazione di una pena complessiva inferiore a quella
risultante dal cumulo materiale, non comporta che la differenza così formatasi
sia automaticamente imputata alla detenzione da eseguire, operando anche in
detta eventualità il disposto dell’art. 657, comma quarto, cod. proc. pen.,
secondo cui a tal fine vanno computate solo custodia cautelare sofferta e pene
espiate “sine titulo” dopo la commissione del reato, e dovendosi
conseguentemente scindere il reato continuato nelle singole violazioni che lo

impugnata.

compongono» (cfr. Cass., Sez. 1, n. 25186 del 17/02/2009, dep. 17/06/2009,
Bernardo, Rv. 243809).
Tali ragioni impongono di ritenere infondata la doglianza difensiva
esaminata.

2. Parimenti congrue devono ritenersi le valutazioni compiute dal giudice
dell’esecuzione sulla concessione dell’indulto, dovendo rilevarsi che costituisce
espressione di orientamento giurisprudenziale consolidato quello secondo cui il

possibile applicare il criterio moderatore di cui all’art. 78 cod. pen. (cfr. Sez. 1,
n. 32017 del 17/05/2013, Giuliano, Rv. 256296).
Ne discende che, nel caso di specie, il giudice dell’esecuzione disattendeva
correttamente l’istanza difensiva tendente a ottenere l’applicazione del condono
sulla pena determinata per effetto del cumulo dopo l’applicazione del criterio
moderatore previsto dall’art. 78 cod. pen., conformemente alla giurisprudenza di
questa Corte, secondo cui: «In tema di indulto, la regola stabilita nell’art. 174,
comma secondo, cod. pen. – secondo la quale, nel concorso di reati, l’indulto si
applica una volta sola, dopo cumulate le pene, secondo le norme concernenti il
concorso di reati – opera solo alla condizione che tutte le pene siano condonabili,
per cui, ove tale situazione non ricorra, bisogna separare le pene condonabili da
quelle non condonabili e, quindi, unificare queste ultime con la parte delle prime
che sia eventualmente residuata dopo l’applicazione del beneficio indulgenziale
e, infine, se del caso, operare la riduzione prevista dall’art. 78 cod. pen.» (cfr.
Sez. 1, n. 8552 del 23/01/2013, Piccolo, Rv. 254929).
Queste ragioni impongono di ritenere infondata la doglianza difensiva in
esame.

3. Per queste ragioni, il ricorso proposto da Giuseppe Dainotti deve essere
rigettato, con la sua condanna al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 25 novembre 2015.

condono si applica al cumulo materiale delle pene e solo successivamente è

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